SocialdemocraticiI social network non ci chiudono in bolle (e ora ne abbiamo la prova)

I social network non sono i responsabili della frammentazione dell'opinione pubblica. Uno studio lo dimostra: online il 37% degli italiani si confronta con idee differenti dalle proprie e il 25% con opinioni simili. Le bolle esistono ma riguardano una categoria ben identificabile

Termini come polarizzazione, echo chamber e filter bubble stanno diventando di uso sempre più frequente. Il dibattito pubblico si svolge anche in rete dove queste dinamiche appaiono più accentuate. A causa di una serie di fattori di cui si sta discutendo molto negli ultimi tempi, è facile che le persone si trovino a comunicare con chi ha opinioni analoghe, che si acceda a una lettura parziale e incompleta della realtà e soprattutto che, a seguito delle interazioni online, le proprie idee iniziali diventino ancora più marcate. Dividersi in gruppi contrapposti incapaci di uno scambio costruttivo e maturo è controproducente, interpretare gli eventi che accadono in maniera incompleta e partigiana vanifica infatti le potenzialità offerte dalla rete in termini di informazioni e conoscenza. Molti si stanno domandando quali possano essere le conseguenze di queste tendenze, soprattutto a ridosso di una consultazione elettorale. Ma è davvero giusto puntare il dito contro i social network e considerarli responsabili della frammentazione dell’opinione pubblica? A questo proposito sono preziose le indicazioni offerte da Cristian Vaccari, Reader in Comunicazione Politica presso la Loughborough University, riportate in un articolo dell’Atlante elettorale della Società Italiana di Studi Elettorali pubblicato da La Repubblica lo scorso 8 febbraio.

Vaccari mostra i risultati di una ricerca condotta su 1750 utenti di Internet. Il campione è stato costruito in modo da essere rappresentativo della popolazione maggiorenne e la rilevazione è stata effettuata da Ipsos tra il 6 e il 27 novembre 2015. La percentuale di Italiani che nella vita di tutti i giorni interagisce con chi la pensa allo stesso modo equivale alla fetta di popolazione che si trova a confrontarsi invece con chi ha opinioni diverse. I numeri per la precisione sono rispettivamente 34% e 33%. Cosa accade in rete? Di solito noi immaginiamo utenti comodamente collocati in nicchie virtuali dove si comunica solo con chi condivide lo stesso punto di vista.

Siamo portati a vedere il Web come un insieme di stanze omogenee al loro interno ed eterogenee tra di loro con pochi punti di contatto. Ebbene, le cose non stanno proprio così, visto che online il 37% si trova a leggere idee differenti dalle proprie e il 25% opinioni simili. Da questi numeri deduciamo che la rete non è soltanto il regno delle echo chamber e delle filter bubble ma anzi può addirittura contribuire a conoscere punti di vista differenti dai propri e ad ampliare dunque la conoscenza. Le bolle non esistono e rientrano tra le leggende metropolitane? Naturalmente no, ma secondo lo studio riportato da Vaccari riguardano una categoria ben identificabile di utenti. Dal campione intervistato è emerso infatti che tra chi è interessato alla politica, il 45,7% si trova a interagire con chi condivide le stesse opinioni. La percentuale sale addirittura al 65,2% tra coloro che parlano di questi temi tutti i giorni in rete. Tra i social network inoltre, quello dove è più facile trovare filter bubble ed echo chamber è Twitter dove quasi la metà degli utenti (il 45,6%) che lo usano ogni giorno trova contenuti in linea con le proprie idee. Su Facebook accade solo per il 27,5% degli iscritti.

Tra chi naviga ma non è particolarmente appassionato di politica al contrario solo il 10,1% legge contenuti conformi alle proprie opinioni e il 19% di chi parla ogni tanto di partiti e programmi politici. Gli utenti particolarmente attenti alla cronaca politica e che ne discutono usando i cinguettii dai 280 caratteri sono quindi quelli che con maggiore probabilità non sperimentano un vero confronto in rete. Questi ultimi tendono a rinchiudersi in spazi virtuali frequentati solo da chi condivide le stesse opinioni. Vaccari sottolinea che questa percentuale non è tuttavia rappresentativa né della totalità degli utenti dei social network né della popolazione. In altre parole solo una piccola parte dell’elettorato si trova nelle famigerate bolle e c’è ancora la speranza che la rete possa contribuire ad arricchire il dibattito pubblico grazie al confronto tra punti di vista differenti.

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