La rappresentazione del nostro mondo è un fallo. Un ca**o. Un ca**o immenso. In mezzo alla piazza. Definitivo. Pauroso. C’è chi lo vuole conquistare – chi lo vuole distruggere. In effetti, siamo tornati ai primordi – il dio è adorato per la sua capacità spermatica di creare. Solo che la ‘cultura’, in un mondo diviso tra chi fotte e chi è fottuto, ci fotte.
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Ancora il sesso? Certo. Sempre e soltanto. La priorità del corpo nel tempo della totale astrazione – dal baratto, dalla ‘cosa’ al denaro, alla carta magnetica; dal viso allo schermo, dal dialogo a WhatsApp. Più lo smagnetizzi, più il corpo esplode.
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Adam Kirsch è un sagace critico letterario, il suo libro più importante si intitola The Global Novel: Writing the World in the 21st Century. Kirsch svolge una imponente attività sui maggiori quotidiani americani: sul New York Times, qualche giorno fa, ha scritto un articolo piuttosto interessante, A French Novelist Imagined Sexual Dystopia. Now It’s Arrived. In copertina, uno scarmigliato – e un po’ pervertito, forse per ‘reggere la parte’ – Michel Houellebecq vi fissa.
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Kirsch parte dal massacro ordito da Alek Minassian a Toronto, il 23 aprile scorso. “Quando Alek Minassian ha guidato il suo furgone su un marciapiede di Toronto, in aprile, uccidendo dieci persone, si è insediato nella lista sempre crescente di giovani assassini di massa maschi. Su internet il ragazzo ha lasciato una scia di messaggi che suggeriscono come la sua azione sia connessa al suo stato di incel”. La tesi di Kirsch è semplice: quell’assassinio di massa – come altri, simili – è stato profetizzato da Houellebecq fin dal suo primo romanzo, Estensione del dominio della lotta, nel 1994, 25 anni fa. Come sempre, però, nessuno si piglia la briga di ascoltare lo scrittore, che ora, dice Kirsch, va letto, a ritroso, troppo tardi.
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