Il libro di Papa Francesco? Inutili banalità. Leggete i suoi predecessori, che sapevano pensare

Il bastone e la carota. Un libro stroncato e uno elogiato alla settimana. Papa Francesco è il piccione dalle uova d'oro dell'editoria odierna, ma il suo ultimo libro è un accumulo di saggezza tipo “mettiti il maglione che ho freddo”. Da Leone XIII a Ratzinger, meglio recuperare chi l'ha preceduto

Il bastone. Partiamo con il feticismo. Poi c’è la devota premessa. Sulla copertina del libro di “Francesco” (l’appellativo ‘papa’ è di troppo, evidentemente, “Francesco” è come Jovanotti quando firma i dischi “Lorenzo”), Dio è giovane, la specifica: «Il titolo è autografo di Sua Santità Francesco». Manco fosse Armani, manco fosse l’autografo di un ‘Leo’ Di Caprio qualsiasi. Magari sfiori il titolo “autografo” e accade il miracolo. Feticismo, appunto. Devota premessa. Tutto quanto leggete qui non è teleguidato da una setta che ritiene papa Francesco un ‘usurpatore’ del trono petrino. V’interessa il mio dire? Beh, come non ti scegli il papà non ti scegli il papa. Il cattolico deve obbedire, zitti tutti.

Dopo il feticismo e dopo la premessa c’è – parere mio – la sbandata vaticana. Dio è giovane, infatti, che intende essere il Libretto rosso del Sinodo sui Giovani, il Siddharta della Giornata mondiale della gioventù, non è un libro di “Francesco”, ma è “una conversazione” tra “Francesco” e Thomas Leoncini. Chi è Thomas Leoncini? Giovane (classe 1985), belloccio, Thomas ha cominciato scrivendo versi, francamente orrendi (esempio: “Caro fratello eccomi qua,/ dimmi un po’, ma per davvero/ come ti va?/ Che siamo nella merda già si sa”), che hanno avuto successo sul web, fino a diventare un libro (La nostra vita è ora, 2010), e altri libri ancora. Il libro più importante di Leoncini, prima di quello con “Francesco”, che, precisano, «viene pubblicato in tutto il mondo» (feticismo al cubo), s’intitola Nati liquidi ed è una intervista a Zygmut Bauman. Nel suo sito, però, alla voce Esclusive, Thomas Leoncini ci avvisa che oltra a Bauman ha intervistato per svariate riviste Michael Douglas e Al Pacino, Maria Grazia Cucinotta, Patty Pravo, Simona Ventura. Ora nel club esclusivo c’è pure “Francesco”. Ora.

Non pretendiamo che il papa dialoghi con Giorgio Agamben (magari), di certo è meglio chiacchierare con il caro Thomas che sorbirsi i dialoghi immaginati e inchinati con Eugenio Scalfari, però. Perché, piuttosto del divetto che sale sulle spalle del gigante, il papa, “Francesco”, non fa un libro dialogando con degli illustri sconosciuti, con ragazzi senza pedigree? Boh. Misteri vaticani. Ma la domanda buona è l’altra. “Francesco” è la colomba dalle uova d’oro dell’editoria odierna, capisco – sono già una dozzina i libri griffati dal papa nel 2018 – ma c’era bisogno di questo ennesimo tomo, detta papale papale? Il problema radicale di Dio è giovane, infatti, è che Dio non è un cretino e i giovani non sono stupidi.

Insomma, la discussione papale è per analfabeti evangelici, è una cornucopia di banalità. Esempi sparsi. I giovani? «Hanno tanta forza, i giovani, sono capaci di guardare con speranza. Un giovane è una promessa di vita». L’adolescenza? «Non bisogna mai sottovalutare questa fase della». La nostra società? «Dominata in maniera troppo forte e vincolante da una crisi economico-finanziaria dove al centro non ci sono l’uomo e la donna, ma il denaro e gli oggetti creati dall’uomo e dalla donna». Il rapporto con i vecchi? «Giovani e anziani devono parlarsi e devono farlo sempre più spesso». Il dolore? «Il dolore e le prove della vita ci forniscono un’occasione indispensabile per conoscerci nel profondo». Le armi nucleari? «Credo che le armi nucleari vadano subito distrutte» (caso mai un papa dicesse che le armi nucleari servono per sterminare gli infedeli fatemi un fischio, è una notizia). L’ambiente? «La cura dell’ambiente dovrebbe essere scritta in rosso nella prima pagina di ogni agenda politica». Il vero problema di oggi? «Quei piccoli animali da compagnia che sempre più persone si portano dietro, tutti i giorni e tutto il giorno… Usano gli animali e non rispettano la loro dignità». C’è più sapienza in mia mamma che mi dice di mettere il maglione quando fa freddo e nel tiggì che dice che bisogna bere tanto quando fa caldo che in queste schegge di sapienza petrina. Se questo è il cristianesimo, l’happy hour del volemose bene, l’imperativo del politicamente corretto, tanto meglio votarsi alle Lettere a Lucilio di Seneca, c’è più genio. Se questo è “Francesco”, il papa potrebbe fare anche il Dalai Lama, potrebbe essere Osho o Paulo Coelho, è lo stesso.

Papa Francesco, Dio è giovane, Una conversazione con Thomas Leoncini, Piemme 2018, pp.126, euro 15,00

La carota. Non tutti i papi vengono per nuocere le quattro cicale cerebrali che abbiamo in zucca. Per chi ha fede il papa è il capo della Chiesa Cattolica, per chi non crede nel Risorto il papa è una autorità spirituale maxima, da ascoltare con i padiglioni auricolari aperti come il traforo del Monte Bianco. Per riconciliarci con il genio dei papi basta andare sul sito del Vaticano, e rivolgersi alla voce ‘Documenti papali’. Nelle lettera enciclica Aeterni Patris, ad esempio, è il 4 agosto 1879, Leone XIII ingaggia una battaglia senza quartiere contro Madama Filosofia e Madonna Ragione («Sappiamo con certezza che non mancano coloro che, magnificando oltremodo le facoltà della natura umana, sostengono che l’intelligenza dell’uomo, tosto che si sottomette all’autorità divina, decade dalla sua naturale dignità e, come declassata sotto il giogo della servitù, viene ritardata ed impedita nel suo cammino di avvicinamento verso il sommo della verità e della grandezza. Ma queste asserzioni sono piene di errore e inganno»).

Roba reazionaria dirà il tronfio trionfante. Non è vero. Il testo documenta una Chiesa che sapeva pensare, che sapeva porsi come principato del pensiero – il papa cita la Scolastica, San Tommaso, le «celebratissime Accademie e Scuole che un tempo fiorirono in Europa, quelle, cioè, di Parigi, di Salamanca, di Alcalà, di Douai, di Tolosa, di Lovanio, di Padova, di Bologna, di Napoli, di Coimbra» – senza scimmiottare i pensieri altrui, senza bisogno di flirtare con le star dell’informazione. C’è, poi, la lettera di Pio XII del 15 aprile 1945, Communium Interpretis Dolorum, che si pone come una sutura sullo squarcio della Seconda guerra («Non è purtroppo facile, fra tanto sconvolgimento di cose, mentre gli animi di molti sono ancora agitati da sentimenti di vendetta, venire a una pace, che sia ugualmente contemperata dall’equità e dalla giustizia, che soddisfi con fraterna carità le aspirazioni di tutti i popoli ed elimini i germi latenti delle discordie e delle rivalità»).

Si può leggere una affascinante esortazione apostolica di Giovanni Paolo II sull’Ecclesia in Oceania («la modernizzazione ha pure effetti negativi nella regione, dove le società tradizionali stanno combattendo per mantenere la propria identità quando vengono a contatto con le società occidentali secolarizzate e urbanizzate, come pure con la crescente influenza culturale degli immigrati asiatici»), del 2001, tra la grandinata di testimonianze storiche e spirituali che riuscirebbero a convertire un balcone.

Ogni papa ha il suo stile, il proprio genio, la propria personale ispirazione. Se v’interessa il tema dei gggiovani, ad esempio, al posto di leggere l’opuscolo di papa Francesco stilato con l’aiuto devoto di fratel Leoncini, rileggete i messaggi papali “per la Giornata Mondiale della Gioventù”, sono più utili. «Come inserirsi in un mondo segnato da numerose e gravi ingiustizie e sofferenze? Come reagire all’egoismo e alla violenza che talora sembrano prevalere? Come dare senso pieno alla vita?… A quali condizioni lo Spirito vivificante della prima creazione e soprattutto della seconda creazione o redenzione può diventare l’anima nuova dell’umanità? Non dimentichiamo che quanto più è grande il dono di Dio – e quello dello Spirito di Gesù è il massimo – altrettanto è grande il bisogno del mondo di riceverlo e dunque grande ed appassionante è la missione della Chiesa di darne testimonianza credibile».

Eccoli, alcuni interrogativi all’altezza dei ‘giovani’ – cioè di tutti, dacché la gioventù è una categoria dello spirito, non esiste cronometro o cronologia di fronte all’assoluto – che non sono cretini e non hanno bisogno di essere solleticati nelle loro certezze. Era il 2007. Era Benedetto XVI.

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