Sul corpo dei cosiddetti ‘santi’ siamo tutti d’accordo. Benedetto dalla fama di propagatore di miracoli, il santo, dopo morto, viene debitamente sezionato per entrare nel devoto – e fruttuoso – circuito delle reliquie. Ce ne sono di ogni. Dal dito al dente, dal prepuzio alla lingua all’osso – che è sempre sacro – il corpo del santo, come dire, non muore, risorge costantemente nei sacrari, nei luoghi di culto.
Si ritiene, infatti, che toccare un brandello corporeo del santissimo possa dare sanità. Sul tema, ne abbiamo già parlato, ha scritto un bel libro Mauro Orletti, per Quodlibet, Guida alle reliquie miracolose d’Italia. Eppure. Anche il corpo di chi non è esattamente un santo non muore mai. Prendiamo Adolf Hitler. Che fine ha fatto? Morto nel bunker berlinese? Scappato in Sudamerica, in Giappone, in Indocina? Il libro definitivo su La mort d’Hitler è stato pubblicato un paio di mesi fa in Francia, da Fayard, per mano di due giornalisti, il francese Jean-Christophe Brisard e la russa trapiantata negli Usa Lana Parshina, già autrice, dieci anni fa, del documentario Svetlana about Svetlana, sulla figlia di Joseph Stalin, Svetlana Iosifovna Alliluyeva, poi presentato al Festival di Cannes. Ovviamente, il libro sta facendo il giro del mondo: è prevista la traduzione in inglese (già se ne parla assai) e quella in italiano, per Ponte alle Grazie, come L’ultimo mistero di Hitler. In realtà, il libro scioglie tutti i misteri in acido.
Non ci sono enigmi intorno alla morte di Hitler, il quale non è trasvolato in Paraguay e non si è reincarnato in un ducetto africano: “possiamo affermare che Hitler è morto a Berlino in 30 aprile del 1945. Non è morto in Brasile a 95 anni né in Giappone e tanto meno sulle Ande argentine. La dimostrazione è scientifica, non ideologica. Freddamente scientifica”. E come è morto? Non con il cianuro. Ma sparandosi un colpo in testa. Pure questa, non è una novità: la sa anche chi ha visto il film La caduta, con Bruno Ganz, era il 2004. Non è una novità neppure il frammento di cranio di Hitler con il foro in mezzo: è proprio quello dello zar nazista, dicono i super esperti. Il reliquiario, francamente agghiacciante – c’è un tozzo di mandibola, alcuni denti di Eva Braun – e noto dal 2000, non è la cosa più interessante del libro.
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