La ripresa c’è. Il segno più appare davanti quasi ogni statistica economica, soprattutto quando i confronti sono anno su anno. E’ così per l’occupazione, il PIL, i consumi.
E in particolare per quello che continua a essere uno dei principali motori del nostro Paese, l’industria.
Si dice sempre, nei dibattiti mediatici, che siamo il secondo Paese manifatturiero d’Europa, dopo la Germania e davanti la Francia.
Forse potremo confermare queste statistiche anche nei prossimi anni se continuerà la ripresa. Che a dire il vero è iniziata tardi, solo nel 2016. Ma pare poi avere messo il turbo.
Tra i primi mesi del 2016 e gli ultimi del 2017 il fatturato dell’industria italiana è passato, considerando il valore del 2010 uguale a 100, da 94,9 a 106,1, quasi il 12% in più in circa un anno e mezzo. Dopo una stagnazione di circa tre anni seguita alla grande recessione precedente.
E’ chiaro, vi è una differenza persistente tra il fatturato domestico e non domestico, ovvero quello realizzato vendendo a clienti italiani o stranieri.
Nel secondo caso la ripresa era cominciata molto prima e oggi siamo a livelli del 30% superiori al 2010. Nel primo invece rispetto allo stesso periodo rimaniamo del 3,6% al di sotto.
E tuttavia rispetto ai livelli dell’inizio del 2016 una crescita c’è stata anche nel fatturato domestico. Allora era infatti del 13,7% sotto i valori di 8 anni fa.
Crescite anche per la produzione, a un livello tuttavia ancora inferiore a quello di riferimento del 2010, al contrario del fatturato. A quota 98,3, infatti.
E tuttavia questa discrepanza tra fatturato e produzione, che dura da un po’ di tempo, ci dice quanto l’industria stia tentando di divenire produttiva. Rispetto agli anni della crisi o immediatamente precedenti si riesce a fare più ricavi a parità di produzione. I fatturati riescono a crescere più del prodotto. Ogni pezzo fabbricato nell’industria manifatturiera, insomma, contiene più valore.
Si chiama produttività e crescita.
Che ciò accada è un requisito fondamentale per l’economia di un Paese, a maggior ragione se ancora fondato sull’industria come il nostro.
E in questo distacco tra fatturato e industria, tra l’altro, una volta tanto siamo al di sopra della media UE, nonchè della Germania e del Regno Unito.
Il nostro fatturato, per dirla in soldoni, ha superato la produzione più di quanto non abbia fatto in media quello europeo.
Il fatturato invece non è riuscito a crescere più del monte salari. Vuol dire che ogni euro andato in salari ha prodotto un po’ meno ricavi..
In questa differenza, tra fatturato e salari, non riusciamo a raggiungere la media Ue. Ma ci avviciniamo, e superiamo in ogni caso la Germania.
In ogni caso anche qui un progresso vi è stato. Solo due anni fa, a inizio 2016, la differenza tra l’indice relativo al monte salari e quello del fatturato (ovvero quanto erano cresciuti rispetto al 2010) non era di 4,3 a vantaggio del primo come negli ultimi dati disponibili, ma di quasi 12 punti.
L’aumento del costo del lavoro è sempre stato un problema italiano, il più difficile da affrontare, e il fatto che non siamo più ultimi nel dislivello tra l’aumento dei salari e dei ricavi è già un buon risultato.
Naturalmente ora ci si aspetta che migliorando l’efficienza dell’industria alla fine possiamo tornare ad agganciare il resto d’Europa.
Cosa di cui c’è disperato bisogno perchè la stessa crescita del fatturato dell’industria manifatturiera italiana, presa da sola, non riesce ancora a correre allo stesso ritmo di quella corrispondente della UE.
Continuiamo a perdere terreno rispetto alla media europea e ai nostri vicini spagnoli, tedeschi, francesi.
Siamo ancora troppo deboli in alcuni settori chiave come l’elettronica, il tessile e l’alimentare, per nominare quelli in cui il divario dall’Europa è maggiore. Mentre abbiamo fatto grossi progressi nella produzione di veicoli, in cui la nostra crescita dal 2010 è quasi pari a quella UE. Nonchè nell’industria chimica.
La sfida è questa per il prossimo futuro.
Non perdere il treno della ripresa europea, accelerare la corsa per agganciarla, continuare a lavorare sulla produttività e l’efficienza delle imprese.
Con un occhio anche al settore dei servizi, quello che comunque produce la maggioranza del PIL e occupa gran parte dei lavoratori. In questo quanto a produttività l’Italia rimane ancora indietro e non stiamo facendo significativi progressi. Non possiamo permettercelo.