Tiziano Ferro, ascolta un’amica: il tuo disco fa schifo (ed è ora che ti prenda una vacanza)

Perché Ferro si ostina a sperimentare rap e rithm’n blues? Non sarebbe ora che si rendesse conto che il suo mestiere è la ballatona strappalacrime invece di inquinare acusticamente il mondo con dischi brutti, e duetti che ammazzano chiunque canti in coppia con lui?

Ogni giorno fa una lista delle ragioni per cui è grato alla vita, ogni Natale canta in pigiama nella sua cameretta di Latina brani scelti dai fan e condivide il video della performance casalinga sui social, non va al cinema a vedere film tristi “perché ha paura di piangere”, non evade il fisco, in tv ha sempre il sorriso giusto, la battuta pronta, resta uno dei pochissimi cantautori italiani ad aver fatto coming out, è una spremuta di talento, buoni sentimenti e successo. Insomma, non si può proprio parlare male di Tiziano Ferro. Però è arrivato il momento di farlo.

Non che sia accaduto niente di grave, probabilmente non ve ne sarete nemmeno accorti dato che nessuno si è preso la briga di sottolinearlo apertamente ma l’ultimo disco di Tiziano Ferro, Il Mestiere della Vita, è per dirla alla Fantozzi, la Corazzata Potemkin della sua discografia: una cagata pazzesca.

Prima di rinfacciarci i cinque dischi di platino ottenuti da questo sesto album del cantautore di Latina, provate ad ascoltarlo. Bene. Dall’inizio alla fine. Se ci riuscite, siete i nostri nuovi eroi. Su 13 tracce, se ne salvano due: Potremmo Ritornare e Il Conforto (duetto con Carmen Consoli). Poi ha venduto molto, certo, sì, ormai Tiziano Ferro ha raggiunto quello status quo per cui potrebbe pure rifilarci un disco di cover de La Vecchia Fattoria (versione urban/acoustic/live/featuring) ed arrivare primo in classifica in un battito di ciglia con l’encomio della stampa internazionale.

Nessuno si è preso la briga di sottolinearlo apertamente ma l’ultimo disco di Tiziano Ferro, Il Mestiere della Vita, è per dirla alla Fantozzi, la Corazzata Potemkin della sua discografia: una cagata pazzesca. Il Mestiere della Vita Urban Vs Acoustic, questo il titolo del capolavoro che vi consigliamo di far trovare sotto l’albero ai vostri peggiori nemici

Capita di sbagliare un album. Non è certo peccato mortale e a uno come Tiziano Ferro lo possiamo perdonare. Riproporlo però sotto Natale in versione remixata (e comunque brutta) sfiora la perversione oltre che l’inquinamento acustico. Il Mestiere della Vita Urban Vs Acoustic, questo il titolo del capolavoro che vi consigliamo di far trovare sotto l’albero ai vostri peggiori nemici, porta alle estreme conseguenze la più grande passione di Tiziano Ferro (che sciaguratamente coincide con il suo difetto principale): l’amore per l’r’n’b e l’hip hop. Due generi che lo odiano, da sempre.

Fin dagli esordi questa cotta non corrisposta ha segnato la carriera del nostro, nato e cresciuto come primo ed unico esemplare di sottomarca italiana riuscita a ritagliarsi un posto nell’Olimpo della musica: nel 2001 uscì Xdono, brano che indiscutibilmente strizzava l’occhio a quelle atmosfere lì, ma con una certa misura. Le radio lo chiamavano “il re del mugolio” e lui, Tiziano, veniva venduto come cosplayer vocale di Craig David che, ai tempi, tanto andava di moda. Ferro aveva l’abitudine di iniziare i concerti intonando “Seven Days” o “What’s Your Flava?”. Noi c’eravamo, ce lo ricordiamo bene. Peccato che già in Rosso Relativo, il suo album d’esordio sotto la guida di Mara Maionchi, emerse in modo chiaro che l’r’n’b e Latina c’entrassero poco e niente. A testimoniarlo arrivarono singoli come l’Olimpiade (se lo ricorda qualcuno?) e Le cose che non dici in cui si cimenta in un incisivo “qua qua” (davvero, fa parte del testo della canzone). Il tutto al netto di una titletrack, Rosso Relativo, in cui nonostante l’imbarazzante casualità delle parole messe in fila e dedicate ad una certa Paola, Tiziano se l’è cavata un attimo meglio con questa cosa del Rhythm and blues. Che però non gli appartiene.

E poi, detto francamente, cosa ce ne facciamo di un Tiziano Ferro felice e scanzonato? Il ragazzo è grande e forte, prima o poi se ne farà una ragione: funziona quando tira fuori i singoloni strappalacrime o tenta di convincerci che l’amore sia una cosa semplice. Non quando prova a farci muovere il culo. Noi abbiamo bisogno di piangere, lui in questo è un maestro, uno che farebbe sorgere piccoli problemi di cuore pure a Vladimir Putin. Però non è Beyoncè. Lo denunciano a gran voce esperimenti come Raffaella è mia (che rimane un buon teaser per il coming out che sarebbe arrivato da lì a breve e nulla più) o, nell’ultimo disco, Lento/Veloce che si è fatto surclassare perfino da Riccione (sì, il tormentone estivo che ci siamo meritati, signori) nelle playlist da spiaggia come nelle classifiche di vendita. Ouch.

E poi, detto francamente, cosa ce ne facciamo di un Tiziano Ferro felice e scanzonato? Il ragazzo è grande e forte, prima o poi se ne farà una ragione: funziona quando tira fuori i singoloni strappalacrime

C’è un’altra cosa che Tiziano Ferro si ostina a fare, ciecamente (oltre ai video sempre uguali diretti da Gaetano Morbioli): i duetti e la filantropia musicale in senso lato. L’ultimo esempio in ordine di tempo è il featuring con Fabri Fibra nel brano Stavo Pensando a Te. Presentato in pompa a magna da Fabio Fazio a Che Tempo Che Fa, dal vivo è stata un’esperienza raggelante: i due se ne stavano a 3 metri di distanza l’uno dall’altro (Fibra in passato ha avuto uscite omofobe poco eleganti ma quando la discografica chiama, si passa sopra ogni cosa) e Tiziano entra nel pezzo subito dopo il verso: “quante ragazze, frate, Colpo Grosso”. Davvero? Sì.

Un brano che somiglia molto a una scazzottata tra tutto ciò che Ferro, dal punto di vista musicale, è e ciò che invece vorrebbe essere. Aver fallito con il lancio dell’aspirante rapper Baby K (ora passata ad un altro genere non meglio precisato ma altrettanto fastidioso) non gli ha insegnato niente. Però ha insegnato a noi a cambiare stazione radio quando, nel 2013 il loro featuring, Killer, passava in alta rotazione ovunque tipo undicesima piaga d’Egitto, la più letale. Lo stesso sciagurato anno vanta anche il tentativo riuscito a metà di scrivere un disco per Alessandra Amoroso, Amore Puro. Dopo l’uscita dell’album, non si è parlato d’altro che di Emma Marrone. Dubitiamo che questo fosse l’obiettivo strategico sotteso alla collaborazione. Nonostante qualche esperimento andato a buon fine (Non ti scordar mai di me scritta per Giusy Ferreri, ad esempio) la saga delle collaborazioni fallimentari di Tiziano Ferro dura almeno da una decina d’anni. Sogni Risplendono, il duetto con i Linea 77 è del 2008 e ha ottenuto un effetto straordinario: se oggi cercate Linea 77 su Google il primo risultato utile è un autobus per Torino Porta Susa.

Altra straordinaria caratteristica del Nostro: la capacità di affossare chiunque faccia un duetto con lui. il duetto con i Linea 77 è del 2008 e ha ottenuto un effetto straordinario: se oggi cercate Linea 77 su Google il primo risultato utile è un autobus per Torino Porta Susa

Negli ultimi tempi, poi, Ferro è ovunque: oltre che da Fazio (due volte nell’arco di una settimana) spunta a X Factor (dove il pubblico della finale non ricorda le parole dei suoi pezzi lasciandolo cantare pressochè da solo) e con showcase promozionali in radio. Si contano pure video-streaming Facebook sulle pagine di televisioni svizzere. Attendiamo di vederlo presto in collegamento da Marte. Una sovraesposizione mediatica che, oltre a non fargli bene a livello di immagine, sa tanto di coda di paglia quando non di folle e cieca disperazione. Tiziano, noi Il Mestiere della Vita te l’abbiamo già perdonato, davvero. Ora fatti una vacanza, stai lontano da Levante (sì, ha duettato anche con lei ma vi abbiamo già raccontato abbastanza cose brutte, questa ve la risparmiamo) e da chiunque ti solletichi la perversione di un duetto (a meno che non si chiami Carmen Consoli).

Poi torna e canta. Canta triste, da solo, introspettivo, con quelle mezze frasi lì che vogliono dire tutto e niente a cui poi noi ci occuperemo di dare un significato, a tempo debito.

Non sei urban, non sei acoustic, non sei featuring e, di nuovo, non sei Beyoncè.

Sei Tiziano Ferro, devi solo farci piangere bene.

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