La nuova ondata di sbarchi? È una grande bufala

Numeri alla mano gli sbarchi (e i morti) sono in diminuzione. Il piano Minniti funziona. C’è poco da starne contenti, comunque: è un dato positivo realizzato con un capolavoro di cinismo

Nonostante quello che alcuni politici vanno affermando, e che alcune testate giornalistiche stanno scrivendo, non è vero che gli sbarchi siano in aumento in questo inizio di nuovo anno. Secondo i dati del Viminale al 29 di gennaio erano arrivati in Italia 3.176 migranti, meno dei 4.247 di gennaio 2017 e dei 4.304 del 2016. Un calo insomma leggermente superiore al 25%.

Cala anche il sottoinsieme degli sbarchi di navi provenienti dalla Libia (2.622, -35% rispetto al 2017). Non siamo dunque di fronte a una nuova emergenza migratoria, anzi, sembra proseguire il trend iniziato a metà dell’anno scorso, dopo che l’accordo tra Italia e alcune fazioni libiche ha portato a un crollo verticale delle partenze e degli arrivi di migranti.

Nel 2017 infatti i primi sei mesi sono stati caratterizzati da un aumento significativo degli sbarchi anche rispetto allo stesso periodo del 2016, anno in cui si era toccato il record di 181.436 arrivi. Poi, da luglio in poi, la tendenza si è invertita. Così se ad agosto 2016 erano arrivati più di 20 mila migranti, ad agosto 2017 ne arrivarono meno di 4 mila. Se a ottobre 2016, mese record di quell’anno, erano arrivati più di 27 mila migranti, ad ottobre 2017 si registrarono meno di 6 mila sbarchi.

Ovviamente a fronte di numeri tanto più bassi delle partenze sono corrisposti anche meno morti in mare, come risulta dai grafici dell’Unhcr, l’agenzia Onu che si occupa dei rifugiati e dei migranti. Anche questo inizio 2018 ha fatto registrare meno morti – anche se comunque troppi, quasi 190 – rispetto al gennaio 2017, quando erano stati 225.

Si può quindi affermare che, in base ai dati, la strategia italiana dell’ultimo anno abbia portato a un netto calo degli sbarchi in Italia e, conseguentemente, a una diminuzione dei morti in mare. Dunque va tutto bene? Assolutamente no.

La strategia italiana dell’ultimo anno ha portato a un netto calo degli sbarchi in Italia e, conseguentemente, a una diminuzione dei morti in mare. Dunque va tutto bene? Assolutamente no

Con la sua strategia l’Italia ha semplicemente spostato a monte il problema, cioè all’interno della Libia, dove i migranti vengono assiepati in centri di raccolta che diverse organizzazioni umanitarie hanno paragonato a dei lager. La speranza del governo è che, passata la fase in cui il flusso che origina nel centro dell’Africa va a fermarsi in grande parte in Libia, il fenomeno vada decrescendo. Migranti e organizzazioni criminali dovrebbero infatti diventare, secondo i desiderata dell’Italia, consapevoli che quella via d’accesso è chiusa e dovrebbero quindi desistere, almeno in buona parte, dal tentare di sfruttarla. Al massimo potrebbero sfruttare altre rotte, come – in base ai dati di gennaio 2018, che mostrano una significativa crescita del flusso verso la Spagna – sembra stia succedendo ora (i dati sono ancora troppo pochi per azzardare conclusioni). Ma si tratta di speranze. La realtà per ora è l’orrore.

Quello dell’Italia potrebbe essere descritto come un capolavoro di cinismo. Con l’accordo con la Libia si è infatti resto quello che era un problema solo italiano (e concreto) un problema europeo (e soprattutto di coscienza). I migranti trattati come bestie nei campi della Libia pesano infatti sulle coscienze di tutti gli europei, tanto degli italiani che hanno stretto il patto col diavolo, quanto degli altri Paesi che con la loro indifferenza – quando non ostilità, come nel caso di vari Stati dell’Est e Centro Europa – lo hanno reso necessario, quantomeno politicamente.

Quello dell’Italia potrebbe essere descritto come un capolavoro di cinismo. Con l’accordo con la Libia si è infatti resto quello che era un problema solo italiano (e concreto) un problema europeo (e soprattutto di coscienza). I migranti trattati come bestie nei campi della Libia pesano infatti sulle coscienze di tutti gli europei

All’ondata migratoria infatti le opinioni pubbliche europee hanno risposto con uno spostamento verso le forze xenofobe e populiste – in Italia come in Austria, in Germania come in Polonia, in Francia come in Ungheria – che ha spinto le forze politiche tradizionali al governo ad assecondare pulsioni egoiste e nazionaliste, a prendere posizioni ciniche e decisamente poco umanitarie nei riguardi della questione.

Basti ricordare i titoli allarmistici che giravano in Italia nella prima metà dell’anno scorso, quando si ipotizzava arrivassero nel corso dell’anno “200 mila clandestini” o “250 mila clandestini”, e i toni assunti da diverse forze politiche (non solo di destra). Per tacere di certi rigurgiti inquietanti sui social network. In mezzo all’egoismo di quasi tutti gli Stati europei – che poco o nulla hanno fatto per suddividere il carico di alcune centinaia di migliaia di migranti in un continente di centinaia di milioni di persone – l’Italia ha risposto, siglando il patto con le fazioni libiche, con altrettanto egoismo e disinteresse verso i diritti dei potenziali rifugiati. Ha funzionato. Ora, dopo che i numeri si sono sgonfiati, il tema è scivolato ai margini della campagna elettorale. Si può presumere che non sarebbe andata nello stesso modo se l’ondata migratoria fosse proseguita fino ad oggi secondo il canovaccio della prima metà del 2017.

E allora se i morti in mare, ancora troppi, ci indignano, se ci indignano le condizioni disumane a cui sono sottoposti degli esseri umani in Libia, e se cerchiamo un colpevole da biasimare per questa situazione, come spesso accade è sufficiente guardarci allo specchio. Noi italiani insieme a tutti gli altri europei.

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