«Avrò l’onore di incontrare il Papa questa settimana. È motivo di grande gioia». Nella fitta agenda del ministro Matteo Salvini mancava giusto la visita alla Santa Sede. Il leader della Lega Nord ormai è ovunque e parla con chiunque. Il vicepremier è il protagonista assoluto della nuova fase politica, con tanti saluti all’alleato grillino Luigi Di Maio e allo sconosciuto presidente del Consiglio Giuseppe Conte, definitivamente relegato in secondo piano. Il dibattito pubblico ruota intorno a Salvini. È lui il volto e la voce del governo appena insediato. Con slogan e frasi a effetto monopolizza l’attenzione di giornali e tv. È in campagna elettorale permanente. Inarrestabile. Secondo le notizie ufficiali il leghista è il ministro dell’Interno, in realtà dichiara come se fosse il titolare anche di tutti gli altri dicasteri. Il censimento sui rom è solo l’ultima provocazione. Nel frattempo il vicepremier parla di flat tax e dello stadio della Roma, propone riforme del codice penale e immagina l’introduzione di nuovi dazi. Soprattutto, interviene a gamba tesa in politica estera. In sole due settimane Salvini ha riposizionato l’Italia sullo scacchiere internazionale. Dopo aver avvicinato il Paese alla Russia di Putin, ha inaugurato nuovi canali con l’Austria e l’Ungheria di Sebastian Kurz e Viktor Orban. Nel frattempo è riuscito ad aprire almeno tre crisi diplomatiche, facendo infuriare rispettivamente Francia, Malta e Tunisia. Protagonista è dire poco.
Alle elezioni ha preso il 17 per cento, ma si comporta come se avesse la maggioranza assoluta. L’obiettivo è chiaro e legittimo. Approfittando delle sue capacità comunicative,Salvinista rafforzando la propria leadership. Aiutato dall’inconsistenza dei grillini, in pochi giorni ha letteralmente rubato la scena all’alleato Di Maio. Appena il momento sarà propizio, passerà all’incasso
La vicenda dei migranti e le polemiche sulla nave Acquarius sono solo la conferma del nuovo ruolo. Per blindare i nostri confini, Salvini si è attribuito le competenze di almeno altri due ministri. Prima, prendendo le veci del titolare delle Infrastrutture, ha deciso di chiudere i porti alle navi Ong. Poi si è improvvisato ministro della Difesa e ha immaginato un nuovo dislocamento della nostra Marina militare nel Mediterraneo. «Chiederò ai colleghi di tenere i nostri uomini e le nostre navi più vicini alle nostre coste», ha spiegato ieri al Giornale. Di fatto, è il vero responsabile del governo del cambiamento. Uno, nessuno e centomila. Salvini è il titolare di quasi ogni incarico. Ieri, per poche ore, ha persino assunto il ruolo di ministro per il Turismo. Dagli studi di Telelombardia ha lanciato un appello ai connazionali che si apprestano ad andare in ferie. «Fate le vacanze in Italia. Abbiamo il mare e le montagne più belli del mondo, non è necessario fare migliaia di chilometri per stare bene». Un po’ ministro degli Esteri, un po’ responsabile dell’Economia, a breve il leader leghista sarà in Nordafrica per incontrare il leader libico al-Sarraj. «Andrò presto in Libia per parlare con lui – rivela al Messaggero – Un nostro intervento, con la Nato, è utile: per la lotta al terrorismo, ma anche per non parlare solo di migranti e barconi. Ma di economia e business, di cultura e politica». Gli elettori leghisti saranno contenti di sapere che Salvini ci rappresenterà anche nella prossima visita istituzionale in Egitto. Del resto il vicepremier segue da vicino pure i dossier sul commercio internazionale. «La verità è che abbiamo finito di fare gli zerbini», ha spiegato pochi giorni fa in un’intervista al Corriere. L’ennesima. «Dopo le navi delle Ong potremmo fermare anche quelle che arrivano nei nostri porti cariche di riso cambogiano». A volte l’egocentrismo rischia di diventare patologia. Intanto torna il vecchio sogno leghista dei dazi. Seguendo la linea Trump, il vicepremier spiega che l’Italia è pronta a introdurre nuovi paletti per le importazioni di carne, agrumi, pescato e giocattoli. Salvini passa da un dicastero all’altro. In un attimo si sposta dallo Sviluppo Economico alla Difesa per proteggere i due marò. A ottobre si aprirà l’arbitrato internazionale sulla vicenda dell’Enrica Lexie. «Starò vicino ai due fucilieri», ha spiegato due giorni fa. «Chiunque indossi una divisa sappia che non è solo».
«Avrò l’onore di incontrare il Papa questa settimana. È motivo di grande gioia». Nella fitta agenda del ministro Matteo Salvini mancava giusto la visita alla Santa Sede. Il leader della Lega Nord ormai è ovunque e parla con chiunque. Il vicepremier è il protagonista assoluto della nuova fase politica, con tanti saluti all’alleato grillino Luigi Di Maio e allo sconosciuto presidente del Consiglio Giuseppe Conte
Salvini si rivolge a tutti gli italiani. I temi legati al Viminale rappresentano ovviamente una priorità: l’ultima decisione di avviare un censimento sui rom ha sollevato l’atteso polverone. Ma il vicepremier non si limita alle proprie competenze ministeriali. Parla da guardasigilli quando propone nuove norme sulla legittima difesa, da titolare dell’Economia quando rilancia un nuovo sistema fiscale e lo stop al tetto sul contante. Alle elezioni ha preso il 17 per cento, ma si comporta come se avesse la maggioranza assoluta. L’obiettivo è chiaro e legittimo. Approfittando delle sue capacità comunicative, il leader del Carroccio sta rafforzando la propria leadership. Aiutato dall’inconsistenza dei grillini, in pochi giorni ha letteralmente rubato la scena all’alleato Di Maio. Nel frattempo Salvini prova ad allargare il consenso nell’elettorato di centrodestra. Appena il momento sarà propizio, passerà all’incasso. Non è un caso se ieri un sondaggio SWG ha certificato, per la prima volta, il sorpasso della Lega sui Cinque Stelle. Il Carroccio sarebbe ormai al 29,2 per cento, contro il 29 per cento dei grillini. Con un’ardita metafora zoologica, pochi giorni fa Luigi Bisignani ha scritto sul Tempo: «Matteo Salvini, come un leone nella savana, fiuta l’aria e prepara il prossimo attacco per conquistare sempre più territorio». Non c’è niente di male, sia chiaro. La politica è anche questo. Eppure il leghista preferisce respingere questa lettura. Dichiara lealtà agli alleati finiti in secondo piano. «Ho capito, d’ora in poi dichiarerò di meno», risponde ironico al Messaggero. «Certo, la mia sovraesposizione è dovuta al tema dell’immigrazione che ora è centrale. Quando si parlerà di lavoro, ambiente, trasporti e giustizia, il Movimento Cinque Stelle sarà più coinvolto». I grillini ci sperano davvero.