Qui, in questo paese, ci sono pochissimi ricordi dell’epoca in cui queste colline verdissime, questi sentieri di terra rossiccia e questi laghi celesti erano le proprietà del colono, uomo bianco sapiente e onnipotente in cerca di profitti facili.
Qui, in questo paese, nessuno vuole ricordare i tre episodi che hanno segnato con sangue la sua storia: né il passato coloniale – il “colonialismo distruttivo” secondo la giusta definizione data dal Presidente, che ha portato il veleno della spoliazione, dello sfruttamento, del razzismo e della segregazione là dove c’erano gruppi etnici che vivevano in armonia; né gli anni dopo l’indipendenza in cui l’uomo bianco è stato sostituito da governi vergognosi, corrotti e legati agli interessi della metropoli – “amministrazioni post-coloniali” che hanno ucciso la dignità e prolungato le ferite del periodo precedente, aggiungendo, come se non bastasse, nuove esclusioni politiche, più odio, e una sorta di apartheid tra persone dello stesso colore, lingua e cultura.
E tutti, qui, fanno fatica a ricordare l’episodio più drammatico, il terzo atto della tragedia, quello della guerra civile e di quel genocidio talmente terrificante che è menzionato raramente e con timidezza.
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