In occasione della festa del Papà si registra ancora una difficoltà a fare accettare questo fondamentale ruolo nell’ambito delle coppie, per lo più in quelle separate. L’evoluzione culturale e sociale degli ultimi anni ha generato un rapido, cambiamento della figura del padre nella sua relazione con la prole. Oggi non c’è quasi papà che non voglia occuparsi della vita dei propri figli, che li accompagni a scuola, che sia partecipe non solo nei passaggi importanti della vita dei figli, ma in ogni circostanza della vita quotidiana. Tuttavia questa volontà e anche questa necessità che, oltre a rispondere alla naturale esigenza di chi ha generato dei figli, risponde ad un altrettanto naturale bisogno di questi ultimi di avere un legame diretto, intimo, indiscusso con il papà, trova una resistenza inopportuna e fuori dal tempo nella mentalità di tante madri e, purtroppo, talvolta anche di una giustizia che è ancora troppo sbilanciata.
Il padre viene ancora oggi visto come una figura quasi aggiuntiva alla relazione tra la madre ed i comuni figli, a tal punto che la presenza, in molti casi, diventa anche oggetto di negoziazione. Siamo ancora ben lontani dallo spirito che ha permesso nel lontano 2006 l’introduzione dell’affido condiviso che, come lo stesso termine presuppone pone sullo stesso piano il padre e la madre. E l’arretramento culturale in atto viene anche testimoniato dal fatto che, mentre abbiamo dei dati certi relativi alla quantificazione dell’assegno da parte dei padri verso i figli, non ci sono dati istituzionali ed ufficiali su quanto tempo, in effetti, i padri separati riescano a trascorrere con i propri figli. Secondo un dossier preparato dalla Caritas, il 72,7% delle donne separate vede tutti i giorni i propri figli, mentre ci riesce solo il 9.2% degli uomini.
Il padre viene ancora oggi visto come una figura quasi aggiuntiva alla relazione tra la madre ed i comuni figli, a tal punto che la presenza, in molti casi, diventa anche oggetto di negoziazione
La maggior parte dei padri (41.9%) li incontra più volte alla settimana, altri qualche volta al mese e alcuni quasi mai, nemmeno nel periodo delle festività quali Pasqua e Natale. Oggi insomma, sono molto pochi i papà che possono festeggiare con i propri bambini, con un grave pregiudizio che ricade, ahimé, prima di tutto sulla prole stessa. Secondo la risoluzione n. 2097 del 2015 del Consiglio d’Europa i bambini dovrebbero poter trascorrere il 50% del proprio tempo con ciascun genitore e sia le norme interne che quelle internazionali prevedono che è diritto, prima di tutto, del minore avere dei rapporti con entrambi i genitori senza che vi sia una figura prevalente.
Il 19 marzo non è solo un giorno in cui i padri festeggiano solo sulla carta una ricorrenza che evidenzia, quanto il legame genitoriale segni in maniera indiscussa la vita di ciascuno di noi, ma vorrebbero potere esercitare liberamente e senza chiedere il permesso a nessuno la loro funzione genitoriale, i cui effetti benefici e costruttivi ricadrebbero prima di tutto sui bambini. Forse allora, proprio oggi potrebbe essere una bella occasione per rivedere ciascuno per il ruolo che svolge, avvocati, magistrati, ex coniugi, educatori, allenatori sportivi, e chiunque rientri nella catena educativa, fare una riflessione su quanto dentro ciascuno di noi la figura di nostro padre sia stata, per chi non ce l’ha , o sia ancora, per chi ce l’ha, fondamentale nella costruzione della nostra identità e sul chi siamo e cosa siamo. Ciò deve necessariamente portare ad azioni concrete in cui il legame con la prole da parte dei genitori sia posto sullo stesso identico piano in condizioni normali rinengando comportamenti che mettano in ombra la figura paterna.
Lasciamo ai figli il diritto di avere il loro papà ed ai padri il loro piacere e dovere di crescere, educare, amare i loro figli.*Esperta di diritto di famiglia e dei minori