Matteo Renzi avrebbe già puntato il Copasir, chissà se è vero. Nei retroscena di Palazzo l’indiscrezione circola già da qualche giorno. L’ex segretario del Partito democratico, duramente sconfitto alle elezioni, vorrebbe mandare un suo fedelissimo alla presidenza dell’organismo parlamentare che si occupa dei servizi segreti. Una strategia tutt’altro che impossibile. Il comitato di controllo della nostra intelligence in passato è stato guidato da Claudio Scajola, Francesco Rutelli e Massimo D’Alema. Nell’ultima legislatura ha avuto come presidente il leghista Giacomo Stucchi. Tutti esponenti politici che avevano in comune la militanza tra le fila dell’opposizione. Il motivo è semplice: per legge o per prassi, anche la minoranza ha diritto ad alcuni ruoli istituzionali. Poltrone spesso importanti, a cui stavolta il Partito democratico può legittimamente aspirare. Al momento i dem sono l’unico partito che ha apertamente dichiarato di voler rimanere all’opposizione. Lo ha spiegato Renzi all’indomani del voto, lo ha ribadito lunedì scorso, pur tra mille sfumature, la direzione del Nazareno. Certo, per l’assegnazione degli incarichi è ancora presto. Prima che il quadro politico si chiarisca definitivamente ci vorranno ancora alcune settimane. Come prevede il regolamento di Montecitorio, gli uffici di presidenza delle commissioni saranno votati solo dopo la formazione del nuovo governo. In attesa di capire quale esecutivo emergerà dalle consultazioni al Colle, si parte da alcuni punti fermi. All’opposizione spetta la presidenza del Copasir, appunto. Ruolo tutt’altro che secondario. Lo dimostrano le polemiche che hanno accompagnato, pochi giorni fa, la decisione di Palazzo Chigi di blindare l’intelligence italiana, garantendone la continuità decisionale e operativa attraverso la proroga di un anno del mandato di Alessandro Pansa al Dis, il dipartimento dei nostri servizi, e di Alberto Manenti all’Aise, l’agenzia per la sicurezza esterna. Adesso raccontano che l’ex segretario del Pd sia interessato all’incarico. E pochi giorni fa il Fatto Quotidiano ha ricordato come già alla nascita del governo Gentiloni i renziani avessero chiesto di affidare la delega ai Servizi al ministro Luca Lotti. Senza riuscirci.
All’opposizione spetta la presidenza del Copasir, per esempio. L’organismo che si occupa dei nostri servizi segreti. È un ruolo tutt’altro che secondario, lo dimostrano le polemiche che hanno accompagnato, pochi giorni fa, la decisione di Palazzo Chigi di prorogare di un anno il mandato di Alessandro Pansa al Dis e di Alberto Manenti all’Aise
Un tempo all’opposizione spettava anche la presidenza di una camera. Consuetudine introdotta nel 1976, quando sulla poltrona più importante di Montecitorio fu spedito il comunista Pietro Ingrao. All’epoca la scelta aveva precise indicazioni politiche: giustificava un’intesa con la Democrazia cristiana che avrebbe permesso, pochi giorni dopo, la nascita del terzo esecutivo Andreotti. Passato alla storia come il governo della non sfiducia. Oggi la storia è cambiata. È diverso il contesto politico e diverso il sistema dei partiti. Difficilmente il Partito democratico potrà ambire all’incarico. Nei primi giorni dopo le elezioni, in realtà, qualcuno aveva ipotizzato l’elezione di un presidente della Camera tra i deputati dem, in cambio di un accordo con il Movimento Cinque Stelle. Per il prestigioso ruolo si era persino fatto il nome di Dario Franceschini. In realtà la trattativa sembra non mai aver preso realmente corpo. Con ogni probabilità i successori di Laura Boldrini e Pietro Grasso saranno esponenti della Lega e dei Cinque Stelle. Sono i veri vincitori della partita elettorale, pronti a dividersi le prime poltrone vacanti. Alle opposizioni, come da prassi, rimarranno alcuni posti negli uffici di presidenza: ruoli da vicepresidente, questore e segretario.
Presieduta in questa legislatura da Ignazio La Russa, la giunta per le autorizzazioni della Camera ha un ruolo centrale. Si occupa infatti di esaminare le richieste della magistratura relative all’arresto o altre limitazioni della libertà personale dei deputati. Ma gestisce anche tutte le questioni relative all’insindacabilità delle opinioni espresse dai singoli onorevoli
Ma gli incarichi che spettano all’opposizione non sono finiti. A Palazzo San Macuto ha sede la commissione bicamerale per l’indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi. La Vigilanza Rai. La scorsa legislatura era stata affidata all’esponente grillino Roberto Fico. Stavolta la presidenza spetterà ancora una volta a un partito di opposizione. In attesa di capire chi entrerà al governo – ammesso che un governo si trovi – per il momento il Partito democratico può seriamente aspirare all’incarico. Da questo punto di vista l’attenzione si sposta sul Pd Michele Anzaldi, giornalista e già segretario dell’organismo bicamerale, renziano convinto, sempre politicamente attivo in tema di media e tv. E poi ci sono le giunte. Solo a Montecitorio il regolamento istituisce tre organi collegiali permanenti, fondamentali per il corretto funzionamento delle istituzioni parlamentari. I componenti sono scelti dal presidente della Camera, tenendo conto dell’adeguata rappresentazione di tutti i gruppi. E, al contrario delle altre commissioni, non si rinnovano a metà legislatura. Rivestono particolare importanza la giunta per le autorizzazioni e la giunta delle elezioni. Entrambe, di prassi, eleggono come proprio presidente un esponente dell’opposizione. Presieduto in questa legislatura da Ignazio La Russa, il primo organismo ha un ruolo centrale. Si occupa infatti di esaminare le richieste della magistratura relative all’arresto o altre limitazioni della libertà personale dei deputati. Ma gestisce anche tutte le questioni relative all’insindacabilità delle opinioni espresse dai singoli onorevoli. La giunta delle elezioni, invece, valuta i titoli di ammissione di ciascun deputato, proponendo all’Assemblea la convalida o l’annullamento dell’elezione. Ma si occupa anche di esaminare eventuali motivi di ineleggibilità o incompatibilità con il mandato parlamentare. Altro organismo dal ruolo delicato, come è chiaro, che nelle scorsa legislatura era stato affidato al Cinque Stelle Giuseppe D’Ambrosio.