Cosa cerca la Cina nell’Est Europa? Rotte per le sue merci (e fare un dispetto alla Russia)

Cosa vogliono dire gli accordi della Repubblica Popolare con Ungheria e Repubblica Ceca? Che la Cina ha bisogno di porti lungo la nuova via della Seta. E che corre ai ripari temendo una futuribile alleanza tra Unione Europea e Russia

ATTILA KISBENEDEK / AFP

Si è parlato molto sulla stampa internazionale dell’iniziativa cinese “one belt, one road”, che dovrebbe portare a maggiori scambi tra la Cina e il resto del mondo. Una recente visita dal Primo Ministro cinese a Budapest ha suscitato reazioni nervose da parte delle capitali europee occidentali, anche perché i cinesi hanno parlato direttamente con Paesi Ue del Centro Europa e con Paesi dell’Est Europa che non fanno parte dell’Ue. Sarebbero i contatti diretti con i membri Ue che hanno reso nervosi i diplomatici europei, soprattutto perché i cinesi sembra non siano passati da Bruxelles che per rassicurare che non avrebbero il fine di spezzare l’Unione, primo partner commerciale di Pechino e cruciale per l’ottenimento dello status di economia di mercato che la Cina cerca da tempo e che farebbe cadere molti dazi doganali che al momento penalizzano la merce cinese.

In particolare, la Cina vuole una rotta per le sue merci. Al momento sembra ce ne siano due, più complementari che alternative: una che, dal porto del Pireo, vicino ad Atene, passi dalla Serbia all’Ungheria e poi in Europa occidentale via rotaia; l’altra che, trasportate le merci fino a Trieste via mare, le passi, sempre via rotaia, ancora via Budapest.

Il governo di Pechino e le imprese cinesi sono pronti ad investire soldi per creare queste vie commerciali, finanziando l’ammodernamento di porti, ferrovie ed aeroporti: si parla di un ricco piatto di 15 miliardi di euro.

Anche Praga ha annunciato miliardi di investimenti in arrivo. Avevamo d’altronde già fatto notare i buoni rapporti tra il presidente Zeman e la Cina in un precedente articolo su questa testata. Si ricordi che nel 2018 la Repubblica Ceca vota per eleggere il Presidente e Zeman, pur anziano e con salute non brillante, è sulla via di una nuova candidatura. L’aeroporto di Budapest, città che come abbiamo visto sarebbe al centro delle linee di scambio che dovrebbero passare dai porti di Trieste e del Pireo, intanto sta costruendo uno scalo merci potenziato per partecipare alla linea di fornitura.

Insomma dal Centro Europa sta passando, in molti sensi, un treno che non fa scalo tutti i giorni: esiste per un’area ancora indietro rispetto a gran parte dei propri vicini occidentali l’occasione di diventare un centro logistico di connessione tra Europa orientale ed occidentale e tra Europa e Cina. Particolarmente evocativo è il caso di Trieste, che negli ultimi decenni dell’Impero Austro-ungarico era una ricchissima città portuale che ha poi perso smalto con la dissoluzione del vecchio Stato asburgico. Tra l’altro qui si sviluppò un’industria di servizi avanzati, particolarmente in campo assicurativo, proprio per servire i gradi volumi di scambi. Non è un caso che il primo gruppo assicurativo italiano (e tra i primi in Europa) abbia sede proprio a Trieste.

Dal punto di vista geopolitico, invece, queste iniziative danno alla Cina l’opzione di far contare molto meno la Russia, che non farebbe parte della via degli scambi. Non è escluso che i comandi militari cinesi temano anche, in prospettiva, un’alleanza militare e tecnologica tra Ue e Russia che potrebbe rappresentare per loro una minaccia diretta

La Cina potrebbe avere due ordini di motivi per portare avanti l’iniziativa, gli uni commerciali e gli altri geopolitici. I motivi commerciali vanno oltre la semplice voglia di esportare merci per sostenere la crescita cinese, e comprendono soprattutto l’ottenimento dello status di economia di mercato per il quale, come visto sopra, l’Europa è una chiave di volta. Sotto questo punto di vista i cinesi stanno giocando una partita non priva di rischi: se da una parte il sostegno dei Paesi del V4 (Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria e Polonia) ha un peso a Bruxelles, è anche vero che il fastidio dei Governi occidentali rischia di ritorcersi contro Pechino.

Dal punto di vista geopolitico, invece, queste iniziative danno alla Cina l’opzione di far contare molto meno la Russia, che non farebbe parte della via degli scambi. Non è escluso che i comandi militari cinesi temano anche, in prospettiva, un’alleanza militare e tecnologica tra Ue e Russia che potrebbe rappresentare per loro una minaccia diretta. Per quanto improbabile un passo del genere appaia oggi, infatti, i cinesi sono noti per pensare in tempi molto lunghi.

A questo proposito tutti i membri centroeuropei dell’Ue hanno sottoscritto subito il patto militare di cooperazione europea (PESCO), ben consapevoli che se biasimare Bruxelles fa prendere voti, è il caso di rifugiarsi sotto un ombrello di difesa europeo per disincentivare eventuali nostalgie imperiali russe.

L’Europa ha sempre più bisogno di una politica estera unitaria, proprio per evitare che chi ha soldi e potenza divida l’Unione prima che questa sia davvero completata, almeno dove serve, ovvero difesa e politica estera. L’alternativa è diventare terra di conquista economica e poi, potenzialmente, politica. Chiedere ai nostri partner dell’Europa Centrale dove abbiano intenzione di stare e ricordare loro che la comodità di essere difesi deve implicare anche doveri di coerenza in politica estera forse sarebbe un primo passo da fare: di tempo ne abbiamo perso abbastanza, e nel frattempo il mondo non è restato a guardare.

X