Il sito. È qui che l’aziendalese si esprime al meglio! Il sito è importante, ma pare che in azienda siano in pochi ad esserne consapevoli, management in primis. Perché è importante? Perché la prima impressione conta, conta eccome. Spesso gli altri fanno la nostra conoscenza proprio accedendo al nostro sito. Leggono quello facciamo e il più delle volte iniziano dalla home. E lì, come iniziano, finiscono.
Le pagine che soffrono di più sono la home, il chi siamo con aggiunta di valori e mission: il trionfo dell’autoreferenzialità, dei tecnicismi ignobili, del barocchismo più esasperato, della ripetizione di concetti vuoti. Siamo tutti leader, abbiamo successo da sempre, per non parlare di come sappiamo capire i bisogni dei clienti e sposare innovazione e tradizione! Abbiamo anche a cuore le persone e mettiamo al centro i clienti e, come va di moda oggi, anche i collaboratori. E così i nostri lettori, sempre più assopiti e meno interessati, si domandano che cosa facciamo veramente, chi ci sia al di là di quel gelido e inerme schermo, e soprattutto si chiedono perché dovrebbero anche solo avere voglia di scoprire di più.
Il sito è un biglietto da visita. Non è tutto, ma è molto. Come le cucine di un ristorante: se ci capitasse di buttarci l’occhio e scoprirle sporche, disordinate e maleodoranti, per quanto bella e raffinata possa essere la sala, ci sarebbe qualcosa di dissintono che ci infastidirebbe e influenzerebbe il nostro giudizio e persino la percezione della qualità del cibo. Spesso ci si concentra di più sugli aspetti architettonici del sito, a discapito della parte più importante: come raggiungerci e contattarci. Non ci sono ricette magiche, ci sono alcuni consigli che possono migliorare la leggibilità e prolungare la permanenza dei lettori. A nessuno piacerebbe che un ospite se ne andasse dopo poco infastidito dalla nostra accoglienza, no?
Siamo tutti leader, abbiamo successo da sempre, per non parlare di come sappiamo capire i bisogni dei clienti e sposare innovazione e tradizione! Abbiamo anche a cuore le persone e mettiamo al centro i clienti e, come va di moda oggi, anche i collaboratori
- Come diceva Donald Murray “La brevità viene dalla selezione e non dalla compressione”.
- L’occhio di terzi: fate leggere il sito ad un bambino di 10 anni. Se capisce tutto o quasi siete a cavallo.
- Via i tecnicismi di settore se superflui. Se non fossero sostituibili, spiegateli.
- Non fatevi ossessionare dalle parole ripetute. Roma è Roma, non fatela diventare la Città della Lupa, la Capitale d’Italia e La città capitolina.
- Lo so che siamo tutti eccellenti, eccezionali, efficaci, leader, di successo, innovatori, implementiamo e altro ancora. Ma proviamo a scrivere con parole semplici, che non vuol dire banali.
- Individuate una struttura: se parlate delle origini degli anni ’60, poi saltate a oggi, e poi tornate a raccontare di 10 anni fa risulterete faticosi. È una narrazione cronologia: seguitene la logica.
- Al di là dello schermo c’è qualcuno: chi è il mio lettore? Che conoscenze ha? Dove leggerà? Quando lo farà? Che cosa vogliamo ottenere? Che sentimenti e aspettative nutre?
- Non parlate dell’azienda come se fosse un soggetto terzo: l’azienda non fa, noi facciamo.
- Non fate l’errore di voler piacere a tutti.
Come sempre, non regole ma strumenti.