Martedì mattina, Il The New York Times ha pubblicato un editoriale intitolato “L’Europa ascolta ansiosa mentre i tedeschi parlano”.
Il riferimento è alle discussioni informali che si stanno svolgendo tra l’Unione cristiano-democratica (CDU-CSU) della Cancelliera, Angela Merkel, e il Partito socialdemocratico tedesco (SPD) guidato da Martin Schulz.
Mercoledì, i due partiti entreranno nel quarto giorno (su un totale di cinque) delle cosiddette discussioni “esplorative”, volte a determinare se esistono i presupposti per avviare le negoziazioni ufficiali.
Dopo il fallimento delle negoziazioni fra il partito dei Verdi, del Partito liberale (FDP) e della CDU-CSU (la potenziale alleanza “Giamaicana”), lo scenario di un proseguimento della Grande coalizione (la stessa che ha governato durante gli ultimi 8 anni) è l’unico che possa evitare nuove elezioni.
Per questo motivo, le parti in causa si erano date l’obiettivo della massima riservatezza a proposito degli scambi in corso. Peccato che si trattasse “di una parola di politico” ed ecco, infatti, che le prime indiscrezioni riguardo a un eventuale patto “GroKo” (abbreviazione di Grande Coalizione, in tedesco) si aggirano per il web.
Gli snodi delle negoziazioni
Gli snodi principali sembrano essere quelli della politica europea e fiscale nazionale. Come specificato da Cancellato su Linkiesta, la differenza tra SPD e CDU-CSU corre lungo il percorso di riforme abbozzato dal Presidente francese dopo le elezioni del 2017.
I social-democratici sarebbero pronti a saltare sul “carro Macron”, mentre il centrodestra è prudente. Soprattutto la CSU, il partito alleato di Angela Merkel in Baviera, valuta ogni mossa con estrema cautela. I bavaresi sono estremamente sensibili alla concorrenza del partito di estrema destra dell’Alternativa per la Germania (AFD) che si definisce “euroscettico” senza troppi problemi.
All’interno del vaso di pandora delle “politiche europee”, uno dei temi più delicati è quello legato allo sviluppo del Meccanismo europeo di stabilità (MES). I seguaci di Wolfgang Schaeuble – che nel frattempo è diventato Presidente della Camera dei deputati – vorrebbero trasformare il MES in una sorta di FMI europeo con poteri forti in materia di correzioni di bilanci nazionali. Per intenderci, si tratterebbe di un rafforzamento della “logica della responsabilità” al di fuori del circuito della Commissione europea, per altro valutata “troppo morbida” dalla parte intransigente della CDU.
La prospettiva “Schaeubliana”, condivisa anche da L’Aia e Vienna, non si concilia troppo con quella francese e della Commissione europea che vorrebbero una sorta di integrazione tra MES e Commissione europea. Questa ultima rimarrebbe quindi il punto di riferimento principale. La SPD, in tutto ciò è sicuramente più vicina ai vicini francesi.
Per quanto riguarda la politica fiscale nazionale invece, i social-democratici vorrebbero far partire da livelli di reddito più alti l’aliquota massima di tassazione sul reddito. In cambio aumenterebbe proprio l’aliquota delle fasce alte. Per il momento, la CSU sembra fare resistenza.
Ci sono però anche dei di punti di accordo. Ci sarebbe un’intesa per venire meno agli impegni presi in materia ambientale dal precedente Governo. In altri termini, salterebbero gli obiettivi di riduzione dei livelli di emissione stabiliti per il 2020. Sarebbe un colpo duro per una parte dell’elettorato della SPD probabilmente. Meno per quello della CDU. Come mai la SPD sarebbe disposta a incassare sulle politiche ambientali? In cambio, da marzo 2018, potrebbero essere riavviate le procedure di ricongiunzione famigliare per i rifugiati accolti nel Paese.
Cosa è successo nel frattempo ai Verdi e ai Liberali?
Sebbene, gran parte della stampa europea aveva dato per spacciata Merkel in seguito al fallimento del progetto “Giamaica”, sembrerebbe che, per il momento, siano soprattutto i Verdi e i Liberali a soffrire la situazione di stallo (ne avevamo già scritto su Linkiesta precedentemente).
Il leader della FDP, Christian Lindner, è scomparso dai riflettori, mentre i Verdi hanno addirittura avviato un percorso di rinnovamento interno. Il leader Cem Ozdemir ha ammesso di non godere più di una maggioranza solida per guidare la formazione che, quindi, sembrerebbe avviata a spostarsi verso sinistra.
Altri elementi di contesto
La GroKo si farà quindi? In linea generale, verrebbe da dire che molto – se non tutto – dipenda dalla volontà della SPD. Ma determinare la direzione della formazione socialdemocratica è estremamente difficile perché gli incentivi personali di leadership, da un lato, e di partito, dall’altro, potrebbero viaggiare in direzioni opposte.
Per esempio, la SPD non sembrerebbe guadagnare alcunché dalla GroKo nel medio periodo. Un nuovo sondaggio ha mostrato che il Partito è ai minimi storici, addirittura sotto al 20 per cento. E l’ala “giovanile” del Partito si è detta contraria all’ennesima alleanza con Merkel. Senza contare che il 52 per cento dei tedeschi vorrebbe un cambiamento rispetto alla precedente legislatura.
Allo stesso tempo, Schulz sembrerebbe in caduta libera negli indici di popolarità. Ma è difficile dire a cosa sia legata questo slittamento e, soprattutto, a cosa lo associ lo stesso leader della SPD.
Se Schulz legasse la sua situazione personale alla situazione di stallo, potrebbe essere tentato a spingere per una coalizione all’interno della quale riciclarsi come ministro agli Affari esteri. Se invece fosse convinto che lo slittamento nei sondaggi sia dovuto a una mancata “radicalità” della proposta della SPD, il gioco potrebbe essere quello di condurre le negoziazioni con l’obiettivo di farle crollare all’ultimo e mettere in ginocchio Merkel.
D’altronde è quello che, secondo alcuni, sarebbe stato l’obiettivo del processo “Giamaica”. Peccato che si sia rivelato un boomerang per Verdi e Liberali. E finora Angela Merkel ha sempre affermato di essere pronta a candidarsi nuovamente.