Rien ne va plus. Trascorsi due mesi dalle elezioni, la nascita del nuovo governo è ancora lontana. Dopo aver aspettato invano gli altri giocatori, il presidente Sergio Mattarella si prepara a scoprire le sue carte. Una mossa decisiva, perché in fondo nelle partite più incerte a vincere è sempre il banco. Esaurite le prime, inutili, consultazioni, in queste settimane il Quirinale ha assistito al fallimento dei due mandati esplorativi affidati alle più alte cariche dello Stato, espressione dei “vincitori” del 4 marzo. Alla presidente del Senato, la forzista Elisabetta Alberti Casellati, non è riuscito di mettere insieme una maggioranza formata da centrodestra e Cinque Stelle. L’accordo che, numeri alla mano, sembrava il più naturale. E il presidente della Camera, il grillino Roberto Fico, sembra aver ottenuto lo stesso insuccesso. Anche il difficile tentativo di aprire un confronto tra i pentastellati e il Partito Democratico pare ormai destinato a fallire, dopo la bocciatura di Matteo Renzi e la richiesta di elezioni a giugno avanzata da Luigi Di Maio.
Terminato il percorso istituzionale, sono finite anche le scuse. Fra i pretesti accampati dai principali leader per prendere tempo, c’erano anche le Regionali di Molise e Friuli Venezia Giulia. Il presidente Mattarella ha atteso con pazienza, ma da stamattina anche questo termine è scaduto. Gli elettori si sono espressi: in entrambe le elezioni ha prevalso il centrodestra, relegando il Pd ad altrettante sconfitte. In Molise i 5 Stelle hanno mancato l’elezione del loro primo governatore della storia, nonostante il primato del 4 marzo. E in Friuli è andata persino peggio: il movimento guidato da Di Maio è arrivato terzo, dimezzando i consensi conquistati solo due mesi fa. La vittoria è toccata al leghista Massimiliano Fedriga, uomo di stretta fiducia del segretario Matteo Salvini, ormai leader del centrodestra.
Sono passati sessanta giorni, ognuno ha giocato le sue carte. Adesso la parola torna al banco. La prossima mossa spetta al presidente Mattarella, dal mazzo quirinalizio potrebbero uscire diverse soluzioni. Alcune scontate, altre meno. Data la perdurante mancanza di una maggioranza, uno degli scenari porta alla nascita di un governo ponte. Un esecutivo di scopo con un mandato limitato e un termine temporale già deciso, in vista delle elezioni anticipate. Ma chi lo sosterrebbe? L’intesa può nascere da un accordo tra Cinque stelle e centrodestra, oppure può vedere la partecipazione di tutte le principali forze parlamentari. Diverse le ipotesi sulla data di scadenza del progetto. L’esperienza di governo potrebbe durare solo pochi mesi, come auspicano grillini e leghisti, giusto il tempo di approvare alcune correzioni alla legge elettorale e tornare al voto entro l’autunno. Oppure andare oltre, affrontando anche la legge di bilancio a ottobre e raggiungere la scadenza delle Europee nella primavera 2019. L’unico incubo da scongiurare è un nuovo stallo dopo le elezioni: ecco perché questi mesi dovrebbero servire per introdurre una norma con un chiaro premio maggioranza (o addirittura un ballottaggio).
Rien ne va plus. Trascorsi due mesi dalle elezioni, la nascita del nuovo governo è ancora lontana. Dopo aver aspettato invano gli altri giocatori, il presidente Sergio Mattarella si prepara a scoprire le sue carte. Una mossa decisiva, perché in fondo nelle partite più incerte a vincere è sempre il banco
Al Quirinale, dove l’ipotesi di voto anticipato è stata finora sempre esclusa in maniera categorica, in realtà sarebbe più gradito un altro scenario. È l’ipotesi di un “governo del presidente” che resti in carica il più possibile, se non addirittura per cinque anni. Per guidarlo servirebbe una figura terza, magari uno dei giudici costituzionali. Un’ipotesi che faciliterebbe la nascita di una legislatura costitutente e potrebbe davvero mettere mano alla grande riforma istituzionale. C’è però in questo caso uno scoglio apparentemente insormontabile: chi sosterebbe questo tipo di governo? Silvio Berlusconi e Matteo Renzi sarebbero interessati, ma FI e Pd non hanno i voti necessari. E i “vincitori” delle elezioni, M5S e Lega, non hanno alcuna intenzione di metterci la faccia, contando di massimizzare il profitto in caso di elezioni anticipate. Ecco perché la spinta verso le urne si è fatta più forte dopo le consultazioni friulane.
Gli scenari si intrecciano. Stufo del balletto di questi due mesi, il presidente Mattarella potrebbe anche decidere di cambiare le carte in tavola. Se è vero che i due vincitori delle elezioni sono M5S e Lega, il Quirinale potrebbe sondare per l’ultima volta la loro disponibilità a dare vita a un governo condiviso. Nonostante le dichiarazioni ufficiali, in queste settimane il dialogo tra Salvini e Di Maio non si è mai interrotto. Senza dimenticare che i rispettivi elettorati vedrebbero di buon occhio un accordo. In questo caso al termine di un ulteriore, rapido, giro di consultazioni, Mattarella potrebbe incaricare direttamente uno dei due leader. Ma solo dopo aver ricevuto precise rassicurazioni sull’intesa. La grande incognita resta la volontà di Salvini di rompere con Forza Italia. Al momento, appare chiaro, non sembra interesse del segretario leghista spaccare una coalizione vincente di cui è appena diventato il leader riconosciuto.
Al Quirinale, dove l’ipotesi di voto anticipato è stata finora sempre esclusa in maniera categorica, in realtà sarebbe più gradito un altro scenario. È l’ipotesi di un “governo del presidente” che resti in carica il più possibile, se non addirittura per cinque anni. Ma chi lo sosterrebbe?
C’è poi un altro scenario che proietta la Lega verso Palazzo Chigi, tutto da esplorare. È la nascita di un governo di minoranza del centrodestra. Finora Salvini si è rifiutato di andare a cercare in Parlamento i voti necessari. Troppo alto il rischio di indebolire la sua leadership, in caso di insuccesso. Ma dopo queste lunghe settimane di stallo, potrebbe anche provarci. La strada porta verso un esecutivo formato da Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia. E chissà che il progetto non trovi il sostegno anche di qualche fuoriuscito grillino, deluso dai risultati alle Regionali e a rischio di non essere rieletto in Parlamento. Dopo aver ricevuto l’incarico dal Quirinale, il segretario del Carroccio dovrebbe presentare il suo governo alle Camere. E cercare consensi «sul modello spagnolo», come spiegano nel centrodestra. Ovviamente quello di Salvini sarebbe un governo dai poteri limitati, appeso alle astensioni degli avversari.
Insomma, al Quirinale si cerca di evitare in ogni modo il ritorno immediato alle urne. Ma se tutte le variabili in gioco portassero a quest’ultima, definitiva ipotesi, il presidente Mattarella avrebbe due carte da giocare. La prima è la più drastica: sciogliere le Camere nei prossimi giorni per riportare gli italiani al voto prima dell’estate, al massimo a settembre, lasciando il governo Gentiloni in carica per gli affari correnti. Oppure, la seconda carta, attendere la riforma elettorale con un “governo balneare” che cerchi di rimanere in carica non tanto con la fiducia del Parlamento ma con la non-sfiducia dei partiti. È la mossa della disperazione.