La Spagna è ingovernabile? Era già tutto previsto in un romanzo del 2014

In “Barcellona non esiste” di David Castillo viene dipinta una Catalogna sfasciata dagli estremismi e ingovernabile. Il romanzo è ambientato nel 2040, ma quel futuro pare oggi

Era già tutto previsto. Quanto meno, lui aveva già previsto tutto. Anno di grazia 2014. David Castillo (nella fotografia di Ferran Sendra), già eroe della controcultura castigliana, poeta – esordisce nel 1993 con La muntanya russa – efficace giornalista (ha diretto il supplemento culturale del quotidiano catalano El Punt Avui), romanziere e saggista (nel 1992 firma una biografia di Bob Dylan che riscuote un certo successo) pluridecorato – Castillo ha ottenuto, unico scrittore spagnolo, i massimi riconoscimenti che la Catalogna concede al giornalismo, alla poesia, alla narrativa – ‘agitatore culturale’ (dal 1997 è tra i fondatori e direttori della Semana de Poesía di Barcellona), pubblica il libro più corrosivo. Lo stampa Editorial Empúries, che è l’editore, per capirci, che laggiù pubblica il ciclo di Harry Potter. Ma qui, più che i ‘maghetti’ ci sono i mostri, più che la realtà parallela c’è il prossimo futuro, forse il domani, forse il dopodomani, tratteggiato con pittura negra. Il libro s’intitola Barcelona no existeix, fa discutere e fortunatamente viene tradotto in Italia, dove Castillo è noto più che altro come poeta (l’editore Mobydick di Faenza ha pubblicato come Un presente abbandonato una vasta antologia di “poesie in catalano”). Il libro lo edita, nel 2016, il piccolo, tenace editore CartaCanta di Forlì: Castillo, che adora l’Italia, fa un tour di presentazioni, tocca diverse istituzioni italiane, fiocca qualche recensione, insomma, le solite cose. Solo che ora, ora che quel futuro trasfigurato nel 2040 pare oggi, il romanzo fa un altro effetto, la sua elettricità tenebrosa sa di profezia. Nel romanzo di Castillo, Barcellona è questa, “Le lotte interne per conquistare un potere politico fragile e volubile hanno diviso la mappa della città in zone controllate da diverse fazioni: un piccolo gruppo filogovernativo resiste nella Ciutat Vella, mentre le Milícies de la Joventut controllano la periferia e il sottomondo che si è installato nella rete della metropolitana”. La Catalogna è sfasciata dagli estremismi, la bella Barcellona è un gorgo ingovernabile. Pressappoco quello che accadrà dopo il voto del 21 dicembre? Abbiamo contattato Castillo, consapevoli che il romanzo, spesso, divora la realtà, la anticipa, la realizza, fa lo sgambetto alla Storia e ci porta al cospetto della speranza e dell’incubo.

Intanto. Può raccontarci come si vive, oggi, a Barcellona, la città in cui ha ambientato il suo romanzo tradotto in Italia? Che clima si respira? Cosa accade in Catalogna, cosa accadrà dopo le prossime elezioni?

“Intanto. Discordia, questo è il clima. La popolazione è divisa in due blocchi, entrambi molto testardi; sia il governo centrale che quello autonomo hanno forzato la corda, così siamo finiti con arresti, repressioni e abusi da parte della polizia, cose che si sarebbero potute evitare se non ci si fosse concentrati troppo sugli estremismi di entrambe le parti, preferendo un dialogo serio, senza rompere la conciliazione delle diverse realtà. Purtroppo le elezioni non chiariscono nulla perché la matematica non produrrà una maggioranza sufficiente: se vincono le forze attuali, continuerà a essere applicato l’articolo restrittivo 155 della costituzione; se vincono gli ‘spagnoli’, gli altri si radicalizzeranno ancora di più e un possibile blocco della sinistra provocherà instabilità perché i partiti sono molto diversi tra loro. In Italia siete abituati a governi instabili: per quello che vedo, la Catalogna, e forse la Spagna, diventerà ingovernabile. Hanno fatto dilagare il conflitto in grandi settori e l’hanno perfino internazionalizzato, spostandolo in Belgio. Senza un minimo di buon senso è difficile sopravvivere al caos, una situazione su cui riflettevo proprio nel mio romanzo tradotto in Italia, Barcellona non esiste. Probabilmente questo è il problema spagnolo in assoluto, quasi metafisico, quello della non esistenza”.

Poi. Lei è poeta e romanziere. Come riesce a conciliare queste due anime? Quali sono i suoi modelli letterari, se ce ne sono?

“Per me è la stessa cosa: romanzo e giornalismo danno il lavoro quotidiano. La poesia è piacere e ispirazione. La mia vita ideale sarebbe stare su una spiaggia mediterranea con il mio quaderno oppure viaggiare e scoprire i piccoli borghi italiani, un piacere che il mio sfortunato amico Giovanni Nadiani mi ha illustrato per quasi trent’anni. Mi manca molto”.

La letteratura spagnola contemporanea: quali sono gli autori più importanti, quelli che meritano di essere letti o scoperti in Italia?

“Oggi quello che si vede nelle grandi catene di librerie sono best seller che vendono poco, un paradosso ridicolo: quei libri dalla copertina rigida che riempiono i tavoli delle librerie o che si innalzano in torri come se fossero prodotti da supermercato. La letteratura catalana e quella castigliana, come la maggior parte della letteratura del continente, si divide in questi due settori: best seller e ‘indie’, termine mutuato dal rock per definire i piccoli editori e gli scrittori più ambiziosi”.

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