Il poeta della beat generation: «Giovani italiani, siete già comunisti. Svegliatevi! E rovesciate il sistema»

Secondo il poeta americano Jack Hirschman è tempo che si torni a parlare di classe. «La mia poesia serve a cambiare il mondo.» Pasolini? «La sua morte è la più grande tragedia della poesia del 900». Ferlinghetti e Ginsberg? «Borghesi»

«Non date retta ai miliardari, lasciate perdere le parole delle destre e dei fascisti. Il mio compito è spiegarvi, farvi capire, che siete già comunisti». Lo dice, tra una risata sorniona e l’altra, il poeta americano Jack Hirschman, a margine del suo recital per la Notte dei Lettori 2018 a Udine.

Grande vecchio della poesia comunista americana, Hirschman ha frequentato i maggiori poeti della beat generation: Ferlinghetti, Kaufman e Allen Ginsberg erano tutti suoi amici. Le sue posizioni contestatrici gli sono costate il posto di professore alla UCLA, quando per evitare ai suoi studenti di finire in Vietnam dava a tutti il voto massimo, cioè A. Nel frattempo non ha mai smesso di scrivere, pubblicando più di 100 opere (in Italia edite da Multimedia edizioni) e continua la sua azione poetica-civilizzatrice. “Io sono comunista e americano. Le mie poesie sono opere di civiltà. Per me sono uno strumento per cambiare il mondo”.

Ma funzionano?
Sì. Io sono sono membro delle Brigate Rivoluzionarie dei Poeti, nate nel 2009. All’epoca eravamo solo in quattro. Ora se ne contano 15: cinque sono negli Usa, due in Francia e sette – ben sette – in Italia. L’ultima si è formata a Pesaro, in prigione, e hanno pubblicato un’antologia di poesie. È importante che sia successo in prigione, e non è un caso: in questo mondo in cui tutto è fascismo, le prigioni sono la vera università.

Le università tradizionali non sono più quelle “vere”?
No, ormai si sono conformate al sistema del mondo corporativo. Lo appoggiano, lo sostengono e lo accettano. E la politica si fa forte di questo.

Lei aveva contestato gli altri poeti della cosiddetta “beat” generation, li aveva definiti “borghesi”.
Capiamoci un secondo. Quando andavo all’università io ero al City College di New York, che era quello frequentato dai poveri. Loro, cioè Allen Ginsberg, Jack Kerouac, Lawrence Ferlinghetti e gli altri erano alla Columbia University, che era l’università più importante di tutti gli Usa. Alcuni provenivano anche da famiglie molto ricche. Ecco, in questo erano borghesi.

Io credo che la più grande tragedia della poesia del XX secolo sia stata l’assassinio di Pasolini. Dopo di lui c’è un vuoto enorme, un buco gigantesco

Non nel loro modo di fare poesia.
No, almeno in un senso particolare: Kerouac, per esempio, prima che si rovinasse con gli spinelli, aveva capito il jazz. Ne aveva colto il ritmo. Lui e Ginsberg coglievano i tempi e li raccontavano: erano come delle antenne. Quando è uscito Howl, nel 1956, la battaglia contro la segregazione trova la vittoria alla Corte Suprema. Non è un caso. Quando esce On the Road, nel 1957, Martin Luther King diventa un leader riconosciuto in tutto il Paese. Nemmeno questo è un caso.

È in questo senso che non sono borghesi.
Esatto. Non lo sono – o meglio, non lo erano – nella loro relazione con la società. Anche voi italiani avete avuto un poeta gigantesco che sapeva capire la società.

Chi?
Pier Paolo Pasolini. Io credo che la più grande tragedia della poesia del XX secolo sia stata il suo assassinio. Dopo Pasolini c’è un vuoto enorme, un buco gigantesco. Tanti in Usa lo conoscevano per i suoi film, ma lui era un poeta fino in fondo. Il cinema del resto è stata una continuazione della poesia con forme espressive diverse. La sua morte è stata una grande tragedia.

Dopo di lui allora chi potrebbe svolgere il suo ruolo di poeta civile, oggi?
Io (ride). Me lo consenta, mi faccio un po’ di pubblicità.

Lei poi si è interessato molto ai movimenti radicali e artistici afroamericani. In questo senso, come ha vissuto la presidenza Obama?
Come tanti: all’inizio ero contento dell’elezione di un presidente nero. Ma poi Obama ha fatto, come tutti i suoi predecessori, tutto ciò che non doveva fare. Deportazioni, imprigionamenti, salvataggi di corporation. Insomma, ha mantenuto il sistema.

L’importante è ricordarsi che le destre mentono: sempre

Figurarsi con l’attuale presidente.
Quello? Lui è direttamente un fascista. È un miliardario che non si occupa della gente. State attenti, non credete a quello che dice, è una reception, una menzogna. È importante: le persone non devono credere a una parola di quell’uomo, perché è sempre falsa.

Gli americani però ci hanno creduto e lo hanno votato, e ci credono ancora.
Le persone gli credono perché sono stupide (ride)

E l’Italia come la vede?
È una situazione pessima. Ci sono tanti giovani che sono poveri. Tanti giovani che non hanno un lavoro. Gli danno un computer per tenerli distratti. Il mio obiettivo allora è di parlare con loro, di educarli, di insegnare loro che sono comunisti.

Comunisti?
Sì, i giovani italiani sono già comunisti. Non parlano più di logica di “classe” perché hanno insegnato loro a non esprimersi più in quel modo. Ma ci sono dentro in pieno. Ecco, devono sapere che sono comunisti: devono chiedere, e combattere, una redistribuzione della ricchezza, che vada in parte anche a loro.

Oggi però sembrano più attirati dalle destre che dalla sinistra.
Il fascismo lo avete già conosciuto, se ne andrà anche questo. L’importante è ricordarsi che le destre mentono: sempre.

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