Attilio Fontana, l’uomo che risolve i problemi. E che ora deve convincere Berlusconi

Dopo la rinuncia di Roberto Maroni a una ricandidatura in Regione Lombardia, la Lega ha scelto il nome dell'ex sindaco di Varese, la città culla del movimento. Moderato e mai salviniano, Fontana ha sempre risposto Sì nei momenti di difficoltà

E’ l’uomo che arriva a risolvere i problemi, quando la Lega chiama. Attilio Fontana, 65 anni, è il nome che il partito di Matteo Salvini ha deciso di giocare per la presidenza della Regione Lombardia, dopo il ritiro di Roberto Maroni. Fontana è la Lega di governo, quella cresciuta negli anni del consenso più forte alla causa autonomista. E’ il volto pragmatico che cerca una soluzione e sa trattare con alleati e avversari. Ma è anche un osso duro: quando è servito, in tutti gli incarichi in cui è stato chiamato dalla Lega, ha risposto a muso duro a chi ha cercato si era messo di traverso. Fontana è un tassello delle vecchia guardia leghista che non divide il suo partito ma che ha creato anche freddezza fra gli alleati, che lo considerano un profilo troppo basso.

Nel 2006, quando era presidente del Consiglio regionale della Lombardia, al suo secondo mandato, Fontana era impegnato a portare a termine un compito che considerava storico. La riscrittura dello Statuto della Regione. Ci era quasi, aveva messo tutti d’accordo. Ma un suo compagno di partito, Ettore Albertoni, era destinato a concludere quella storia. Perché nel frattempo a Varese, la sua città e soprattutto la città Natale della Lega, il sindaco Aldo Fumagalli, un fedelissimo di Bossi, finì sotto inchiesta per un scandalo ‘rosa’. La roccaforte era in pericolo: lo stesso Bossi insieme a Maroni chiese a Fontana il grande sacrificio. Lasciare la Regione, lasciare Milano per tornare a casa e garantire la riconquista del Comune commissariato. Si trattava di un profilo giusto, per la Lega, ma anche di un volto rassicurante per la città: Fontana è un avvocato molto conosciuto a Varese, uno di quelli che contano a prescindere dall’incarico politico.

Nulla ha impedito però a Fontana di entrare in rotta di collisioni, su alcuni temi trasversali, coi vertici della Lega. Non solo il sindaco non è mai entrato nel Cerchio Magico bossiano, ma quando il governo di Berlusconi-Tremonti ha iniziato la pratica dei tagli lineari ai Comuni, lo ha contestato. Anche nei panni di presidente lombardo dell’Anci, in cui è stato apprezzato non solo dai colleghi di centrodestra

Moderato ma con un background di destra, molto vicino all’associazione Terra Insubre, Fontana è rimasto dunque per dieci anni un sindaco pragmatico. E lontano dal folklore dei sindaci-sceriffo. Se si voleva cercare una città leghista senza ordinanze shock e senza strisce pedonali verdi bastava andare a Varese, dove tutto era cominciato. Dove esiste ancora la primissima sede aperta da Bossi negli anni Ottanta, prima del trasferimento a Milano di tutto il potere del partito. Una Lega che lì è stata quasi democristiana. Questo non ha impedito però a Fontana di entrare in rotta di collisioni, su alcuni temi trasversali, coi vertici della Lega. Non solo il sindaco non è mai entrato nel Cerchio Magico bossiano, ma quando il governo di Berlusconi-Tremonti ha iniziato la pratica dei tagli lineari ai Comuni, lo ha contestato. Anche nei panni di presidente lombardo dell’Anci, in cui è stato apprezzato non solo dai colleghi di centrodestra. Memorabile, in questo frangente, uno scontro con l’allora ministro Roberto Calderoli, secondo il quale Fontana avrebbe dovuto farsi i fatti suoi.

Dieci anni dopo il ritorno a Varese, Fontana ha lasciato la città senza eredi. La Lega nel 2016 ha perso dopo ventitré anni la guida del Comune, passata al Pd Davide Galimberti. Fontana si è eclissato. Maroniano per amicizia e consuetudine, non è mai stato particolarmente salviniano. Anzi, con il giovane e arrembante segretario della Lega i rapporti non sarebbero stati buoni sin dall’inizio. Troppo distanti, i due, per temperamento, anagrafe e approccio alla politica. Ma un anno e mezzo dopo è stato Salvini a doversi avvalere delle doti di Fontana come uomo che arriva a risolvere i problemi. Ora ne ha davanti uno molto difficile: convincere Silvio Berlusconi di essere la persona giusta a guidare il centrodestra in Lombardia, non Mariastella Gelmini. E ottenere la fiducia degli alleati rimasti spiazzati dalla “scelta personale” di Maroni. Una scelta che, fra ambizioni romane più o meno nascoste, rischia di cambiare il volto del centrodestra nazionale. E di mettere in imbarazzo la Lega, che non vuole rinunciare alla guida della Lombardia.

Twitter: @ilbrontolo

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