Eppur si muove, potremmo dire. L’economia italiana per la prima volta in molti anni è riuscita a superare le previsioni di crescita. Certo, siamo sempre ultimi in Europa, e questo rimane il nostro peccato originale che del resto ci portiamo appresso da 20 anni, e che ci ha accompagnato anche nei periodi di crescita economica. Ma oggi rispetto all’ultimo periodo in cui il PIL cresceva, nei primi anni 2000 fino alla crisi del 2008-09, le cose sembrano essere cambiate. Perlomeno qualitativamente. Vi sono alcuni piccoli segnali positivi che vanno rimarcati.
Volendo osservare quali sono i settori che stanno crescendo maggiormente, più della media, a livello di valore aggiunto, nell’anno tra il 2016 e il 2017, vediamo che vi sono oltre i servizi anche l’industria manifatturiera, una novità rispetto al periodo 2000-2008, quando a trainare furono senz’altro i servizi di informazione e comunicazione (ci fu il boom di internet e della telefonia mobile), ma anche le costruzioni, il settore immobiliare, quello finanziario, che oggi crescono invece meno della media.
Oggi oltre al commercio, ai servizi e all’industria abbiamo anche sanità e istruzione. Si tratta di dati positivi, finalmente tra i settori che stanno emergendo vi sono proprio quelli in cui è possibile si realizzi una maggiore produttività, che crei occupazione di qualità, in prospettiva.
La tendenza si rafforza se consideriamo tutto il periodo di ripresa economica, che parte dal 2014.
Compaiono anche le attività professionali, scientifiche e tecniche tra quelle con una crescita maggiore della media, un ambito ad alto impiego di capitale umano con elevata istruzione.
Ma la vera novità è l’industria, che vede il proprio valore aggiunto accrescersi di due punti in più di quanto faccia quello totale.
Rispetto agli anni 2000-2008 la sensazione è che la crescita non dipenda più allo stesso modo da piccole e grandi bolle, come quelle del mattone e del credito, per quanto minori di quelle che hanno colpito altri Paesi europei, ma abbia basi potenzialmente più solide.
Tra le maggiori vittime della crisi economica c’erano stati gli investimenti fissi, era stato il loro crollo a contribuire fortemente a trascinare il PIL in basso.
Oggi c’è una ripresa, ma soprattutto vi è in settori molto diversi da quelli degli anni 2000. Allora si investiva soprattutto in abitazioni e costruzioni, completamente abbandonati negli anni della crisi e in lentissima ripresa, oggi in mezzi di trasporto, che vivono un boom, impianti e macchinari.
I dati allargati ai primi tre anni di ripresa dopo il 2014 confermano il quadro.
Se gli investimenti anticipano le direzioni di sviluppo dei settori, possiamo forse essere timidamente ottimisti, perchè per la prima volta in quasi 20 anni l’attenzione delle imprese e del mercato è sull’economia reale e sulla manifattura più che su altri settori.
Naturalmente non basta. Ci sono degli elementi di preoccupazione che rimangono. Basta guardare in profondità. Per esempio all’interno del settore manifatturiero se tra 2000 e 2008 era stata la fabbricazione di prodotti elettronici, ottici, elettrici, normalmente con un buon contenuto tecnologico, a crescere maggiormente, oggi questa arranca, e prevale la fornitura di energia, gas, acqua. E chiaramente dipendiamo ancora molto dalle attività di FIAT FCA, con la fabbricazione di mezzi di trasporto che nell’ultimo anno è cresciuta decisamente più della media.
E facciamo sempre i conti con una produttività insoddisfacente, con il costo del lavoro per unità di prodotto che è cresciuta anche più dei costi variabili.
Tuttavia proprio nell’industria questo è accaduto di meno.
E allora forse ci fa bene pensare che una piccola svolta è in corso, che sapendo di non poterci più appoggiare su scorciatoie come spesa pubblica, credito facile, bolla del mattone, torniamo a investire e a produrre.
E probabilmente le famiglie possono dare una mano. Infatti con la ripresa i loro consumi sono cresciuti soprattutto nel campo dei beni durevoli e delle automobili, più in quello dei beni fisici che dei servizi.
A differenza di quanto era accaduto sia durante la crisi che durante la fase di crescita degli anni 2000 non sono più in testa solo comunicazione, divertimento, alberghi e ristoranti.
Se si tratta solo di illusioni lo scopriremo presto. Può darsi che non possa bastare a farci perdere la maglia nera della crescita in Europa, ma di questi tempi gli elementi positivi che possono sollevare finalmente un’economia asfittica vanno sottolineati.