È passata poco più di una settimana dal sorteggio che ha consegnato EMA alla città di Amsterdam: il momento è giusto per una riflessione più pacata ma anche più robusta, capace di entrare nel merito.
Abbiamo perso lottando fino all’ultimo, con un dossier all’altezza della situazione che, non a caso, ci ha tenuto in testa in tutte e tre le votazioni.
E abbiamo perso solo al sorteggio nonostante l’opposizione esplicita del paese più ricco e potente d’Europa, cioè la Germania, che ci ha osteggiato in tutti i modi.
Quindi non possiamo dire che abbiamo giocato male, che non ci siamo impegnati o che siamo scarsi.
Però non possiamo nemmeno dire che va tutto bene, perché sarebbe intellettualmente disonesto.
I punti dolenti sono tre e tutti aprono scenari che debbono essere esplorati con attenzione.
Non possiamo dire che abbiamo giocato male, che non ci siamo impegnati o che siamo scarsi. Però non possiamo nemmeno dire che va tutto bene, perché sarebbe intellettualmente disonesto.
In primo luogo c’è l’incredibile dinamica di svolgimento del sorteggio, la cui scena può essere ricostruita così: senza preavviso al termine della terza votazione (quella del 13 pari tra Milano e Amsterdam, con la Slovacchia che si astiene) la presidenza di turno estrae l’urna e “pesca” la città olandese, nella confusione assoluta della grande sala all’ottavo piano del nuovo palazzo del Consiglio d’Europa. Tutti i presenti infatti (compresi gli italiani) si stanno alzando, nella convinzione di una pausa di mezz’ora, esattamente come appena accaduto dopo la prima e dopo la seconda votazione. Nessuno immagina una conclusione tanto frettolosa, tanto è vero che molti vengono a conoscenza della vittoria di Amsterdam da Twitter, poiché la notizia viene subito rilanciata dai profili ufficiali UE. Cerco di essere ancora più preciso: in pochi secondi, finita la votazione a ballottaggio, si proclama il 13 pari, si estrae l’urna del sorteggio, si sceglie Amsterdam e lo si scrive sui social, al punto che molte delegazioni apprendono le due notizie (il 13 pari e la successiva vittoria olandese) con ordine inverso. Insomma un gran pasticcio, quantomeno sotto il profilo della forma e della trasparenza, un pasticcio che merita di essere approfondito in ogni suo aspetto.
Nessuno immagina una conclusione tanto frettolosa, tanto è vero che molti vengono a conoscenza della vittoria di Amsterdam da Twitter, poiché la notizia viene subito rilanciata dai profili ufficiali UE.
Poi c’è l’ingaggio italiano per giungere all’assegnazione. Per carità, si è lavorato con grande impegno, ma anche negli ambienti diplomatici qualche riflessione è in corso. Già, perché non tutti i paesi hanno ricevuto la stessa attenzione, non tutti sono stati oggetto di uno sforzo di analoga portata. Abbiamo conquistato voti che non parevano raggiungibili, ma abbiamo anche lasciato per strada consensi che non avremmo dovuto perdere. C’è stato un gran lavoro sull’Estonia, tanto per fare un esempio positivo, mentre invece si è lottato con meno vigore sulla Spagna. Nel gran palazzone della Farnesina ci si sta ragionando su, anche se sarà difficile averne visibilità: la proverbiale riservatezza in pubblico delle feluche non sarà scalfita (ma in privato qualche parola in più può scappare).
È il trionfo della burocrazia indifferente a tutto e a tutti, contro la capacità della politica di “chiudere” davvero le situazioni.
Infine c’è il tema del sorteggio in quanto tale. È di tutta evidenza che si tratta di una regola inammissibile quando sono in ballo decisioni importanti, per giunta prese a livello governativo. È il trionfo della burocrazia indifferente a tutto e a tutti, contro la capacità della politica di “chiudere” davvero le situazioni. È, purtroppo, la perfetta rappresentazione dello stato delle cose, in particolare a Bruxelles. Sarebbe ora di metterci mano a questa penosa regola del sorteggio. Nel calcio ci sono i rigori, nel tennis il tie-break. Si gioca fin a quando qualcuno prevale, altro che lancio della monetina. Per EMA si sarebbe dovuto votare a oltranza, fino alla vittoria di una delle due città al ballottaggio, oppure far prevalere la più votata in precedenza in caso di pareggio. Ma il sorteggio proprio no, meno che meno “quel” sorteggio: quello che è andato in scena lunedì scorso poco prima delle sei del pomeriggio.