Bolzano, la fortezza no-vax che se ne frega dell’obbligo di vaccinare

A Bolzano il movimento antivaccinista è più forte che altrove. La provincia ha le coperture più basse d’Italia, ma le istituzioni hanno preferito adottare la “linea morbida”, puntando sulla persuasione anziché sull’obbligo: niente multe, né esclusioni da scuola anche dopo il 10 marzo

Non è un caso se il Comilva, Coordinamento del movimento italiano per la libertà delle vaccinazioni, prima dell’avvio dell’anno scolastico abbia organizzato proprio a Bolzano la sua fiaccolata no-vax. La provincia autonoma ai confini dell’Italia negli ultimi anni è diventata una fortezza antivaccinista difficile da espugnare. Qui, dove Maria Elena Boschi è stata appena eletta nel collegio uninominale per la Camera, registrando uno dei pochi risultati positivi per la coalizione di centrosinistra, le coperture vaccinali sono le più basse d’Italia. E i dieci vaccini obbligatori introdotti dal decreto Lorenzin stentano a farsi strada. Visto che, anche dopo la scadenza ultima del 10 marzo, la Pat non applicherà multe né esclusioni dalle aule scolastiche per i bambini non in regola.

Che a Bolzano sono tanti. E non da ora. Da sempre la provincia autonoma si distingue come ultima nella graduatoria delle coperture vaccinali. Per antipoliomelite, difterite, tetano, pertosse, haemophilus influenzae di tipo B ed epatite B la copertura è solo dell’85 per cento. Per morbillo, rosolia e parotite si arriva al 67 per cento. L’antimeningococco C è al 63 per cento. Tutti numeri ben al di sotto della soglia del 95% considerata necessaria per l’immunità di gregge.

«C’è un atteggiamento di ansia verso i vaccini e una diffidenza estrema contro questo tipo di tecnologie», conferma Monica Oberrauch, presidente dell’Ordine dei medici di Bolzano. «Questo vale sia per i vaccini obbligatori, che per quelli non obbligatori». Non a caso Bolzano è fanalino di coda in Italia anche per gli anti-influenzali destinati agli over 65 (37,8%) e l’antipapilloma (27,8%).

Pur di sfuggire ai vaccini, prima dell’inizio dell’anno scolastico, 130 famiglie altoatesine si erano addirittura dichiarate pronte a chiedere “asilo sanitario” in Austria

E se nel resto d’Italia l’introduzione dei dieci vaccini obbligatori ha portato i suoi frutti – con i dati provvisori dell’Istituto superiore di sanità che dicono che le coperture sono aumentate, con il raggiungimento dell’obiettivo del 95% per l’esavalente – Bolzano continua a essere una pecora nera. «L’unica vera preoccupazione che abbiamo è Bolzano», ha detto il presidente dell’Iss Walter Ricciardi. Solo alla materna, i bambini ammessi a inizio anno non in regola erano circa un migliaio.

La resistenza è più forte soprattutto nelle zone di montagna e in quelle rurali, dove i gruppi di attivisti no vax hanno messo radici. Al paese venostano di Glorenza, secondo i dati riportati dall’Alto Adige, spetta per esempio il primato di zero vaccinazioni nei primi 24 mesi di vita dei bambini.

Pur di sfuggire ai vaccini, prima dell’inizio dell’anno scolastico, 130 famiglie altoatesine si erano addirittura dichiarate pronte a chiedere “asilo sanitario” in Austria. Qui, tra i monti e le vallate amministrate dal Partito popolare sudtirolese, i movimenti no-vax sono attivi da tempo. Sono i cosiddetti “Impfgngner”, eredi dell’ondata ecologista tedesca degli anni Ottanta. E con l’approvazione del decreto Lorenzin l’attivismo è esploso con manifestazioni e presidi di piazza. Alla testa del movimento c’è Reinhold Holzer, che negli anni Novanta era già fuggito in Austria dopo che la Corte di Cassazione gli aveva revocato la potestà genitoriale perché non aveva fatto vaccinare i suoi quattro figli. «Di certo non avveleneremo i nostri bambini», ha detto dopo l’approvazione del decreto Lorenzin. «Asilo non lo chiede solo chi scappa da una guerra, ma anche chi si vede privato dei diritti umani».

Ma gli altoatesini non odiano solo i vaccini. Una certa diffidenza verso i farmaci e la medicina tout-court sembra essere radicata in quest’area del Paese, dove pure è molto diffuso il ricorso all’omeopatia (secondo gli ultimi dati Istat vi ricorre il 17% della popolazione). E il consumo di farmaci, secondo i dati Aifa, è il più basso d’Italia. Anche gli screening di prevenzione vedono una scarsa partecipazione, da quelli ginecologici alle mammografie. «C’è in alcuni casi una certa propensione a curarsi in maniera “naturale”. Ma quando si ammalano sul serio, sono pochi quelli che alla fine non cedono», racconta Oberrauch.

Una certa diffidenza verso i farmaci e la medicina tout-court sembra essere radicata in quest’area del Paese, dove pure è molto diffuso il ricorso all’omeopatia. E il consumo di farmaci è il più basso d’Italia.

A giugno scorso, il consiglio provinciale di Bolzano ha approvato all’unanimità un voto del consigliere Andreas Pöder “contro le misure coercitive per imporre le vaccinazioni previste dal decreto del governo sui vaccini. «Una situazione allarmante», l’ha definita Ricciardi. Che ha richiamato gli amministratori locali «a un atto di responsabilità». Ma la Provincia autonoma ha preferito adottare la “linea morbida”, puntando sulla persuasione anziché sulla coercizione. In deroga alla legge nazionale, gli obiettori che non si presentano all’appuntamento per la vaccinazione vengono invitati a un colloquio informativo. E solo successivamente la Pat prenderà provvedimenti, anche se ancora non è stato stabilito quali saranno. Niente multe quindi, né dietrofront da scuola, anche dopo la data di scadenza prevista per il 10 marzo.

Dalla Asl dell’Alto Adige però assicurano che «i colloqui funzionano e molti dei genitori richiamati hanno deciso di vaccinare». Dati sui “convertiti” ancora non ce ne sono. Ma dalla stessa Asl hanno anche avviato una campagna pubblicitaria video per invitare la popolazione a vaccinarsi, facendo partire all’inizio dell’anno un’indagine conoscitiva per capire quali sono i limiti dell’offerta da parte del servizio sanitario nazionale. Una sorta di mea culpa, insomma.

Al momento nella provincia non si registrano picchi di malattie. Anche se nel 2017 i casi di morbillo registrati sono stati 22: nel 2016 erano stati solo due. Ma la linea morbida sembra piacere anche ai medici. «Ci sono ansie infondate verso i vaccini e probabilmente non sufficientemente chiarite da parte dei medici e di chi somministra i vaccini. Forse sull’educazione sanitaria non si è fatto abbastanza», dice Oberrauch. «La linea dura non porta sempre i suoi frutti. Dobbiamo puntare sulla formazione e l’informazione, diffondendo la conoscenza dei benefici dei vaccini. No vax e persone contrarie devono capire che sono un’opportunità unica, che in altre parti del mondo non hanno». E se non ci si riesce con la persuasione? «La legge, certo, va rispettata. Ma c’è sempre modo e modo».

La distanza da Roma qui si sente. A fine febbraio i no vax hanno depositato in consiglio provinciale 15.114 firme di un’iniziativa popolare per la libera scelta. E il consiglio provinciale dovrà esprimersi in merito entro sei mesi. C’è da scommettere che vaccini entreranno anche nella campagna elettorale per le provinciali in autunno. A meno che il nuovo governo di Roma non dovesse cambiare linea, come già i Cinque stelle hanno annunciato.

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