Nel nuovo governo gialloverde, la Lega di sicuro ha vinto già una battaglia: quella del ministero della Famiglia e della disabilità. Affidato a Lorenzo Fontana, il ministro più a destra del nuovo esecutivo Lega-5S: frequentatore di convegni anti-gay, fervente cattolico, sostenitore di movimenti pro-life e contrario alle teorie del gender. Con una sola mossa, Matteo Salvini ha mangiato l’anima vicina al mondo Lgbt dei Cinque stelle, che solo qualche mese fa erano pronti invece a mettere allo stesso posto Vincenzo Spadafora, responsabile per le relazioni istituzionali di Di Maio, il quale da Garante dell’infanzia si era invece espresso anche a favore delle adozioni da parte di coppie omogenitoriali. È su questa poltrona apparentemente innocua che potrebbe venire fuori una delle grandi contraddizioni dell’esecutivo pentaleghista, che dal suo contratto ha eliminato ogni riferimento ai diritti civili.
Le associazioni arcobaleno italiane sono tutte in allerta. «Da far tremare i polsi alla comunità Lgbt nazionale», scrive Gay.it. Il 38enne neoministro Fontana, che è anche vicesindaco di Verona e vicesegretario federale della Lega, è un leghista di ferro. Già a 16 anni masticava indipendenza, autonomia e Alberto Da Giussano, come lui stesso racconta. Poi a 29 anni è arrivato al Parlamento europeo, rieletto nel 2014 quando la Lega celebra l’alleanza a Strasburgo con il Front National di Marine Le Pen, che lui stesso si vanta di aver contribuito a stringere. Fedelissimo di Matteo Salvini, che gli ha fatto anche da testimone di matrimonio, è molto legato all’associazione Pro Vita Onlus, quella che ha recentemente tappezzato il Paese con i manifesti anti-aborto, vicina a Forza Nuova, presieduta da Toni Brandi. Uno che a La Zanzara ha dichiarato che «i gay hanno tendenze pedofile, rompono i coglioni e possono essere curati».
Quando nel 2014 Fontana contesta il patrocinio concesso dalla Regione Lombardia al Gay Pride grazie al voto di un leghista, sul sito di Pro Vita appare subito una dichiarazione di Fontana: «Per la Lega Nord la famiglia è una sola: uomo, donna e figli». Per poi assicurare «provvedimenti» contro qualunque leghista osasse esprimere opinioni a sostegno dei diritti gay. Il neoministro anche se l’è presa con il tribunale di Firenze, quando riconobbe l’adozione per due coppie di padri omosessuali. E con l’Unar, accusandolo di promuovere la teoria del gender nelle scuole.
Per la Lega Nord la famiglia è una sola: uomo, donna e figli
Fontana era presente anche al primo “Festival per la vita” organizzato lo scorso febbraio a Verona da Pro Vita. E con Giancarlo Giorgetti e Simone Pillon ha partecipato alla “Marcia per la vita” organizzata il 19 maggio a Roma per l’abrogazione della legge 194 sull’aborto. Nel suo curriculum ha anche l’opposizione alla “Relazione Lunaceck” all’Europarlamento, sostenendo che «apre alle nozze gay» e «considera omofobo chi si batte per la famiglia tradizionale». Oltre che la partecipazione a diversi comizi e convegni organizzati da Alexey Komov, presidente della Fondazione San Basilio di Mosca e rappresentante russo del World Congress of families. E proprio quellala Russia dell’amico Alexey per Fontana è «l’esempio che l’indirizzo ideologico e culturale in una società si può cambiare».
Dall’ipotesi Spadafora al ministero della Famiglia a Fontana, insomma, il ribaltone è fatto. Quando si era paventato il nome del braccio destro di Di Maio nell’elenco dei ministri ombra presentati al Quirinale, il Comitato per la vita italiano era subito insorto. Napoletano anche lui, ex Unicef, già segretario di Alfonso Pecoraro Scanio e capo di gabinetto di Rutelli, è l’anima gay friendly del movimento. Ma alla fine nella email inviata a Mattarella Spadafora è scomparso a sorpresa dall’elenco. E in effetti nel programma pentastellato i diritti civili e la questione Lgbt erano completamente assenti, nonostante le ipotesi retrosceniste della presenza di una potente lobby gay all’interno del Movimento. Eppure all’avvio della campagna elettorale “Italia a Cinque stelle” nelle piazze era comparso uno striscione che recitava “stesso amore, stessi diritti” su sfondo arcobaleno.
Morto uno striscione, si sa, ora se ne fa un altro. E i Cinque stelle, che pure avevano fatto un passo di lato dando libertà di coscienza ai deputati sulla stepchild adoption nelle unioni civili, siederanno ora al governo con il ministro meno gay friendly che potessero aspettarsi. Il tutto mentre qualche mese fa la sindaca Cinque stelle di Torino Chiara Appendino ha registrato per la prima volta all’anagrafe gli atti di nascita dei figli di tre coppie omogenitoriali.
Di contraddizioni si muore. D’altronde questo nuovo governo ha abolito pure il ministero per le Pari opportunità.