Il Premio letterario Galileo è stato istituito nel 2007 ed è promosso dal Comune di Padova con il contributo della Fondazione Cassa di risparmio di Padova e Rovigo. Obiettivo dell’iniziativa è diffondere tra i giovani la cultura scientifica e celebrare il prestigio dell’Università di Padova, che sin dalla sua nascita ha ospitato eccellenze nel campo scientifico, a partire da Galileo Galilei.
Come ogni anno sono stati selezionati i cinque finalisti, che saranno esaminati da una giuria scientifica e una giuria di studenti universitari e delle scuole secondarie di secondo grado. La cerimonia di premiazione avverrà venerdì 18 maggio alle 11,30 nell’Aula Magna di Palazzo Bo, a Padova.
Impariamo tutto quel che si deve sapere sui rifiuti: progettiamo il nostro futuro
Ne siamo produttori tutti, nessuno escluso, da secoli e secoli, eppure con ci prestiamo decisamente attenzione. Ma i rifiuti parlano di noi, della nostra civiltà, del nostro rapporto con l’ambiente che ci ospita e del percorso di progresso umano che stiamo intraprendendo. Non è allora giusto soffermarci a guardarli, riconoscerli e studiarli, come possiamo ridurli, gestirli al meglio, quali potenzialità si nascondono in essi?
Questi gli interrogativi che si pongono e a cui si impegnano a rispondere Alessandra Viola e Piero Martin con il loro libro Trash. Tutto quello che dovreste sapere sui rifiuti, candidato finalista al Premio Galileo 2018. Abbiamo incontrato i due autori per farci raccontare la loro ricerca, scoperte e considerazioni: per saperne davvero qualcosa di più.
Ci potete raccontare com’è nata l’idea di affrontare con un testo divulgativo eppure rigoroso, questo tema? Cosa vi ha motivati?
Inizio dalla motivazione, che in sostanza era una sfida con noi stessi: scrivere un libro di divulgazione scientifica su un tema cruciale come quello della salvaguardia dell’ambiente, a partire da un punto di vista inusuale. Un libro che fosse divertente e agile e allo stesso tempo rigoroso e documentato e di interesse per tutti. I rifiuti ci sono apparsi come un tema ideale: proprio il fatto di essere scarti, nascosti e trascurati, e di essere ovunque, tantissimi, una bomba ad orologeria per il pianeta, rende necessario portarli alla luce, scoperchiare i nostri bidoni delle immondizie per riflettere su cosa stiamo facendo e su come cambiare le nostre abitudini.
Negli ultimi decenni la loro quantità, il loro valore, la loro diffusione, la loro pericolosità per l’ambiente e la loro varietà sono esponenzialmente cresciuti e ne siamo ormai circondati. La ricerca studia sempre nuovi modi per riutilizzarli e moderare il loro impatto ecologico, la sociologia li investiga, l’economia ne viene significativamente condizionata, la cronaca li vede spesso protagonisti e persino l’arte ne è stata significativamente influenzata. In breve, abbiamo capito subito che era l’argomento ideale per un libro “polifunzionale”, se così posso definirlo. Un argomento sul quale ciascuno di noi due ha potuto mettere a frutto le proprie competenze.
Quali sono i rifiuti che più inquinano il nostro pianeta? È possibile stilare una specie di classifica dell’emergenza?
Quando un chimico americano ancor oggi sconosciuto ai più, Leo Bakeland, inventò nel 1907 una delle prime plastiche completamente composte da elementi sintetici – che poi in suo onore fu chiamata bachelite – diede inizio ad una nuova era, che oggi qualcuno con un neologismo chiama “plasticene”, l’era della plastica. Materiale nobilissimo e assai utile, ma che ha profondamente alterato l’equilibrio dei rifiuti. Con la plastica abbiamo iniziato a produrre rifiuti che hanno una vita molto più lunga di noi, e che non si biodegradano se non in tempi lunghissimi. E quindi, da quando è iniziata la sua produzione industriale circa una sessantina di anni fa, quasi tutta la plastica che abbiamo prodotto (8.3 miliardi di tonnellate) è diventata immondizia e ce la ritroviamo ovunque. Le plastiche poi si rompono in pezzi sempre più piccoli. Gli studi dicono che la plastica finisce nei mari al vertiginoso ritmo di 8 milioni di tonnellate l’anno, e poi rimane lì per centinaia di anni, frantumandosi in pezzi sempre più piccoli, talmente piccoli da essere invisibili a occhio nudo. Ormai praticamente ogni animale marino entra in contatto con la plastica durante la sua vita e ne viene danneggiato. Per questa via, cioè attraverso l’acqua e gli organismi marini, le materie plastiche hanno fatto il loro ingresso addirittura nella nostra catena alimentare. La plastica non è comunque il solo rifiuto pericoloso: anche quelli elettronici, il cui volume è cresciuto esponenzialmente negli ultimi decenni generando un gigantesco traffico internazionale, per il recupero dei minerali preziosi in essi contenuti. Ma contengono anche molti materiali tossici e le lavorazioni per recuperare i materiali di pregio sono spesso condotte in paesi in via di sviluppo e senza alcuna protezione per la salute dei lavoratori o per l’ambiente. E poi la CO2, pericolosissimo gas serra e corresponsabile del riscaldamento globale.
Alcuni soggetti istituzionali, penso alla nostra realtà italiana, sono in prima linea nel cercare di sensibilizzare a questo problema, o addirittura nel provare, secondo le proprie competenze, ad affrontarlo. Ne sono un esempio le scuole o alcuni Comuni “virtuosi”, ma la sensazione è che siano iniziative isolate di fronte ad una generale mancanza di consapevolezza….
Prendere consapevolezza dei problemi legati al mondo dei rifiuti è ormai urgente e indispensabile per affrontare il loro smaltimento in modo ragionevole. A livello scientifico si moltiplicano gli studi per ottenere stime precise dei principali tipi di rifiuti e della loro localizzazione nell’ambiente, proprio perché senza queste informazioni è difficile mettere in atto una programmazione strategica. Il grosso dell’iniziativa per lo smaltimento spetta ai governi, ma è indubbio che le scelte personali possono fare la differenza, e che queste scelte sono influenzate dalla maggiore o minore consapevolezza che si ha del tema.
Il nostro libro vuol dare un piccolo contributo proprio in questo senso: conoscere è fondamentale per agire e per controllare chi ci amministra.
Quali sono, secondo lei, i settori potenzialmente più vantaggiosi, allo stato attuale, per trasformare in business il riciclo, la rigenerazione di un rifiuto?
Se guardiamo alla scala degli interessi planetari senza dubbio i rifiuti più utili e più vantaggiosi sono quelli che non ci sono. Ridurre la produzione di rifiuti, con minori imballaggi, abbandonando la logica dell’usa e getta, evitando gli sprechi alimentari, privilegiando fonti energetiche libere da CO2, ̶ giusto per fare degli esempi ̶ è un obiettivo che comporta enormi risparmi: meno costi per lo smaltimento dei rifiuti, meno coti per rimediare ai problemi di salute, igienici e ambientali che essi provocano.
Alcuni rifiuti poi, già all’atto della loro produzione, sono ormai considerati delle future “materie prime seconde” (materie prime ottenute dal riciclo). Parlo dei più noti: plastica, vetro, alluminio, carta, ma anche legno e scarti alimentari, quando sono separati correttamente. Se parliamo di potenzialità e di business, la ricerca scientifica su questo fronte gioca un ruolo di tutto rilievo e ogni giorno le opportunità aumentano. Dal riciclo delle reti da pesca per produrre nylon a quello delle bucce di arancia per produrre tessuti, dallo sviluppo di plastiche biodegradabili al riciclo della grafite delle batterie per farne matite, fino ai copertoni mescolati all’asfalto o al cemento per pavimentazione stradale o per i parchi giochi: la lista è lunghissima e l’elenco in continuo aggiornamento. Perché i rifiuti sono indubbiamente un problema, ma rappresentano anche una miniera di opportunità.
Svuotiamo i nostri cestini e riempiamo l’ambiente di nuove idee per le generazioni che verranno!