Le tasse in Italia? Le pagano i poveri e il ceto medio (e i ricchi la fanno franca)

Confrontando le tasse italiane con quelle degli Stati Uniti e della Germania ci si accorge subito che il sistema italiano è sbilanciato: poveri e classe media pagano molte più tasse del dovuto

Ci piace pensarci come un popolo di pagatori di tasse, di tartassati, più dei nostri vicini. E in effetti è così, dati alla mano. Sono molti i più i Paesi con un peso del fisco inferiore al nostro che quelli con uno superiore.

Vi è però una caratteristica che probabilmente rende questa situazione ancora più percepibile. In Italia più che altrove sono la classe media e in parte anche i meno abbienti a pagare le tasse, che non sono solo appannaggio dei più ricchi.

Intendiamoci, come effetto della progressività delle imposte e del maggiore reddito i ricchi, come è ovvio, pagano più IRPEF dei poveri, va da sè, ma non vi è un divario così enorme come accade in altri Paesi.

Innanzitutto perchè a guardare le dichiarazioni i benestanti appaiono essere veramente pochi.

Sono poco più dell’11% coloro che risultano avere un reddito superiore ai 35 mila euro lordi. Quasi il 25% guadagna meno di 7.500€, la gran parte sta tra i 7.500€ e i 35 mila.

Il risultato è che si riesce a raggiungere la maggioranza assoluta del gettito versato solo prendendo le imposte pagate dai contribuenti tra i 20 mila€ e i 55 mila€, ovvero il ceto medio puro e semplice, impiegati, operai, quadri al massimo, escludendo i dirigenti, i più ricchi.

Volendo guardare il gettito cumulato, partendo da quello generato dai più ricchi, si deve raggiungere lo scaglione tra i 35 mila e i 55 mila euro per ottenere più del 50% del versato. Ovvero basta percepire 36 mila lordi e si è già nella metà più ricca da cui proviene la maggioranza delle tasse.

Tra i pensionati è sufficiente superare i 20 mila euro, solo tra gli autonomi bastano coloro che percepiscono più di 55 mila€ per avere la gran parte del gettito.

Non è così in altri Paesi. Un esempio completamente diverso è costituito dagli USA.

Oltreoceano coloro che dichiarano meno di 50 mila$ sono il 62%, ma pagano solo il 7% delle imposte (share of revenue). La maggioranza assoluta del gettito proviene da coloro che superano i 200 mila dollari, ovvero il 4,3% degli americani. Il punto è che metà di coloro che si ritrovano al di sotto dei 50 mila$ denunciano zero reddito tassabile, grazie alle generose detrazioni che caratterizzano il sistema USA.

Gli USA sono lontani, certo, eppure troviamo un modello più fondato sul reddito dei più ricchi anche in Germania, Paese per molti versi più simile al nostro.

Nel Paese di Angela Merkel vi è un maggiore egualitarismo che in USA, il reddito è distribuito in modo più spalmato, e lo scaglione che paga la maggioranza relativa delle imposte è quello tra i 70 e i 125 mila euro.

I dati sono del 2010, ma non vi sono state significative riforme nel frattempo.

In Italia, ricordiamolo, è quello tra i 20 e i 35 mila.

Così guardando anche qui al gettito cumulato, sono coloro che sono al di sopra di 70 mila euro a pagare la maggioranza assoluta delle tasse, non chi ha più di 35 mila come in Italia.

Anche considerando il divario di reddito tra i due Paesi, la differenza è enorme.

Di fatto in Germania basta l’8,8% più ricco per coprire più di metà delle entrate, negli USA il 4,3% più ricco, mentre in Italia ci vuole l’11,3%.

Ma soprattutto, volendola vedere in altro modo, se in Italia sarebbe sufficiente prendere la classe media, due scaglioni tra le 20 mila e i 55 mila euro, per avere la maggioranza del gettito, in Germania dovremmo rivolgerci ai benestanti tra i 50 mila e i 250 mila euro.

E soprattutto, guardandola dal lato dei meno abbienti, il 45% circa più povero, coloro che dichiarano meno di 15 mila euro, contribuisce in Italia per il 5,1% del reddito. In Germania lo stesso 45%, in questo caso quelli che rimangono sotto i 20 mila euro, versano solo il 2,7% delle tasse globali

L’evasione, certamente, è tra le cause principali del fenomeno per cui risultiamo così poveri davanti al fisco e per cui questi poveri e sono relativamente così importanti per le entrate.

Non solo, tuttavia.

La polverizzazione del panorama aziendale e degli autonomi, con tanti padroncini tutt’altro che ricchi, con imponibili bassi, è un altro fattore.

E se osservassimo altre imposte, e non solo l’IRPEF, osserveremmo fenomeni simili. Quelle sulle imprese, appunto, ma anche sugli immobili. Ai tempi in cui, come periodicamente accade, si parlava di patrimoniale, la CGIL faceva notare come in Italia si sarebbe avuto un gettito tra i 10 e i 18 miliardi, a seconda delle aliquote, tassando i patrimoni al di sopra degli 800 mila€, come in Francia, dove però lo Stato incassava solo circa 4 miliardi.

Proprio perchè nonostante il minor reddito in Italia sono pochi i ricchissimi ma molti coloro che possiedono proprio sul confine degli 800 mila.

Erano sogni, probabilmente quel gettito non si sarebbe mai realizzato, ma la cosa è indicativa per capire come la distribuzione delle entrate non aiuti le proposte di gratuità dei servizi come quelle che di tanto in tanto vengono avanzate.

Da ultima quella riguardante università.

Il punto è chiaro. A differenza che in USA e in parte in Germania, in Italia sarebbe anche il piccolo impiegato, persino il povero, a pagare per un beneficio dato spesso a chi è più ricco.

Tempo fa NoisefromAmerika aveva calcolato che il reddito delle famiglie degli universitari era del 48% maggiore di quello di tutte le altre famiglie. Sopra i 40 mila€.

Di fatto lo studente universitario medio, se dovesse frequentare il proprio ateneo gratuitamente, si vedrebbe quasi metà della retta pagata da contribuenti più poveri di lui.

Una cosa certamente poco digeribile per i più.

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