Il bilancio partecipativo appena chiuso a Milano è un successo, ma siamo ancora molto indietro rispetto a città come New York o Parigi: questo perché la sfida della partecipazione, oltre che tecnologica, è soprattutto culturale «Devo dire che mi sono divertito un sacco a fare questo bilancio partecipativo». Roberto Re (non fatevi trarre in inganno dal cognome) è un normale cittadino, ingegnere, abitante in zona 5 a Milano, la sua città. E a Milano, attraverso l’ultima edizione del bilancio partecipativo, quello strumento con cui un ente pubblico permette ai cittadini di proporre, progettare e votare interventi per il proprio territorio, ha voluto dare un contributo concreto, presentando un progetto per un percorso ciclopedonale nel suo quartiere.
Tutto inizia in gelateria, a novembre. Su Facebook Re lancia la proposta di un incontro informale tra cittadini: si presentano in quaranta. Discutono su cosa si potrebbe fare per migliorare il quartiere ed emergono cinque idee. Parte il tam tam per raccogliere consensi e supporti (da esprimere sulla piattaforma online del Comune). Da quella che era solo una riga tirata su una mappa, Re dà forma al suo progetto insieme ad un altro paio di cittadini architetti. Delle centinaia proposte caricate sulla piattaforma online del Comune, solo la sua raggiungerà la fase di voto. E poco importa se alla fine arriverà terzo al suo municipio: con 1007 voti ricevuti, Re si dice molto soddisfatto del risultato.
Quella di Re è solo una delle storie di cittadini milanesi appassionati di partecipazione. Nel complesso, l’edizione 2018 del bilancio partecipativo di Milano ha coinvolto quasi 30mila persone. Dei 300 progetti iniziali, di cui 47 arrivati alla fase finale di voto, sono stati 9 i vincitori (uno per municipio), aggiudicandosi i 4,5 milioni di budget disponibile (500mila euro per ciascun primo classificato nei vari municipi). È solo il 2-3% del totale di 150-200 milioni che il Comune destina ogni anno alla realizzazione di opere pubbliche, ma comunque un budget “giusto” per generare interventi mirati sul territorio, secondo Lorenzo Lipparini, assessore alla Partecipazione, Cittadinanza attiva e Open data del Comune di Milano. I progetti vincitori sono tutti incentrati su verde, mobilità sostenibile e riqualificazione degli spazi, da nord a sud di Milano.
C’è tanto dibattito sui media sui temi della sicurezza, dell’immigrazione e del degrado, ma quando si va a parlare di bisogni effettivi con i cittadini, ci si rende conto che quello che è un allarme generale si scontra con la percezione di chi vive la città
«C’è tanto dibattito sui media sui temi della sicurezza, dell’immigrazione e del degrado, ma quando si va a parlare di bisogni effettivi con i cittadini, ci si rende conto che quello che è un allarme generale si scontra con la percezione di chi vive la città. Le richieste sono circostanziate ma importanti, e quindi quel budget risponde a dei bisogni che sono proprio quelli a cui l’amministrazione fa più fatica ad arrivare» spiega Lipparini.
Nonostante il finanziamento sia stato di 3,5 milioni in meno rispetto al bilancio partecipativo del 2015 in città, un passo avanti rispetto alla sperimentazione scorsa è stato fatto sulla qualità e fattibilità delle proposte: la partecipazione di associazioni e organizzazioni più strutturate e attive sul territorio, infatti, ha aumentato il livello dei progetti, generando un’attivazione di tutte le energie inespresse sul territorio, secondo quanto riporta Stefano Stortone, membro dello staff di Empatia, l’organizzazione che ha promosso e implementato la metodologia del bilancio partecipativo a Milano. «Il bilancio partecipativo aveva la finalità di attivare le reti esistenti del territorio e c’è riuscita. Questo ha fatto sì che la qualità progettuale fosse molto elevata, con rendering di architetti che già lavoravano con associazioni e le social street, che sono state attivate per informare i cittadini, i quali hanno fatto passaparola per raccogliere supporti» spiega Stortone.
La pecca? «Oggi la partecipazione è elitaria a tutti gli effetti» precisa Stortone, «però valorizza quell’élite che non è élite: a partecipare sono comunque cittadini comuni – seppur con un tasso di scolarizzazione più alto – che sono esclusi dalle dinamiche politiche e amministrative». A ciò si aggiunga il digital divide: se il Comune ha cercato di compensare ricorrendo anche alla modalità cartacea di voto, l’intervento è comunque rimasto marginale, perché solo il 6% dei votanti ha espresso la propria preferenza su carta, di fatto ignorando la possibilità di andare a votare nei municipi di zona. E comunque anche online qualcuno ha riscontrato difficoltà a registrarsi e ottenere le password. In futuro, però, non c’è dubbio: «la partecipazione dovrà essere sempre più integrata sia online che offline», dice l’assessore. Il vanto dell’amministrazione resta comunque il fatto che il bilancio partecipativo ha contribuito a portare 20mila utenti che non avevano credenziali di accesso di alcun tipo presso i servizi del Comune a registrarsi online, così da non solo poter prendere parte ai processi partecipativi, ma anche per accedere ad altri servizi. «Ci deve essere una sola identità digitale sia per adempimenti burocratici, dalle multe alle imposte, sia per partecipare online» incalza Lipparini.
Nelle prossime settimane i tecnici del Comune incontreranno i proponenti dei progetti vincitori del bilancio partecipativo per impostare i passi da compiere per la realizzazione delle opere, e tutti potranno controllare l’andamento dei lavori nell’area “monitoraggio” del sito
Secondo Stortone, l’assessorato alla Partecipazione si sta muovendo bene, anche se le risorse scarseggiano: «Certamente questo bilancio partecipativo ha conquistato la giunta, però se non so se abbia davvero fatto breccia. Con un investimento tale Milano non è in linea con altre città come New York o Parigi». C’è poi il rischio che, oltre ai fondi, manchi anche una certa lungimiranza: non è chiaro se a Milano il prossimo anno il bilancio partecipativo si farà. Mentre gli esperti di partecipazione dicono che sarebbe fondamentale instaurare una certa continuità proprio per fare della partecipazione non un gesto simbolico, un’eccezione, ma una pratica costante e necessaria.
Fortunatamente, il bilancio partecipativo è solo uno degli strumenti di partecipazione promossi dall’amministrazione milanese: tra il regolamento per l’amministrazione condivisa dei beni comuni, che consente ai cittadini di fare volontariato civico e di amministrare insieme luoghi pubblici, e altri processi disegnati per coinvolgere i cittadini nella definizione o nella realizzazione dei progetti più grandi in città, come i Navigli e come il piano dell’energia sostenibile o della mobilità, «stiamo aumentano decisamente il numero di opportunità per i cittadini di dire la loro» dice ancora Lipparini.
Pare anche che, per il futuro, il Comune stia sviluppando un nuovo canale di partecipazione civica per Milano, che dovrebbe raccogliere tutte le modalità di contribuzione del cittadino all’amministrazione condivisa. Rimane un punto di domanda su PartecipaMi, la piattaforma partecipativa online di Milano lanciata dalla Fondazione RCM – Rete civica di Milano ormai più di dieci anni fa per favorire il dialogo tra cittadini e istituzioni. Ormai da tempo PartecipaMi fatica a stare in piedi per mancanza di fondi (si sostiene principalmente tramite donazioni dei cittadini), e il Comune non ha mai versato un euro per sostenerla.
Tant’è. Nelle prossime settimane i tecnici del Comune incontreranno i proponenti dei progetti vincitori del bilancio partecipativo per impostare i passi da compiere per la realizzazione delle opere, e tutti potranno controllare l’andamento dei lavori nell’area “monitoraggio” del sito. «Sicuramente Milano avrà dei risvolti dal punto di vista nazionale e potrebbe essere un volano per altre iniziative» osserva Stortone, «anche se il contesto politico altrove in Italia è molto diverso. Ad oggi non vedo una grande mobilitazione su un tema che invece a livello internazionale sta prendendo piede».
La sfida, insomma, riguarda tutta l’amministrazione, al di là del settore. «Per portare avanti i progetti del bilancio partecipativo dovremo vederci con una certa continuità con i colleghi Maran e Granelli, che si occupano di verde e di mobilità, così come con tutti gli altri per poter creare un sistema di risposte rapido per i cittadini» conclude Lipparini. La strada per una Milano sempre più partecipata, aperta e trasparente, insomma, non finisce qui: «è una sfida tecnologica ma anche culturale».