All’ultimo momento è rimasta sull’uscio del governo. Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia, il giorno della formazione dell’esecutivo pentaleghista aveva annullato tutti gli appuntamenti già fissati ed era pronta a entrare in squadra con l’appoggio di Matteo Salvini. Ma poi i Cinque Stelle hanno chiuso la porta ed è rimasta fuori. Nonostante molti dei punti del suo programma, dalla battaglia all’ideologia gender alla lotta agli immigrati, fossero in linea con quelli leghisti. Ma a Giorgia Meloni non è rimasto che tuonare da destra con le sue “roboanti” proposte, dalle magliette azzurre contro quelle rosse all’abolizione del reato di tortura. In una posizione oggettivamente difficile, visto che lo spazio di manovra è lo stesso già occupato (eccome) dallo strabordante Salvini. Tanto che in molti da FdI, raccontano le cronache politiche, stanno facendo già un salto “dentro”, con la transumanza verso il Carroccio.
Ma Giorgia Meloni, promessa della destra italiana, sconfitta nella corsa al Campidoglio da Virginia Raggi, da più giovane (ex) ministra della Repubblica (nel quarto governo Berlusconi), anche se perde pezzi continua a provarci. Pena: il pericolo di cadere nel dimenticatoio, soprattutto in vista delle elezioni europee del 2019 e dell’avanzata dell’internazionale sovranista, con la Lega che stringe nuove alleanze dalla Germania all’Austria. La sua ultima aspirazione è quella di occupare la presidenza del Copasir: un’idea che, però, avrebbe già fatto storcere il naso al presidente della Repubblica.
Onnipresente sui social – pure con qualche filtro di troppo – Meloni continua a pubblicare i video in cui dice la sua e a rilanciare storie di immigrati con l’hashtag #Tolleranzazero. Ha appena dato dell’“ubriacone” a Juncker e se l’è presa con il presidente dell’Inps Tito Boeri.
Il 13 luglio a Roma ha riunito i 200 amministratori locali di FdI, tutti in polo azzurra, con il claim “È sempre più blu” (se solo lo sapesse Rino Gaetano). Un tentativo per ricompattare le fila del partito. È stata lei, con un video sui social, a proporre di indossare la maglietta blu come forma di solidarietà per gli italiani che vivono sotto la soglia di povertà, in contrapposizione alla protesta delle magliette rosse per le morti dei migranti nel Mediterraneo, fomentata – parole della Meloni – dai radical chic con il Rolex e l’attico a New York (dopo la foto pubblicata sui social qualcuno l’ha paragonata anche a un manga). Anche Salvini ha criticato le magliette rosse, ma Meloni ha voluto fare di più, proponendo un contro-outfit. Come quelli che si mettono in punta di piedi per le foto di gruppo, ma poi non si vedono lo stesso. In effetti le sue magliette blu hanno tutt’altro che spopolato, se non tra quelli (neanche tutti) che sedevano nel congressino degli amministratori locali di FdI. Pochi, a dir la verità, visto che nelle ultime amministrative di giugno il partito ha dimezzato il 4% delle politiche.
Ci prova Meloni, a intestarsi le battaglie di destra. Ma, con Salvini così forte, non è facile. E se il ministro dell’Interno ha focalizzato le sue uscite su sbarchi e immigrati, Meloni cerca di comunque ritagliarsi il suo spazio, anche se le carte che le restano sono quelle meno “buone”. Le sue ultime due proposte riguardano l’abrogazione della legge che nella scorsa legislatura ha introdotto il reato di tortura e l’aumento delle pene per i reati di minaccia e resistenza a pubblico ufficiale. Il tentativo, di scuola salviniana, è quello di creare le emergenze, anche laddove non esistono. «Siamo di fronte a un’emergenza», ha detto il deputato di FdI Edmondo Cirielli. «Negli ultimi anni le aggressioni ai danni delle forze dell’ordine sono aumentate in modo impressionante». Ma la questione non ha scaldato i cuori.
E dopo che l’ufficio di presidenza della Camera ha approvato l’abolizione dei vitalizi per gli ex deputati, con i Cinque Stelle che facevano “Bye Bye” e stappavano lo spumante in piazza, Meloni ha subito ricordato con un video che la proposta l’aveva fatta lei per prima, nel 2013. Ma «sono molto contenta che oggi quella proposta che era stata nostra sia di tutti», ha aggiunto. Nessun ringraziamento pervenuto dai grillini al governo. Nella stessa giornata in cui sono volati i primi ceffoni della legislatura alla Camera proprio tra i deputati di FdI e quelli della Lega.
Tra le sue iniziative da destra – lo ricorda lei stessa – c’è anche la richiesta di discutere nella commissione d’inchiesta sui diritti umani del genocidio dei cristiani nel mondo e l’inserimento delle mafie straniere nell’oggetto di studio della commissione antimafia. Ma dal governo non sembrano voler sentire la sua voce. «Noi diamo la nostra disponibilità a dare una mano al governo sulle questioni per cui siamo stati votati, purtroppo registriamo una chiusura su alcune nostre proposte», ha detto Meloni. «Sono chiusure inspiegabili». La porta non si apre. Non restano che i social, ai quali Giorgia Meloni affiderà la prossima battaglia di destra. Anche se sarà dura: Matteo Salvini su Facebook la sorpassa con quasi 2 milioni di follower in più.