Paradosso grillino: il sindaco modello non può ricandidarsi. «Così il Movimento rinuncia alle competenze»

Il sindaco di Pomezia Fucci è un esempio di buongoverno grillino. Ma non può ricandidarsi per la regola dei due mandati. «È illogico: per governare ci vuole continuità. Mi hanno offerto un altro incarico, ma non lo voglio». E la Raggi gli revoca l’incarico da vicesindaco della città metropolitana

È stato uno dei primi sindaci grillini d’Italia, considerato da Luigi Di Maio un esempio del buongoverno a Cinque Stelle. Ma oggi Fabio Fucci è fuori dal Movimento. Dopo sei anni al comune di Pomezia – gli ultimi cinque da sindaco – ha chiesto invano di poter correre alla prossime elezioni. Niente da fare. Lo impedisce una rigida interpretazione del regolamento pentastellato. ll vincolo dei due mandati non può essere aggirato: un anno da consigliere d’opposizione gli è stato fatale. Il danno e la beffa. Pochi giorni fa la sindaca di Roma Virginia Raggi gli ha persino ritirato le deleghe da vicesindaco della città metropolitana. E così alle prossime elezioni si presenterà alla guida di una lista civica. «Il Movimento mette in discussione un principio fondamentale – racconta – quando si governa c’è bisogno di continuità». La riflessione è attuale. Mentre migliaia di aspiranti parlamentari si candidano per entrare nelle liste del M5S, il sindaco di Pomezia si interroga sulla formazione della classe dirigente e la valorizzazione delle competenze. Forse il vero vulnus del M5S. «Se si raggiungono buoni risultati non si può ripartire ogni volta da zero». Una situazione paradossale e anche un po’ ipocrita. «Quando ho chiesto di potermi candidare per un altro mandato mi hanno offerto un incarico da capo di gabinetto di un importante ente pubblico. Avrei più che raddoppiato il mio stipendio, ma ho rifiutato. Io non voglio campare di politica».

Sindaco Fucci, alla fine ha deciso di ricandidarsi con una lista civica.
Tutto nasce dalla constatazione che il regolamento del Movimento Cinque Stelle, nella sua rigida interpretazione, non mi consente di proseguire il lavoro iniziato cinque anni fa. Ho provato a presentare le mie ragioni, ma non ho trovato alcuno spiraglio di buonsenso.

Le regole del Movimento sono chiare. Per i cittadini prestati alla politica c’è un limite a due mandati.
Partiamo da una precisazione: io condivido i principi del Movimento. La politica non deve essere una professione. Ma a dieci anni dalla nascita del M5S forse sarebbe anche ora di rivedere certe regole.

Dice così perché il suo primo mandato è durato solo un anno, da consigliere dell’opposizione?
Un ciclo amministrativo nei comuni dura dieci anni? Bene, alla fine del primo mandato da sindaco devono essere i cittadini a valutare il mio operato. È poco lungimirante e poco logico: un sindaco che per anni è stato portato in trionfo proprio dal Movimento Cinque Stelle adesso non può proseguire il suo lavoro.

Mentre migliaia di aspiranti parlamentari si candidano per entrare nelle liste del M5S, il sindaco di Pomezia solleva il tema della formazione di una classe dirigente e la valorizzazione delle competenze. Forse il vero vulnus del M5S. «Se si raggiungono buoni risultati non si può ripartire ogni volta da zero»

Lei è stato espulso dal M5S oppure, come ha detto Di Maio, si è messo fuori da solo?
Io sono stato eletto dai cittadini di Pomezia, con il Movimento Cinque Stelle, sulla base di un programma che intendo portare avanti fino al termine del mio mandato. Non sono fuori. Ma al termine di questi cinque anni non potrò più rivestire incarichi elettivi con il Movimento. È una bella ipocrisia, perché invece potrei rivestire incarichi non elettivi, come quelli che mi sono stati offerti.

Di che si tratta?
Capo di gabinetto di un importante ente pubblico. Un incarico che mi avrebbe garantito più del doppio dello stipendio attuale. Ma ho rifiutato. Ripeto: io non voglio campare di politica.

Intanto anche la sindaca Virginia Raggi l’ha scaricata.
La settimana scorsa è stato revocato il mio incarico di vicesindaco della città metropolitana. È accaduto al termine di una riunione in cui gli altri consiglieri di maggioranza le hanno chiesto di procedere in questo senso. Si era deciso di rimandare ogni decisione a dopo le feste. Ma alla fine c’è stata un’accelerazione improvvisa, non so per quale motivo.

Intanto la prossima primavera lei si ricandida a sindaco di Pomezia. Stavolta alla guida di una lista civica.
Non vedo altre strade. Il Movimento Cinque Stelle ha già presentato il suo nuovo candidato sindaco. Per proseguire il mio lavoro non resta che una lista civica.

Sarà da solo?
No, mi seguiranno diverse persone della mia giunta. Ma questo non è ancora il momento per fare nomi.

La vicenda di Federico Pizzarotti, altro sindaco epurato dal movimento, è simile alla sua. È in contatto con il primo cittadino di Parma?
Di recente non ci siamo sentiti, se devo essere sincero. Eppure ci accomuna una riflessione. Oggi il M5S è diventato molto simile a un partito, il nuovo statuto parla di temi che solo cinque anni fa non avremmo neppure potuto immaginare. Penso al contributo di 300 euro mensili con cui tutti gli eletti dovranno sostenere l’attività del Movimento. Ma anche alle deroghe ai limiti di età per consentire ad alcuni deputati uscenti di ricandidarsi alla Camera. Una serie di norme persino comprensibili, devo dire. Peccato che nel frattempo non si sia valutata l’ipotesi di cambiare anche la regola dei due mandati. Ma così facendo si mette in discussione un principio sacrosanto: quando si governa c’è bisogno di continuità. È una verità che ho sperimentato sulla mia pelle.

Che risultati può rivendicare al termine di questi cinque anni da sindaco?
Pomezia era una città sull’orlo del tracollo finanziario. Oggi ha i conti in ordine e investe 15 milioni l’anno in opere pubbliche. Solo nell’ultimo anno abbiamo ricevuto due importanti riconoscimenti. Il Forum PA ci ha premiato per la gestione del patrimonio pubblico e siamo entrati a far parte dei “comuni virtuosi” per la mobilità sostenibile. Nel frattempo siamo diventati un modello nella regione Lazio: la percentuale della raccolta differenziata ha raggiunto il 65 per cento. In questo modo, per il terzo anno consecutivo, siamo riusciti ad abbassare la tassa sui rifiuti.

Una situazione paradossale e anche un po’ ipocrita. «Quando ho chiesto di potermi candidare per un altro mandato mi hanno offerto un incarico da capo di gabinetto di un importante ente pubblico. Avrei più che raddoppiato il mio stipendio, ma ho rifiutato. Io non voglio campare di politica»

Lei era simbolo del buongoverno a Cinque stelle, oggi diventa quasi un traditore.
È paradossale, sì. E pensare che il Movimento aspirava ad essere portabandiera della meritocrazia… Durante le scorse amministrative ho partecipato alla campagna elettorale con Di Maio. Ero diventato un simbolo: volevamo dimostrare che i risultati migliori si ottengono dove il Movimento Cinque Stelle governa da più tempo. Un principio che evidentemente confligge con la regola dei due mandati.

Proprio in questi giorni centinaia e centinaia di aspiranti parlamentari si candidano per entrare nelle liste del Movimento. Ancora una volta il vincolo dei due mandati apre a una riflessione: in questo modo non si rischia di eleggere persone prive di esperienza gettando al vento le competenze maturate negli anni?
In un certo senso è un percorso autolesionista. È il paradosso che vivo in prima persona: anche quando si trovano buone politiche e si sperimenta un modello che funziona, si presentano nuovi candidati e si chiede ai cittadini di ricominciare tutto daccapo.

Contrappasso: alla fine della prossima legislatura anche Di Maio dovrà ritirarsi dalla politica, al netto di deroghe specifiche.
Io auspico che Di Maio possa rivestire il prestigioso incarico per cui si candida, ho ancora fiducia in lui. Ma pongo un interrogativo. Immaginiamo che diventi premier, riesca a fare una squadra di ministri e a governare bene l’Italia per cinque anni. Magari a risolvere parecchi problemi di questo Paese. A fine mandato che diciamo agli elettori? Avanti il prossimo, si riparte da zero?

Ma l’ha più incontrato Di Maio?
No, dovevamo vederci dopo le regionali siciliane. Ci sono stati continui rinvii, alla fine l’incontro è saltato. Ho visto il deputato Alfonso Bonafede, responsabile dello staff di coordinamento con i comuni. Gli ho chiesto di poter continuare il mio lavoro per il secondo mandato. L’ho già detto, non sono uno che vuole campare di politica. Ma di fronte alle mie ragioni ho trovato una totale chiusura.

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