Gli immigrati ci rubano il lavoro? Falso (e stavolta abbiamo le prove)

Gli stranieri non “rubano il lavoro agli italiani”, anzi, mentre gli occupati italiani tornano ai livelli pre crisi, i disoccupati stranieri sono più del 2008. Intanto la ripresa porta più lavoro ai laureati, specie se donne

Un dato che sorprenderà molti: in questa ripresa che ci ha riportato allo stesso numero di occupati del periodo pre-crisi c’è una parte di Paese che è rimasta indietro, a livelli pre-2008. E si tratta degli immigrati. Se di fatto nell’ultimo trimestre i cui dati sono disponibili, il terzo del 2017, il tasso di occupazione degli italiani era tornato al 58%, quasi come nello stesso periodo del 2008, mentre quello degli stranieri rimaneva inferiore di 7 punti rispetto allo stesso momento di 10 anni fa.

Certo, gli immigrati continuano a lavorare più degli italiani, ma il gap è andato via via riducendosi.

Quando il PIL ha ripreso a crescere, dal 2015, vi è stato uno scatto dell’occupazione degli stranieri maggiore di quella degli autoctoni, un rimbalzo, dopo il crollo degli anni della crisi. Le cose tuttavia non sono cambiate molto, quella differenza tra le percentuali di lavoratori sul totale è rimasta bassa, molto inferiore agli anni precedenti al 2009, quando oscillava tra il 7,5% e il 10,5% circa. Ora i dati più recenti variano tra il 2% e il 4%.

C’è stato un crollo di questo gap in particolare tra gli uomini e tra coloro che hanno un basso titolo di studio.

Gli uomini immigrati a bassa istruzione che lavoravano erano l’81%, sono calati al 66%, mentre nello stesso periodo tra gli uomini italiani con la licenza elementare il tasso di occupazione scendeva dal 46,3% al 40,9%.

Certo, si partiva da valori molto più bassi, ma una diversità di andamento molto marcata si vede anche tra le donne, dove le percentuali sono decisamente minori.

In realtà è cambiato un mondo.

A morire nella crisi economica e a non riprendersi più sono stati pezzi di settori marginali, dell’edilizia per esempio, o dell’artigianato a basso valore aggiunto, che utilizzavano massicciamente manodopera straniera.

La recessione ha colpito più che proporzionalmente gli immigrati, quei segmenti di economia in cui questi lavoravano.

E oggi la ripresa che sta avvenendo, anche quando è basata su attività poco remunerate, è trainata spesso da ambiti, come il turismo e la ristorazione, in cui sono molti anche gli italiani a essere occupati.

Ripresa invece che sta portando più lavoro ai laureati, soprattutto se donne.

Essendo spesso basata su industria a maggiore valore aggiunto o servizi avanzati, chi ha un titolo di studio maggiore ha visto crescere il tasso di occupazione, ma solo se italiano.

La quota di laureati stranieri con un lavoro è invece in calo rispetto al 2008, dal 73,5% al 63,8% tra le donne, dal 79,5% al 69,8% tra gli uomini.

A differenza che in altri Paesi europei l’immigrazione di laureati in Italia non è mai stata forte, e molto probabilmente anche chi tra coloro aveva un titolo di studio così elevato era comunque occupato in mansioni poco specialistiche e remunerative. E la crisi li ha colpiti come ha fatto con chi aveva solo la licenza elementare.

Che la narrazione sugli stranieri che “rubano il lavoro agli italiani” sia roba vecchia è quindi evidente dal fatto che è proprio nei segmenti in cui la concorrenza tra lavoratori italiani e stranieri è sempre stata maggiore che il tasso di occupazione degli immigrati è calato di più.

Ovvero tra chi ha solo la licenza elementare, ma anche tra i più giovani, con crollo di 14 punti dal 2008 per i 15-24enni immigrati, a fronte di uno di 7 per i coetanei italiani.

E tra chi sta nel Mezzogiorno.

Al Sud il tasso di occupazione degli italiani tra 2008 e 2017 è calato solo del 1,6% (partendo da valori molto bassi, certo), quello degli stranieri del 9,2%.

C’è anche un altro fatto, da anni la maggioranza degli immigrati regolari in Italia è costituita da stranieri che giungono per ricongiungimento familiare più che per lavoro.

Sono di più coloro che studiano, che fanno le casalinghe, che sono magari mantenuti da un membro della famiglia.

Così, anche se in valore assoluto magari crescono (ma sempre di meno) immigrati e lavoratori immigrati, sul totale la proporzione di coloro che hanno un’occupazione è minore. Aumentano sicuramente gli inattivi.

Insomma, si stanno italianizzando sempre più, avvicinandosi in tendenze e statistiche agli italiani vicino ai quali vivono. Lo si vede anche nella fertilità delle donne, del resto.

Il prossimo passo tra qualche anno sarà probabilmente vedere immigrati affollare le sedi dell’INPS, chiedendo informazioni per la propria pensione. Ma non basterà per poter dire che l’integrazione è completa.

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