Il silenzio di Merkel e le parole di Schulz: che “Europa” sarà quella della GroKo?

Restano complicate le trattative tra i maggiori partiti tedeschi per trovare un’intesa sulla nuova Gross Koalition: da un lato la destra teme la perdita di consensi in favore di AFD, dall’altro la SPD punta a soppiantare Merkel per gli anni a venire

Le negoziazioni GroKo (Grosse Koalition) valide per creare il prossimo governo federale tedesco, potrebbero terminare con un accordo già domenica prossima, 4 febbraio.

A seguire, ci sarà il “referendum” della SPD che coinvolgerà la base del Partito. Se l’ala giovanile guidata dall’ormai noto in patria, Kevin Kühnert, continua a opporsi al progetto di una nuova alleanza con Angela Merkel, Martin Schulz farà di tutto per convicere un popolo – quello socialdemocratico – che sembra sempre più scettico riguardo alla leadership del politico di Aquisgrana.

Nei primi giorni di questa settimana, le negoziazioni sono focalizzate soprattutto sulla politica interna e la questione migratoria. È di martedì sera la notizia di un accordo sofferto sul ricongiungimento famigliare per i rifugiati ammessi in patria.

In linea generale, se CDU e SPD sembrano pronte a un’intesa in tempi rapidi, la CSU sta vendendo cara la propria pelle.

Ralf Stegner (SPD) ha affermato che il partito bavarese è “in uno stato di competizione acerrima con la AFD”, il partito di destra radicale, entrato nel Bundestag tedesco dopo le elezioni di settembre 2017.

Oltre ai tratti di xenofobia e islamofobia che caratterizzano la AFD, c’è un altro elemento della competizione tutta a destra, tra AFD e CSU, che potrebbe interessare anche gli altri Paesi membri dell’Ue: quello dell’euroscetticismo. È infatti legittimo chiedersi quanto peserà l’influenza indiretta dell’AFD (mediata dalla paura della CSU) sulla definizione finale della politica europea della GroKo.

Per il momento, il tema non è ancora emerso nelle negoziazioni. La Arbeitsgruppe “Europa”, il gruppo di lavoro dedicato alla definizione della posizione del nuovo gonverno, è guidata da Schulz in persona, oltre che da Peter Altmaier (CDU), ministro delle Finanze ad interim. Spicca, quindi, l’assenza di Merkel.

La prominenza di Schulz punterebbe nella direzione di una politica europea nuova della Germania. Almeno, rispetto ai 5 anni precedenti, nel corso dei quali Wolfgang Schäuble, l’ex-ministro delle Finanze e attuale Presidente del Bundestag, ha determinato il bello e cattivo tempo del processo di integrazione.

D’altra parte, l’“indeterminatezza” delle proposte contenute nella bozza di accordo formulata dai tre partiti a metà gennaio lascia ancora molte porte aperte (o chiuse, dipende dalla prospettiva). Si parla di un aumento delle risorse per il Parlamento europeo, di una legislazione quadro in materia sociale (salario minimo, in primis), di un budget per l’Eurozona. Ma non è specificato come si arriverà a questi obiettivi.

Inoltre, a un livello più generale, il testo dell’intesa è condito di un linguaggio che, per certi versi, non si discosta troppo da quello degli ultimi dieci anni: per dire, la parola “investimento” è sempre preceduta da quella “competitività”. Lo stesso Schulz, ultimamente, articola il suo essere “pro-Europa” soprattutto in funzione delle sfide che arrivano “da fuori”: la politica di Trump, gli investimenti cinesi, l’economia globalizzata. Certo, c’è sempre il riferimento a Macron. Ma anche le proposte del Presidente francese non sono certo scritte nella roccia.

È per questo motivo che, nei prossimi giorni, ci si potrebbe aspettare uno strappo da parte della SPD, uno sprint che indichi cosa intenda concretamente il leader socialdemocratico quando parla di “Neuer Aufbruch, “un nuovo approccio” alla questione europea. Anche perché, quello di una “Germania pro-Europa” sembrerebbe, al momento, l’unico grimaldello utile per convincere la base della SPD ad andare a braccetto, ancora una volta, con Angela Merkel.

Contestualmente, ci sarà da valutare la reazione della CSU, in funzione della sfida AFD. E anche quella della CDU stessa: dalla componente “economica” del Partito sembrano già essere trapelate alcune critiche rispetto alle posizioni della SPD.

Potenzialmente, questi ultimi fattori potrebbero far traballare una “nuova politica europea” della Germania? Teoricamente sì. Ma il fatto che Angela Merkel sia all’alba del suo ultimo mandato da Cancelliera, gioca a favore di Schulz, della SPD e del Sud Europa.

Da Kohl a Mitterrand, i leader più rilevanti del percorso di integrazione sono diventati tali soprattutto nel corso della loro ultima esperienza governativa, momento nel quale hanno dato priorità alla geo-politica.

In altri termini, forse anche Merkel avrà voglia di passare alla storia non esclusivamente come la regina del rigore e dell’austerità. Ma sarà lei a deciderlo, a prescindere dalla volontà del suo partito e di Schulz. A quest’ultimo rimarrà il “compito” di rivendicare il “cambiamento” di fronte alla base socialdemocratica.

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