Armi, jihad, migranti: la Libia è un inferno (e qualsiasi accordo è inutile)

In un report del Consiglio di Sicurezza Onu si spiega che la Libia è un caos ingovernabile. Ecco perché qualsiasi accordo con loro, a cominciare dalla questione migranti, è destinato al fallimento

La diatriba accordi sì/accordi no con la Libia per rallentare gli sbarchi assume un sapore surreale se ci si prende la briga di leggere da cima a fondo il rapporto reso pubblico nel luglio scorso dal Consiglio di Sicurezza Onu sulla Libia. Perché a scorrere tutte le 299 pagine sullo stato di illegalità nella Libia fatta a pezzi, c’è da mettersi le mani nei capelli. E viene voglia di strepitare: “Ma siamo proprio sicuri di voler fare accordi con questo Paese?”.

Andiamo con ordine. Il primo giugno del 2017, un gruppo di esperti sulla Libia ha inviato al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite un report molto esaustivo sulla Libia. Si tratta di un monitoraggio iniziato nel 2016 e concluso nell’aprile del 2017 che ha focalizzato in maniera molto dettagliata l’instabilità politica, il conflitto militare e i traffici di ogni genere: migranti, armi, benzina, derivati del petrolio e ingenti flussi di denari. Si tratta di un report realizzato per dimostrare lo stato dell’arte dell’illegalità che si riversa sui paesi confinanti e crea un infinito mercato nero. Il gruppo di esperti guidato da Steven Spittaels descrive tutti i passaggi dei migranti venduti da una tribù all’altra dal Niger fino alle coste della Libia (insieme alla droga e alle armi) e ha redatto un report che è una sorta di libro nero sulla Libia. Oltre alle milizie, il traffico di armi, uomini e droga ci sono istituzioni duplicate spaccate fra i due governi. Amministratori delegati deposti e poi rimessi al loro posto da bande armate.
Casi di appropriazione indebita, tesoretti che svaniscono, monete doppie, doppi consigli di amministrazione, nel mezzo del caos della guerra di tutti contro tutti.

Casi di appropriazione indebita, tesoretti che svaniscono, monete doppie, doppi consigli di amministrazione, nel mezzo del caos della guerra di tutti contro tutti

E il comune denominatore dell’influenza del salafismo jihadista su entrambi i fronti, sia nel territorio governato dal generale Khalifa Haftar e sia in quello del governo di accordo nazionale guidato da Fayez al- Serraj. E nel caos una popolazione locale, gente comune che viene sequestrata mentre esce a far la spesa. Un quadro cupo e complesso che induce a chiedersi se le Nazioni Unite ci sono o ci fanno. Perché se come qualcuno sostiene l’Onu è solo un carrozzone elefantiaco, non si può certo affermare che non sia informato su ciò che accade in Libia. Qualche esempio? Le operazioni militari condotte dall’esercito nazionale (Libyan National Army) del generale Khalifa Haftar, dalle brigate di Bengasi e le bande armate di Misurata hanno esposto la popolazione locale a un vertiginoso aumento di violenze. L’indagine documenta sia abusi contro i residenti libici a Tripoli e a Bengazi sia contro prigionieri di guerra e ovviamente i migranti. Inoltre gli investigatori hanno potuto dimostrare anche l’aumento della violazione sull’embargo delle armi. E attraverso fonti locali e immagini satellitari si può vedere come le milizie abbiano moltiplicato la loro forza aerea, capacità di spostare materiale bellico ed espansione di basi militari.

Giustamente concentrati sulle barbarie commesse contro i migranti, abbiamo ignorato il resto. Qualche esempio? A Tripoli l’interferenza di gruppi armati presso istituzioni economiche come la Libyan Investment Authority e la Libyan Post, Telecommunication and Information Technology Company è allarmante. “Rispetto al settore del petrolio, si registrano tentativi di esportare illegalmente petrolio grezzo dovuti anche ai conflitti interni alla Compagnia petrolifera divisa fra quella orientale e quella occidentale” si legge nel report. “La chiave politica dello sviluppo nella parte orientale della Libia è stata la nomina da parte della Camera dei Rappresentanti di un Governatore militare nella Regione della Darnah -Bin Jawwad , che ha portato alla sostituzione di sindaci con il personale militare.

Fra le decisioni prese dal Governatore, Abd al-Razzak al-Nadhuri, che è anche il Capo di Stato Maggiore della LNA, c’è stata una significativa restrizione alle libertà pubbliche. Il Libyan national army di Haftar ha imprigionato o intimidito decine di attivisti per mettere a tacere l’opposizione politica. Il 16 febbraio 2017, ad esempio Abd al-Razzak al-Nadhuri ha vietato alle donne di età inferiore ai 60 di viaggiare senza essere accompagnate. L’aumento dell’influenza dell’islam salafita e il controllo militare del LNA hanno rafforzato il controllo sulla società. Le sue operazioni militari dipendono fortemente dalle forniture di armi dall’estero, controllate dalla cerchia del generale Haftar. “L’inaudita escalation di violenza nel sud della Libia a partire da aprile 2017, con attacchi aerei, è un’altra indicazione di continue lotte di potere”, affermano gli autori del report. “Il fatto che gli elementi all’interno delle Brigate di Difesa di Benghazi e la Brigata di Shield Sud abbiano rapporti con Ansar al Sharia Benghazi e Al-Qaida dovrebbe portare ad un’ulteriore destabilizzazione nella Libia meridionale”, si legge nel report.

In alcuni casi, i gruppi armati sono inclusi nel personale o nella gestione delle istituzioni. Infine, vengono fatti frequenti tentativi di vendere beni delle istituzioni e delle società libiche per ottenere la liquidità

Inoltre le interferenze straniere in Libia sono aumentate attraverso il crescente coinvolgimento dei mercenari del Ciad e del Sudan. Sul traffico degli esseri umani, ci si limita spesso a raccontare l’odissea dei migranti, ma dal report emerge un quadro persino più fosco perché Il traffico di migranti è integrato con altre attività di contrabbando di armi, droghe e oro. Usati come “muli” per trasportare armi a organizzazioni criminali. E alla comunità Tebu che fornisce collegamenti tra ISIL in Libia e Boko Haram.

Dal report emerge anche che le principali istituzioni finanziarie della Libia sono più divise che mai. “Il controllo sulle loro infrastrutture, risorse e personale è ulteriormente frammentato e ha aumentato il rischio di appropriazione indebita. Il Consiglio di Presidenza si è diviso per l’organizzazione e la nomina in istituzioni chiave”. In alcuni casi, i gruppi armati sono inclusi nel personale o nella gestione delle istituzioni. Infine, vengono fatti frequenti tentativi di vendere beni delle istituzioni e delle società libiche per ottenere la liquidità. Perciò se sentite ancora dire che il problema in Libia è trovare l’interlocutore adatto, tappatevi le orecchie.

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