A Milano si è appena concluso il Salone Internazionale del Mobile, una manifestazione molto importante per gli operatori del settore e non solo. La città tutta è coinvolta. Accoglie con i suoi eventi, fagocita con il suo dinamismo e intrattiene con il suo fascino sfavillante migliaia di turisti, professionisti del settore e curiosi provenienti da ogni dove.
Turisti e curiosi… Mi sono chiesta perché una fiera settoriale tecnica sia diventata così popolare tra i non addetti ai lavori. Perché persone che si occupano di tutt’altro e hanno sempre vissuto benissimo così, decidono di non perdersi questo evento? La risposta che mi sono data è solo un’ipotesi senza pretesa di scientificità: perché abbiamo bisogno di bellezza. Una bellezza dai mille volti, che si fonde alla funzionalità e diventa tangibile. Prendiamo un oggetto di arredamento. Entra nelle nostre case e le veste, popola i luoghi dei nostri affetti e dei nostri gesti quotidiani, li rende belli e questo ci appaga, ci fa sentire più ricchi. Ciò che secondo me muove interesse e adesione, mondanità a parte, è semplice: l’occhio vuole la sua parte. Vale nell’arredamento come nella scrittura.
Ti stai chiedendo cosa c’entra questa premessa con il nostro Aziendalese…ci arrivo subito. La funzionalità e l’estetica non sono prerogative esclusive di un mobile o di una lampada. Appartengono anche alla scrittura. Il rispetto degli spazi, la scelta dei caratteri, l’uso della punteggiatura e dei segni grafici sono forme di rispetto verso il lettore: curare l’estetica di un testo significa aiutare il destinatario ad immergervisi, a familiarizzare con i suoi contenuti e a velocizzare i tempi di lettura. Ti sembra poco? Come per il design, anche nella scrittura l’estetica è premiata se si accompagna all’utilità e alla semplicità. John Maeda nel suo libro Le leggi della semplicità scrive: “La semplicità significa sottrare l’ovvio e aggiungere il significativo”*.
Gli elementi stilistici non sono dei riempitivi, ma devono essere dosati e usati solo se necessari. Periodi brevi vanno bene, ma senza abusare se no si perde di presa e di ritmo. In un’email o in un documento prevedere un elenco puntato che annunci o riassuma i punti chiave ha valore. Ricorrere però spesso a questa scelta la priverebbe di significato e potenza.
Stesso discorso per bold, corsivi, sottolineature e caratteri speciali.
Il loro scopo è indirizzare l’occhio del lettore su parole o concetti. Il loro uso deve essere puntuale e ponderato.
Un trucco al volo sul grassetto: leggi ad alta voce le parole che hai scelto di evidenziare. Se stanno in piedi da sole e creano un percorso logico lineare hai la prova del nove che la tua selezione è stata efficace.
Anche spazi e interlinea hanno un ruolo chiave: siamo tutti skim reader che leggono, scremando, da uno schermo. Dare aria alle parole, accertarsi che si adattino al device su cui verranno lette, può fare davvero la differenza.
Stesso discorso per i titoli. Se stai redigendo un documento lungo, usa i paragrafi e dai a ciascuno un titolo. Potrai anche prevedere un indice in cui riportarli. Fatti guidare da un pensiero: cos’hai provato tutte le volte che ti sei imbattuto in un testo privo di respiro, con parole piatte e mancanza di cura stilistica? Fai il possibile per evitare di infliggere al tuo lettore lo stesso disagio che hai provato tu. Sii l’editore di te stesso, datti delle regole. Sperimentale, testane l’efficacia e perfezionale. Questo lavoro ti farà risparmiare tempo, ti darà maggiore sicurezza e aumenterà l’attenzione verso le tue parole.
*J. Maeda, Le leggi della semplicità, Milano, Bruno Mondadori, 2006, legge n°10.
Per iscriversi all’evento, CLICCARE QUI