Il tema appassiona e divide. Non a caso la partita rischia di creare le prime vere frizioni all’interno della maggioranza legastellata. La posta in palio è particolarmente ambita: una settantina circa di poltrone. I parlamentari interessati scalpitano. Tra i vertici del Carroccio e dei Cinque Stelle si cerca, non senza difficoltà, di chiudere l’accordo in un complesso gioco di incastri. Almeno quaranta sono i posti di sottogoverno che saranno distribuiti nei prossimi giorni, tra ruoli da sottosegretario e viceministro. E poi ci sono i ventotto incarichi per i presidenti delle commissioni permanenti. Tra Montecitorio e Palazzo Madama non si parla d’altro. Con buona pace dell’invocato cambiamento, anche nella Terza Repubblica il fascino discreto delle poltrone resta immutato.
Trovare la sintesi tra le ambizioni di tanti parlamentari e gli equilibri della maggioranza non sembra facile. Anche per questo Lega e Cinque Stelle preferiscono prendere tempo sulla squadra di governo. Il puzzle dei sottosegretari sarà risolto solo la prossima settimana, assicurano. Sicuramente bisognerà attendere il ritorno del premier Giuseppe Conte dal G7 del Canada. E la prima conseguenza è il ritardo nella formazione delle commissioni permanenti in Parlamento. Ieri il presidente della Camera Roberto Fico ha sollecitato i presidenti dei gruppi a indicare i componenti delle singole commissioni. È il passaggio che avvierà finalmente i lavori della nuova legislatura. «Meno male che dicevano di non essere interessati alle poltrone – ironizzava ieri sera il capogruppo di LeU Federico Fornaro – Intanto i riti della vecchia Repubblica fanno perdere ancora un’altra settimana e siamo già a oltre cento giorni che il Parlamento non funziona».
Gli incarichi da assegnare sono numerosi. Solo la squadra di governo prevede altre 43 nomine. Ai Cinque Stelle dovrebbero spettare venti posti da sottosegretario e cinque viceministri. Alla Lega le restanti diciotto caselle. Nel frattempo è in corso un acceso confronto sulla spartizione dei ruoli, non sempre privo di tensioni. Nulla di sorprendente. L’assegnazione delle singole deleghe deciderà gli equilibri del nuovo esecutivo. In alcuni casi la partita rischia già di creare qualche problema alla tenuta della maggioranza. È il caso, tra i tanti, della delega alle Telecomunicazioni. Il ministro dello Sviluppo Economico, Lavoro e Politiche sociali Luigi Di Maio, capo politico dei Cinque Stelle, vorrebbe tenere l’incarico. Ma dalla Lega c’è chi rivendica il ruolo. Le indiscrezioni portano ad Armando Siri, già ideologo della flat tax e in corsa per un ruolo da viceministro al Mise. Al centro della vicenda resta un tema delicato, che per ovvi motivi viene monitorato con attenzione anche dal leader di Forza Italia Silvio Berlusconi.
La delega alle Telecomunicazioni sta già creando i primi contrasti. Il ministro dello Sviluppo Economico Luigi Di Maio vorrebbe tenere l’incarico. Ma dalla Lega c’è chi rivendica il ruolo. Le indiscrezioni portano ad Armando Siri, già ideologo della flat tax e in corsa per un ruolo da viceministro al Mise. Al centro della vicenda resta un tema delicato, monitorato con attenzione anche dal leader di Forza Italia Silvio Berlusconi
Intanto il sottogoverno diventa terreno di caccia. In Parlamento si dice che il leghista Edoardo Rixi andrà al ministero dei Trasporti, mentre il collega del Carroccio Nicola Molteni sarà dirottato alla Giustizia. In alternativa seguirà il leader Salvini al Viminale. Per la grillina Laura Castelli, assicurano, è pronto un posto da viceministro all’Economia. Non sfugge che la grillina è l’unica donna ad aver partecipato da protagonista alle riunioni per la stesura del contratto di governo. Ma a via XX settembre, con ogni probabilità, dovrebbe finire anche un leghista tra Alberto Bagnai e Claudio Borghi. I due economisti del Carroccio critici verso la moneta unica. In ogni dicastero si studiano pesi e contrappesi. Lega e Cinque Stelle provano a controllare e bilanciare il ruolo dell’ingombrante alleato. La soluzione del rebus è complicata. Rientra in quest’ottica anche il trasferimento dell’ambita delega al Turismo dal ministero della Cultura a quello dell’Agricoltura, guidato dal leghista Gian Marco Centinaio. Alcuni nomi saranno ripescati dalla squadra di governo presentata dai grillini prima delle ultime elezioni. Potrebbero rientrare nella partita Emanuela Del Re agli Esteri – legata alla titolare della Difesa Elisabetta Trenta per la comune collaborazione con la Link Campus University – e l’ex docente universitario Lorenzo Fioramonti, prossimo allo Sviluppo Economico. Potrebbe ottenere una poltrona al ministero dei Trasporti anche il senatore grillino Andrea Cioffi. Ingegnere, un paio di anni fa è stato lui a suggerire a Virginia Raggi il progetto di una funivia per decongestionare il traffico romano.
Tra i temi più delicati resta l’Intelligence. Al momento il premier Giuseppe Conte ha deciso di tenere le deleghe. In alternativa, si era ipotizzato nei giorni scorsi, sarebbe toccato al grillino Vito Crimi. In ogni caso il capitolo non sarà affidato alla Lega Nord, che con Matteo Salvini già controlla il Viminale. La partita è evidentemente più complessa: si intreccia con l’imminente scadenza di Mario Parente, il direttore dell’Agenzia informazioni e sicurezza interna. E arriva fino alle attese nomine parlamentari. Non sfugge che la presidenza del Copasir – la commissione sui servizi segreti – è una delle poche a spettare di diritto ai partiti di opposizione. Le ipotesi più concrete hanno attribuito la poltrona al Pd Lorenzo Guerini. Anche se nelle ultime ore, dalla maggioranza, qualcuno sta pensando di offrire l’incarico a Fratelli d’Italia. L’altra commissione in quota alle minoranze è la Vigilanza Rai. In questo caso gli indizi portano a Forza Italia, che potrebbe essere rappresentata dai senatori Maurizio Gasparri o Paolo Romani. Ma le poltrone da assegnare non mancano. Solo le presidenze delle commissioni permanenti sono ventotto. In lizza, ancora una volta, ci sono i principali esponenti legastellati che non hanno trovato posto al governo. Se non dovessero rientrare nella partita ministeriale, si parla dei grillini Vittorio Ferraresi, Luca Frusone e Manlio di Stefano per la guida delle commissioni Giustizia, Difesa e Affari Esteri di Montecitorio. Chi è in corsa per un incarico freme. Raccontano che l’altra sera Luigi Di Maio, di fronte all’ennesima autocandidatura, sia sbottato: «Qualcuno dovrà pure fare il parlamentare». Tra una settimana sarà tutto più chiaro. Anche perché nelle prossime ore il governo si prepara ad affrontare un’altra priorità: il G7 canadese di Charlevoix. È la prima prova internazionale del premier Giuseppe Conte. E non sarà una passeggiata.