Gabriella Greison: «Il maschilismo? Nella scienza, non esiste più. Grazie (soprattutto) a sei donne»

Lo stereotipo maschilista è ancora forte in molti ambienti di lavoro, ma non negli istituti di ricerca scientifica. Parola di Gabriella Greison, “rockstar della fisica italiana”, in finale al Premio Galileo con il libro sulle scienziate che hanno cambiato il mondo

Il Premio letterario Galileo è stato istituito nel 2007 ed è promosso dal Comune di Padova con il contributo della Fondazione Cassa di risparmio di Padova e Rovigo. Obiettivo dell’iniziativa è diffondere tra i giovani la cultura scientifica e celebrare il prestigio dell’Università di Padova, che sin dalla sua nascita ha ospitato eccellenze nel campo scientifico, a partire da Galileo Galilei.
Come ogni anno sono stati selezionati i cinque finalisti, che saranno esaminati da una giuria scientifica e una giuria di studenti universitari e delle scuole secondarie di secondo grado. La cerimonia di premiazione avverrà venerdì 18 maggio alle 11,30 nell’Aula Magna di Palazzo Bo, a Padova.

Tre le donne finaliste al Premio Galileo c’è , Gabriella Greison, appassionata animatrice, promotrice, nonchè portatrice stessa del girlpower nella Scienza! Con lei abbiamo chiacchierato, a partire dal suo Sei donne che hanno cambiato il mondo. Le grandi scienziate della fisica del XX secolo (Bollati Boringhieri, 2017).

Il suo obiettivo, in questo libro, si direbbe quello di regalare forza e motivazione a tutte quelle donne che, in qualsiasi campo o disciplina adoperino, hanno il diritto di affermarsi e di non perdere mai l’entusiasmo per quello che fanno. Questo, in una società attuale non ancora del tutto libera dallo stereotipo maschilista che tende a tenere le donne in disparte. Crede che in Italia il cammino verso una reale parificazione dei sessi in tutti gli ambiti sia ancora molto lungo?
Gli stereotipi si annidano ovunque, e appena uno si distrae un attimo, ecco che spopolano e vivono di vita propria assecondati anche da chi proprio non te lo aspetti. La cosa che mi piace parecchio della nostra epoca è che siamo in tanti a combatterli, e aumentiamo di continuo. Per le nuove generazioni sarà più facile gestirli, perché il grosso è stato fatto. Bisogna solo continuare così, e tenere gli occhi aperti. Ci sono ambienti più intaccati di altri, ma tra questi non ci sono di certo gli istituti di ricerca scientifica. Negli istituti di ricerca le battaglie, prima di noi, le hanno fatte altre donne: le sei donne che racconto nel mio saggio. Arriverà il giorno in cui non si farà più caso se in un gruppo di lavoro ci sono più donne o più uomini perché sarà normale così.
I bambini lo hanno già capito, basta andare a vedere i loro film di animazione al cinema o leggere i loro libri. Non esistono più principesse che aspettano il principe azzurro o che devono provare la scarpetta e sperare che sia del loro numero. Cose da vecchi, queste. Adesso le ragazze si muovono e scelgono in libertà, da single: sovrane dei loro sogni. I centri di ricerca scientifici, per come li vivo io, che li frequento da quando ho preso la laurea in fisica, sono dei ponti di pace, dove vivi a contatto con americani, francesi, iraniani, indiani, palestinesi, arabi, e chissenefrega la religione o l’orientamento politico o il sesso. Io nei luoghi delle mie ricerche, da Bruxelles, a Parigi, a Copenaghen, alla Svizzera, in questi luoghi, i centri di ricerca, le università, gli ambienti scientifici sono vivi, all’avanguardia, proiettati già nel futuro… futuro che noi vedremo tra un po’, ci mettiamo sempre più tempo di altri in Italia.

Marie Curie, Lise Meitner, Emmy Noether, Rosalind Franklin, Hedy Lamarr e Mileva Marić: donne che hanno rappresentato nel suo stesso immaginario di riferimento un ruolo importante, così come i modelli femminili di fantasia introdotti dalle saghe Star Trek e Guerre Stellari. Quanta importanza ha per il proprio cammino di crescita personale avere delle figure a cui ispirarsi? È uno sprone ancora vivo nelle nuove generazioni?
È fondamentale averne. E per le nuove generazioni succede lo stesso. Tanti ragazzi mi cercano dopo i miei monologhi o dopo aver letto un mio libro per dirmi esattamente questo. Le nuove generazioni sono alla ricerca disperata di miti, di idoli, che non gli arrivano certo dalla televisione o dai giornali. Ho i brividi quando penso che i ragazzi mi mandano mail in cui scrivono che vorrebbero diventare come me, che vorrebbero collaborare con me (i curriculum me li mandano veramente, come se io possa dare lavoro), che vorrebbero avere quello che vedono in me… e mi chiedono anche quando farò la prossima call, tipo ente pubblico! Ho i brividi perché sono in tanti, e non è una cosa scontata quello che fanno.
Le donne a cui io mi ispiro e mi sono sempre ispirata sono riferimenti forti, donne scienziate, e di loro sto ricamando il racconto con i miei libri e, nei teatri, con i miei monologhi, perché da fisica ho il diritto e il dovere di farlo. Racconto i fisici con i loro punti deboli, le loro paure, le loro sconfitte e le loro ripartenze, e specchiandoci nelle loro vite vedremo riflessa la parte di noi stessi di cui prenderci cura come il più prezioso dei regali della vita. Io ho nei fisici del XX secolo i miei riferimenti indiscussi, sono i miei amici immaginari, quelli che stanno sui poster in casa con cui si parla e si ragiona. È bello vivere con loro!
E le nuove generazioni, ve l’assicuro, lo sanno. Ma lo sapete che in America spopolano le classifiche in cui inserire i fisici rockstar di oggi? Io ne vado pazza, e naturalmente li seguo tutti sui social network… alcuni li conosco! Un quotidiano da noi mi ha definito la rockstar della fisica in Italia, e vi assicuro che è il riconoscimento più bello che potevano attribuirmi.

Una caratteristica che accomuna le sue sei eroine della Scienza, oltre a intelligenza, coraggio e tenacia, è quella di possedere un certo spirito creativo ed eclettico, che le fa sperimentarsi e distinguersi in diversi contesti e ruoli, come Hedy Lamarr, attrice hollywoodiana e nel contempo inventrice dell’odierno wifi o Emmy Noether, matematica ricercatrice, ma anche talentuosa insegnante e divulgatrice. E così anche lei rispecchia questa qualità poliedrica appartenente alle sue protagoniste: è scienziata, scrittrice e attrice di teatro. In che misura interagiscono, nella sua vita, questi diversi ambiti d’espressione?
Porto avanti tre progetti finora (e da settembre ci sarà una novità!): il racconto dei grandi fisici del XX secolo, in particolare parto da una foto che mi ossessiona da una vita, scattata a Bruxelles nel 1927, una fotografia che li ritrae tutti, i miei amici immaginari, ve la ricordate, no? Bene, uno per uno sto andando a trovarli tutti nelle città dove hanno vissuto, e da ciascuno faccio nascere una storia… un romanzo. E dal romanzo faccio nascere un monologo a teatro.
Il racconto – fondamentale oggi – delle donne della scienza e della fisica. Sono usciti i miei due libri “Sei donne che hanno cambiato il mondo” e “SuperDonne!”, e da questi è nato il mio monologo “Due donne ai Raggi X – Marie Curie e Hedy Lamarr, ve le racconto io”, che approfondisce molto la figura di Marie Curie.
Il “Festival della Fisica a teatro”, che ho creato quest’anno a Milano, al Teatro Menotti e che tra poco andrà anche a Roma…è un progetto itinerante (come faceva Niels Bohr!).

Chi sono le sue eroine contemporanee?
Vi dico qual è il mio sogno di questi giorni (ne ho molti, questo è uno): fare un cameo in The Big Bang Theory! Poi, la mia eroina dei tempi moderni invece è Lisa Randall, vorrei conoscerla di persona. Lei è stata la prima donna ad avere una cattedra di fisica teoria a Princeton, dove ora vive e lavora, e al Mit di Boston. Mi piace perché mostra la sua bellezza senza freni: ha fatto servizi fotografici per Vogue e Vanity Fair. Una fisica, capito?! Capite la differenza? Capite lo stereotipo, il luogo comune assurdo nel quale viviamo noi?

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