Mentre Martin Schulz ha il difficile compito di far accettare ai membri della SPD l’inizio delle negoziazioni di Governo ufficiali con la CDU-CSU di Angela Merkel e Horst Seehofer sulla base dell’accordo di massima raggiunto settimana scorsa, la società civile tedesca lancia segnali importanti in merito alle prospettive di una nuova GroKo.
Negli ultimi giorni, il mondo dei sindacati, dell’impresa e dell’accademia si è espressa in merito alle 26 pagine di intesa (potenziale) formulate dai tre partiti che hanno governato la Repubblica federale anche nel corso degli ultimi 4 anni.
In particolare, la rivista Handelsblatt si sta distinguendo per ospitare contributi sul tema, a firma delle personalità più rilevanti (una rassegna delle reazioni all’accordo da parte dei principali media tedeschi è stata invece pubblicata dalla Suedeutsche Zeitung).
Partiamo dai pollici alzati.
Alcune delle principali sigle sindacali – DGB, Verdi – e il VDK – Sozialband, una rete-associazione federale che si occupa della difesa dei diritti sociali, hanno esplicitato il loro sostegno ad una nuova GroKo.
Reiner Hoffmann, il Segretario generale della DGB, il più grande sindacato del Paese, ha affermato che le politiche sociali derivanti dall’accordo sono migliori di qualsiasi risultato ottenibile dalla precedente potenziale coalizione “Giamaicana” (il nome affibbiato all’intesa potenziale di governo formata da CDU-CSU, dai Verdi e dal Partito liberale, fallita nel mese di novembre 2017).
Hoffmann ha menzionato tra i risultati delle negoziazioni di settimana scorsa l’aumento della pensione minima e il ritorno a un sistema di previdenza basato su uno schema di finanziamento paritario.
Frank Bsirske, il Segretario di Verdi, ha detto che su alcuni temi si potrebbe ancora migliorare, ma che il risultato deve essere valutato positivamente.
Le critiche
Commenti negativi sono arrivati soprattutto dal mondo del business.
Carl Martin Welcker, Presidente della VDMA (la più grande organizzazione tedesca rappresentativa dell’industria dei macchinari), sostiene che l’accordo di governo non preveda incentivi economici sufficienti a favorire investimenti futuri nel Paese. Welcker ha parlato di un accordo che si focalizza su misure di tutela sociale senza pensare a come creare benessere per le prossime generazioni.
Il rappresentante della VDMA ha inoltre sottolineato che, per quanto riguarda il settore di riferimento, il boom tedesco degli ultimi anni è avvenuto “nonostante” e non “per merito” della politica tedesca. Nel dettaglio, sarebbero stati il tasso di cambio favorevole, la diminuzione dei costi dell’energia (petrolio e acciaio) ad aver favorito la Repubblica federale.
Su toni leggermente meno critici, Ingo Kramer, il Presidente dell’Associazione nazionale dei datori di lavoro (BDI) che ha affermato che l’obiettivo primario resta la “definizione in tempi rapidi di un Governo effettivo”. Ma Kramer si è detto scettico riguardo alla capacità dei tre partiti – SPD, CDU e CSU – di mantenere la promessa di una calmierazione dei costi del lavoro – se ne parla nell’accordo di coalizione.
Secondo il Presidente del BDI, si parlerebbe troppo di “redistribuzione”, mentre le domande legate ai grandi cambiamenti negli ambiti della demografia, della globalizzazione e della digitalizzazione, non trovano risposte adeguate.
C’è poi anche il lato più istituzionale dell’economia.
Cristoph Schmidt, il rappresentante del Comitato dei saggi sull’economia – un organo consultivo che fornisce consulenza al Governo federale sui trend di medio-lungo periodo dell’economia nazionale – ha parlato di un accordo poco trasparente dal quale si deduce essenzialmente che aumenterà il carattere progressivo del sistema tributario e fiscale.
Anche il Ministero dell’economia – ed è bene ricordare che questo è attualmente ancora a guida SPD – avrebbe avuto da ridire sull’intesa GroKo.
E l’accademia?
In un articolo di Handelsblatt, sono state raccolte altre voci significative dell’accademia.
Il Presidente del DIW di Berlino, Marcel Fratzscher – ex-consigliere del precedente ministro dell’Economia, Sigmar Gabriel -, ha detto che “manca una visione capace di plasmare il futuro dell Paese”. Allo stesso tempo, Fratzscher ha sottolineato i passi avanti sul fronte europeo. In sostanza, si tratterebbe di una condivisione del piano Macron.
Il Direttore dell’IFO di Monaco di Baviera – un istituto notoriamente su posizioni conservative –, Clemens Fuest, ha però specificato che mancano elementi concreti su come il Meccanismo europeo di stabilità (MES) possa inserirsi nel diritto comunitario. Inoltre, non ci sarebbero indicazioni chiare in merito a “Unione bancaria e ristrutturazione del debito”.
Tra gli argomenti caldi delle negoziazioni c’è da segnalare anche l’annullamento progressivo del cosiddetto “Soli”, ovvero il “sistema di redistribuzione” che prevede il finanziamento diffuso delle regioni più “povere” attraverso il gettito fiscale proveniente dai lander più “virtuosi”. Anche su questo fronte, ci sono critiche che arrivano dalla branchia della “scienza triste”, sebbene da sinistra.
Sebastian Dullien, professore presso l’Istituto tecnico – economico di Berlino (HTW) ha affermato che l’abolizione del “Soli” danneggerebbe la già limitata capacità dello Stato tedesco di mantenere il proprio stock di capitale – Dullien ha anche specificato che, oggigiorno, il “Soli” non serve più a compensare i lander meno produttivi.
In tutto ciò, i cittadini tedeschi cosa pensano?
Il 71, 68 e 56 per cento di elettori rispettivamente di CDU, CSU e SPD valutano con favore l’accordo raggiunto e il proseguimento delle negoziazioni ufficiali. Lo dicono i dati di un sondaggio Forsa citato recentemente da Die Welt.
Considerando l’insieme dei aventi diritto di voto però, solo il 45 per cento vorrebbe una nuova GroKo. Solo il 16 per cento di elettori crede che una nuova alleanza CDU-CSU-SPD possa fare meglio della scorsa. Altrettanti pensano che il risultato effettivo potrebbe addirittura essere peggiore.
Il 43 per cento vorrebbe vedere Merkel in sella per altri 4 anni. Il 50 per cento soltanto per i prossimi due.
Non che a Schulz vada meglio: il 67 per cento non vorrebbe neanche che facesse parte del prossimo Gabinetto. Fra gli elettori della SPD, soltanto il 30 per cento crede che l’ex Presidente del Parlamento europeo sia adatto a un posto da ministro.