Con Renzi, Berlusconi o da soli. La lotta per la sopravvivenza degli alfaniani

In queste ore si decide il futuro di Alternativa Popolare. Alcuni dirigenti spingono per confermare l’alleanza nel centrosinistra, su tutti la ministra Lorenzin. Altri, come Lupi, vorrebbero correre da soli. Tornare nel centrodestra è difficile, anche se c'è chi ci prova. Ma il tempo stringe

Il destino di Alternativa Popolare si decide in queste ore. Mentre le elezioni si avvicinano pericolosamente, i dirigenti della formazione alfaniana si sfidano per affermare la propria linea politica. Uno scontro persino sproporzionato rispetto ai sondaggi che continuano ad accreditare il movimento poco sotto il 3 per cento. Tra gli ex berlusconiani la preoccupazione è condivisa da tutti: qual è la soluzione per garantire la sopravvivenza del partito? C’è chi spinge per confermare l’alleanza con il centrosinistra, prospettiva sostenuta dalla ministra Beatrice Lorenzin. Chi, come l’ex governatore lombardo Roberto Formigoni, sogna di tornare nei ranghi del centrodestra. Altri sono lanciati su una terza via: la corsa solitaria, né di qua né di là. Progetto, quest’ultimo, perseguito dal coordinatore nazionale Maurizio Lupi. Il tempo stringe. E la soluzione non arriva: la decisiva riunione della direzione nazionale di Alternativa Popolare continua a essere rinviata, per scongiurare drammatici strappi.

Si parte da un paradosso. Al contrario dei consensi di cui è accreditato il partito, il gruppo dirigente di Alternativa Popolare è particolarmente numeroso. Un ricco elenco di personaggi in cerca d’autore, accomunati dalla stessa certezza: nella prossima legislatura non ci sarà posto per tutti. Più di qualcuno, tra i deputati e i senatori attualmente in carica, dovrà farsi da parte e tornare a casa. Ecco perché dietro alle più sofisticate analisi politiche si nascondono considerazioni ben più pragmatiche. Come conservare una ridotta in Parlamento? Gli occhi sono puntati soprattutto sul leader di Alternativa Popolare: Angelino Alfano. Uno dei pochi esponenti di governo ad aver superato indenne le varie stagioni politiche dell’ultimo decennio. Ministro della Giustizia di Berlusconi nel 2008, vicepremier e ministro dell’Interno con Letta. Confermato al Viminale da Renzi – sotto la bandiera del Nuovo Centrodestra – e spostato agli Esteri con Gentiloni. Ora, sia nel centrodestra che nel centrosinistra c’è chi ha posto un veto sulla sua presenza in future alleanze. Tanto il leghista Salvini che il progressista Pisapia ne hanno preso pubblicamente le distanze. Il risultato? Alfano sembra disposto a un passo indietro, indebolito anche dal magro risultato alle regionali siciliane, in casa sua, ma determinato a tentare comunque una nuova stagione in Parlamento.

C’è chi spinge per confermare l’alleanza con il centrosinistra, come la ministra Beatrice Lorenzin. Chi, come l’ex governatore lombardo Roberto Formigoni, sogna di tornare nei ranghi del centrodestra. Altri sono lanciati su una terza via: la corsa solitaria, né di qua né di là. Progetto perseguito dal coordinatore nazionale Maurizio Lupi. Il tempo, però, stringe

Era considerata tra i fedelissimi di Berlusconi anche Beatrice Lorenzin, da molti indicata come nuova leader della formazione centrista. Con Alfano la ministra della Salute condivide la lunga stagione al governo: anche lei ha superato indenne le ultime fasi politiche, conservando la poltrona dall’inizio della legislatura. Senza farne mistero, la Lorenzin è uno dei principali sostenitori della svolta renziana. La ministra spinge per un approdo definitivo nel centrosinistra: considerando velleitario il tentativo di ricomposizione con il mondo berlusconiano e troppo pericolosa l’ipotesi di una corsa solitaria. Nello scenario prospettato dalla Lorenzin – condiviso anche da Fabrizio Cicchitto, altro ex berlusconiano di ferro, già capogruppo del Pdl alla Camera – alle elezioni Ap si presenterebbe in una lista unica con i centristi per l’Europa di Pier Ferdinando Casini. Soggetto moderato nell’alleanza di centrosinistra, insieme al Pd, alla lista europeista dei radicali e ai progressisti di Pisapia.

Ipotesi e scenari si intrecciano. Fra chi vuole tornare con il centrodestra c’è Roberto Formigoni. Per lungo tempo riferimento politico di Comunione e Liberazione, Formigoni è stato per diciotto anni presidente della Regione Lombardia. Dirigente della Dc, del Cdu, di Forza Italia, del Pdl e, poi, di Ncd e Ap, l’ex governatore è senatore dal 2013 ed è stato di recente condannato in primo grado a sei anni per corruzione. Abile nelle trattative politiche e in passato spesso molto autonomo da Berlusconi, oggi Formigoni ritiene «improponibile» un’alleanza col Pd, immaginando invece di federare quegli ambienti che fanno riferimento al Partito Popolare Europeo ma rimasti fuori da Forza Italia. Un rassemblement da portare magari in dote ad Arcore. L’idea politica è semplice: vista l’aria che tira nei sondaggi, rimanere a sinistra rischia di sancire la fine di ogni ambizione. Senza dimenticare che un’alleanza con la coalizione renziana sarebbe difficilmente compresa al Nord, dove Ncd-Ap è da sempre nell’alveo del centrodestra. E, soprattutto, dove in primavera si terranno le Regionali lombarde. Sulla stessa linea di Formigoni, non a caso, ci sono l’ex sindaco di Milano Gabriele Albertini, senatore anche lui, e il presidente del Consiglio regionale della Lombardia, Raffaele Cattaneo. Da questo punto di vista una scialuppa di salvataggio l’ha offerta domenica Stefano Parisi, che lanciando la lista di Energie per l’Italia si è proposto come riferimento di quest’area politica di ciellini ed ex berlusconiani.

Si parte da un paradosso. Al contrario dei consensi di cui è accreditato il partito, il gruppo dirigente di Alternativa Popolare è particolarmente numeroso. Un ricco elenco di personaggi in cerca d’autore, accomunati dalla stessa certezza: nella prossima legislatura non ci sarà posto per tutti

Date le premesse, però, un pieno ritorno nel centrodestra sembra precluso. Almeno per chi nel 2013 ha preferito abbandonare il Cavaliere continuando a sostenere il governo Letta. È anche per questo che, dentro Ap, neppure il fronte del Nord rema compatto nella stessa direzione. A metà strada tra la linea Lorenzin e Formigoni si è inserito Maurizio Lupi. Altro storico riferimento politico di Cl, berlusconiano di ferro negli anni da vicepresidente della Camera, poi ministro delle Infrastrutture con Letta e Renzi, fino alle dimissioni per il famoso scandalo del rolex. Lupi è il coordinatore di Alternativa Popolare che in queste settimane ha incontrato una lunga serie di interlocutori per chiarire le scelte future. Su mandato del partito, insieme al vicecoordinatore Antonio Gentile, si è confrontato con i dirigenti del Pd e i leader dei numerosi partitini centristi. Al netto delle trattative, il pensiero dell’ex ministro è noto: Lupi spinge perché alle prossime elezioni Ap corra da sola, per differenziarsi dai personalismi di Renzi e dall’asse Berlusconi-Salvini. In questo modo, ragiona, si potrebbero guadagnare più voti da fare pesare dopo il voto, soprattutto in caso di non improbabile impasse. Rimanere in mezzo al guado, però, rischia di costare caro. È questo lo scenario più temuto: se alle urne non si dovesse raggiungere il 3 per cento, non ci sarebbe più alternativa.

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