Lo sfibrante gioco dell’oca, in scena ormai da settimane, non è del tutto inutile. Tanto per cominciare, ricorda ai presunti vincitori quello che tutti noi – umili osservatori – avevamo dichiarato ad alta voce e scritto a caratteri cubitali: la realtà non fa sconti a nessuno e insistere in un’abbastanza patetica ed eterna campagna elettorale avrebbe solo spinto tutti sul ciglio del burrone. Affacciandosi, Di Maio e Salvini hanno infine scorto i bagliori di guerra provenienti dalla Siria, scoprendosi totalmente spiazzati. Come già raccontato da queste pagine, durante la mirabolante e tragicomica campagna elettorale – quella ‘vera’ – mi ero preso l’impegno morale di chiedere a tutti gli aspiranti leader notizie della politica estera italiana. Silenzio. O meglio, dichiarazioni di prammatica, roba da Wikipedia ad andar bene. Poi, arrivano i ‘missili belli e intelligenti’ di Trump e il bluff crolla miseramente: governare o anche solo pensare di farlo è una faccenda maledettamente seria. Pensare, ancor di più ripensare il ruolo italiano nello scacchiere internazionale presuppone conoscenza, analisi e valutazione della realtà sul campo e degli attori in scena. Il balletto in corso dalle nostre parti, di contro, appare solo imbarazzante. Nel momento in cui il presidente Mattarella ha agitato proprio la minaccia del conflitto siriano, come pungolo ai partiti, il gioco è definitivamente saltato. L’accelerazione da tutti invocata a chiacchiere e in realtà da nessuno voluta ha messo impietosamente a nudo l’inconsistenza del progetto dell’alleanza politica M5S-Lega. Il che non significa, naturalmente, che alla fine non possa prender corpo, ma un briciolo di onestà intellettuale dovrebbe spingere i protagonisti a guardarsi negli occhi, per dirsi finalmente cosa poter e non poter fare insieme. La Siria si presenta come il banco di prova ideale, visto che Di Maio professa un rigoroso atlantismo e Salvini invoca genericamente la pace e la fine dell’era delle bombe (oltre che delle sanzioni alla Russia). Spiegarci gentilmente come possano conciliarsi le due posizioni sarebbe un primo, concreto passo in avanti.
Nel momento in cui il presidente Mattarella ha agitato proprio la minaccia del conflitto siriano, come pungolo ai partiti, il gioco è definitivamente saltato
Il ‘vengo anch’io, no tu no’, andato in scena ieri al Quirinale, invece, è la rappresentazione plastica e fedele della sconcertante realtà attuale. Un gioco delle parti così palese e sempliciotto da farci dubitare seriamente della capacità di andare oltre. Del resto, se almeno uno dei principali protagonisti, Luigi Di Maio, si ostinerà a voler dettare l’agenda e le mosse a tutti gli altri, non si capisce proprio come se ne possa venir fuori. La visione moralistica della politica, decido io chi è degno di parlare con me e chi no, potrà soddisfare l’anima giacobina del Movimento, ma rischia semplicemente di far saltare tutti i tavoli. È la realtà che torna a bussare alla nostra porta, come la Siria sul piano internazionale. Si può detestare quanto si vuole Silvio Berlusconi, ma far finta che non esista, chiedergli il suicidio politico assistito e lasciare Salvini totalmente solo e aspettare che spacchi tutto, per consegnarsi all’abbraccio a Di Maio, non è politica. È illusione.