“Era post-Merkel”, “Merkeldammerung” (“Tramonto di Merkel”, tdr.), la fine della Germania come la conosciamo. Molti analisti e corrispondenti esteri hanno commentato così il fallimento delle negoziazioni “giamaicane”. Gli stessi esperti hanno conseguentemente previsto “l’inizio della fine” della Cancelliera. Su toni più “moderati”, la redazione oltreoceano del New York Times ha scritto che «Merkel fatica a tenere insieme il Paese». Ma è veramente così?
Fatti mandare dalla Mutti …
Su Politico, Josef Joffe ci ricorda che, mentre l’Italia conta 65 Governi dalla Seconda guerra mondiale, la Germania, in 7 decenni, ha visto alternarsi 8 Cancellieri. Viene da chiedersi se sia corretto, dunque, giudicare la crisi istituzionale tedesca e i suoi sviluppi attraverso le lenti degli altri Paesi e sistemi politici. Probabilmente la risposta è “no”.
La Germania rimane, nonostante tutto, un Paese “radicalmente stabile” da un punto di vista politico e che vuole bene a “Mutti Merkel” (“Mamma Merkel”, tdr.). Un sondaggio della seconda emittente televisiva pubblica, Zdf, ha mostrato che soltanto il 34% accusa Merkel di aver fatto fallire “giamaica”: è la percentuale più bassa tra i leader dei partiti coinvolti nelle negoziazioni. E tutto questo nonostante il coro internazionale, che vorrebbe Merkel indebolita dai fatti degli scorsi giorni.
E’ insomma probabile che questa nuova fase di incertezza rafforzi la voglia del cittadino medio per la “stabilità” politica. Del resto, lo chiedono anche le grandi associazioni di categoria (a dire il vero, soprattutto gli industriali). Il 48 percento degli elettori vorrebbe un ritorno alla Grande coalizione (GroKo) con la Spd: un’alleanza di governo non certo sinonimo di “cambiamento”.
… a votare
Sebbene Hans Werner Sinn – uno punto di riferimento del dibattito intellettuale tedesco e l’economista ordoliberale più noto del Paese – abbia sostenuto che un governo di minoranza non sarebbe poi così negativo, soltanto il 30 percento dei tedeschi appoggerebbe uno scenario simile. Sembra quindi impossibile evitare una nuova tornata elettorale. Come voterebbero i tedeschi?
Der Spiegel ha messo l’accento sul fatto che Verdi e Fdp, per il momento, sembrerebbero guadagnare qualche voto. Ma la maggior parte dei sondaggi indicano che le variazioni percentuali nelle intenzioni di voto, sono talmente piccole da non essere statisticamente significative. In altri termini, la Cdu rimarrebbe il primo partito e i rapporti di forza non cambierebbero in modo sostanziale.
Tornando sul punto iniziale allora: se Merkel era stata festeggiata come “vincitrice” (probabilmente a torto) dopo la tornata di settembre, non si capisce perché, a risultati potenzialmente invariati, il Cancelliere uscente dovrebbe essere considerato garante di minore stabilità.
Inoltre, se da un lato è vero che i partiti “giamaicani” hanno fatto una “figuraccia”, è pur vero che esiste un altro risvolto delle negoziazioni, soprattutto in termini di ricadute sulla prossima campagna elettorale. Come è noto, Cdu e Csu hanno trovato un accordo sistematico sulla questione dei migranti. Ciò permetterebbe, teoricamente, di condurre una campagna elettorale scevra di divergenze sostanziali.
Allo stesso tempo, va ricordato che la Csu avrà meno margine “retorico” per arginare la destra radicale dell’Alternativa per la Germania (Afd) che, però, potrebbe subire la svolta “populista” e “arrogante” della Fdp.
Verso una nuova GroKo?
Martin Schulz ha ribadito che la Spd non tornerà al Governo con la Cdu e che il suo partito vede di buon occhio nuove elezioni. Ma è interessante notare la ragione per cui l’ex Presidente del Parlamento europeo ha negato la GroKo.
Durante il suo intervento al margine del fallimento delle negoziazioni, Schulz ha ricordato che Spd e Cdu hanno ottenuto il peggior risultato dal Dopoguerra a questa parte. “Conseguentemente”, i cittadini avrebbero bocciato l’alleanza rosso-nera.
A rigor di logica, ne consegue che una crescita nelle preferenze elettorali per la Spd e per la Cdu sbloccherebbero – forse paradossalmente – il tabù della grande coalizione. Pura teoria si dirà, visto che i sondaggi indicano l’immobilità delle preferenze.
Ma è proprio a questo punto che torna in gioco la “leadership di Merkel”, o meglio “la non leadership di Schulz”. Se la prima è vista come “leader naturale” nella Cdu, non vale lo stesso per Schulz che, anzi, salutato come un “messia” un anno fa, ha dissipato rapidamente suo capitale politico nel partito.
Nel caso in cui la Spd non dovesse riuscire a migliorare il proprio risultato elettorale (a fronte del fallimento giamaicano), è del tutto probabile che Schulz verrebbe screditato internamente (uno scenario improbabile per Merkel). A quel punto è ipotizzabile che la parte più moderata e più legata alla precedente legislatura abbia il sopravvento. Risultato? GroKo.
L’unica vera alternativa a una GroKo, scartata l’opzione giamaicana, sarebbe un’alleanza a sinistra rosso-rosso-verde con il coinvolgimento della Die Linke. Un anno fa se ne parlò in seguito alle elezioni comunali di Berlino. Ma l’ipotesi naufragò non appena i sondaggi indicarono che non si sarebbe raggiunta una maggioranza assoluta. R2G avrebbe però bisogno di un grande chiarimento programmatico a sinistra, tra la Die Linke (in competizione, a tratti, con l’Afd) e la formazione socialdemocratica.