Ecco una scena che avrete sicuramente visto in qualche gag tv o sul web: una persona cerca di impartire un comando vocale al telefono, a un computer o a un navigatore satellitare e puntualmente non viene compreso correttamente, con risultati comici. Oppure, è capitato proprio a voi di dialogare col telefono parlando piano e scandendo bene le parole, come quando ci si trova di fronte a un bambino o a qualcuno che non capisce la nostra lingua.
Nel compiere questi gesti, può capitare di sentirsi un po’ ridicoli, provare imbarazzo. Eppure proprio questo rappresenta il più grande passaggio da superare per progredire nel nostro rapporto con la tecnologia.
Il machine learning si è a tal punto evoluto che scene come quelle riportate sopra appartengono sempre più al passato. Se infatti chiediamo al nostro smartphone di ricordarci un appuntamento o proviamo a dettare un messaggio su Whatsapp, con buona probabilità lo farà con un margine di errore minimo.
Il vero problema adesso siamo noi.
Sì: perché la tecnologia, per quanto buona, non ha valore senza un essere umano che ne comprenda, apprezzi e soprattutto sfrutti le potenzialità. Non è un processo semplice da assimilare e talvolta richiede tempo. Molte delle cose che oggi utilizziamo abitualmente a un certo punto della loro esistenza hanno dovuto fare i conti con la naturale diffidenza e lo scetticismo verso tutto ciò che nuovo, che richiede cambiamento.