Il club bianconero ha da anni il più alto fatturato in Italia, ma è ancora distante dalle altre big d’Europa. L’obiettivo della Vecchia Signora è sedere al tavolo dei top club una volta per tutte. E per farlo, ha bisogno dell’acquisto più grande. Se riesce a superare lo stress test dell’arrivo di un giocatore molto costoso e sopra i 30 anni d’età, è fatta.
Comprare un giocatore di calcio è sempre un investimento. Se ti va bene, lo puoi rivendere a un prezzo maggiore di quello acquistato, mettendo soldi freschi in cassa e iscrivendo a bilancio una plusvalenza. Se ti va male, lo rivendi a un prezzo minore di quello pagato, recuperi qualche banconota da mettere in cassa ma nel bilancio devi iscrivere una minusvalenza. Perchè si sa: un investimento è un rischio, così che si cerca di ovviare al problema comprando un giocatore giovane. Secondo le carriere medie di un giocatore professionista, l’apice della crescita di ogni singolo calciatore viene raggiunto attorno ai 28 anni, per poi andare incontro ad un naturale declino. Lo spiega bene anche uno dei manuali più letti dagli appassionati del genere calcio ed economia, “Soccernomics”, dove è teorizzato dati alla mano che i giocatori “vecchi” è meglio di no.
Considerato solo il discorso di cui sopra, acquistare Cristiano Ronaldo rappresenta certo un’opportunità, ma anche un bel rischio. Se fossimo nel poker, sarebbe un all-in: puntare tutto al tavolo delle grandi d’Europa, per continuare a starvi seduti, con un prestigio ancora maggiore. Ma la Juve questo rischio può sostenerlo?
Cristiano Ronaldo ha 33 anni e secondo la clausola di risoluzione fissata dal Real Madrid per liberarlo occorrono molte banconote, tante quante ne bastano a formare un malloppo da 100 milioni di euro (il presidente madrileno Perez dice che di milioni ne servono 1000, magari per arrivare a 20 milioni in più da spillare rispetto alla clausola stessa). Oltre al costo del cartellino – o della clausola, in questo caso – per capire quanto costa un giocatore va calcolato lo stipendio, al netto delle tasse. Secondo i giornali ben informati, Cristiano per meno 30 milioni non si farebbe nemmeno vedere dalle parti dell’aeroporto di Caselle.
Considerato solo il discorso di cui sopra, acquistare Cristiano Ronaldo rappresenta certo un’opportunità, ma anche un bel rischio. Se fossimo nel poker, sarebbe un all-in: puntare tutto al tavolo delle grandi d’Europa, per continuare a starvi seduti, con un prestigio ancora maggiore. Ma la Juve questo rischio può sostenerlo?
Ora, entra in gioco un altro fattore: il cosiddetto ammortamento. Lo abbiamo letto tutti, anche solo nelle disamine del bar sport di Twitter: si tratta di calcolare cioè quanto “pesa” ogni anno di contratto sul bilancio il costo sostenuto per l’acquisto della stella in questione. Va dunque da sé che ad un club conviene in termini di ammortamento proporre un contratto che vada sopra i tre anni, per diluire in più tempo il peso del cartellino. Per un giocatore dell’età di Cristiano, però, è difficile prevedere un quinquennale: quattro anni sembra l’opzione migliore. Dunque ogni anno CR7 pesa per 25 milioni di euro, ritenendo che la Juve paghi la clausola di 100 milioni e non entri in trattativa rischiando di pagare di più. A questi vanno aggiunti i soldi dell’ingaggio: 30 milioni netti all’anno, che diventano praticamente il doppio con le tasse. Dunque si parte da una base minima di 85 milioni di euro di peso a bilancio all’anno.
Ora, sempre “Soccernomics” afferma che sì, esiste spesso e volentieri una proporzionalità diretta tra il monte stipendi di un club e i suoi risultati: più spendono per le buste paga, più vincono. E grazie, si direbbe. Il discorso però va esteso: i club non investono solo per vincere un trofeo, ma per fare sì che la squadra stessa sia appetita dai grandi campioni, attirati da un ragionamento semplicissimo: se pagano tanto per quello lì, io posso prendere almeno un milione in più (netto) di quanti me ne danno qui e ora. Dunque i grandi sodalizi spendono, cioè investono, per salire di livello e stare nel novero dei “top club”. Per spendere, però, devono stare attenti a non scoprirsi troppo. Per questo, il parametro che negli ultimi anni definisce il potere di una squadra è il mitico fatturato. La Juve è oggi dove un altro top club europeo era non meno di un triennio fa, ovvero sul traguardo dei 500 milioni di euro di ricavi tra stadio, tv, merchandising e proventi dal calciomercato. Non male, ma al momento le altre locomotive del calcio europeo viaggiano a ritmi assai sostenuti. Escludendo i proventi da mercato, i dati Deloitte dicono che il Manchester United lo scorso anno ha fatturato 676 milioni di euro, due soli in più del Real Madrid. La Juve nel 2017 ha raggiunto i 409 milioni di ricavi, ai quali vanno aggiunti i proventi da mercato, di ben 151 milioni di euro (vedi alla voce Pogba), per un valore complessivo di 560 milioni di euro.
La Juve è oggi dove un altro top club europeo era non meno di un triennio fa, ovvero sul traguardo dei 500 milioni di euro di ricavi tra stadio, tv, merchandising e proventi dal calciomercato. Non male, ma al momento le altre locomotive del calcio europeo viaggiano a ritmi assai sostenuti
Dunque il rischio c’è, ma la Juve ha la base per potersi quantomeno sedere al tavolo con il Real e chiedere CR7 senza sentire in risposta una sonora risata. Vero è che di cessioni come quelle di Pogba non se ne realizzano tutti gli anni, ma la capacità di generare introiti è stata dimostrata negli anni. Si tratta di fondamenta sulle quali costruire il discorso successivo, cioè quello legato al futuro sostenibile del club. Se non vendi un Pogba all’anno, hai comunque voci capaci di crescere: i ricavi da stadio sono stati di 57 milioni di euro nel 2017, contro i 43 del 2014, complice quella Champions che ha anche ingrossato i diritti tv da 150 a 230 milioni di euro a bilancio. Una crescita che potrebbe anche bastare per sopportare il peso di Cristiano. Ma lui non gioca da solo (anche se a volte sembra di sì) e il suo arrivo indica maggiori costi per un club che per il proprio mantenimento ha sborsato 400 milioni di euro, tra ingaggi e spese varie. Attenzione: a questi costi vanno aggiunti anche quelli per l’acquisto del materiale tecnico da vendere nei propri store, visto che la Juve ha un contratto con Adidas che prevede la gestione diretta del merchandising da parte del club, che così ha potuto incassare 19 milioni di euro in più. La Juve dovrà per forza fare leva su questa voce, considerando che dovrà molto probabilmente cavarsela da sola: Cristiano è uomo Nike e Adidas non farebbe i salti di gioia, senza nemmeno ritoccare chissà di quanto l’attuale contratto con i bianconeri. Così come non è detto che gli altri principali sponsor decidano di andare al rialzo.
Ecco perché la Juve dovrà ancora puntare sulle plusvalenze in sede di cessione, per coprire il peso di CR7 ma anche di Cancelo (40 milioni di euro spesi per 5 anni di contratto), Costa (riscattato a 40 milioni, 4 anni di contratto rimasti), Emre Can (a parametro 0 ma con 16 milioni di oneri accessori e 4 anni di contratto) e Perin (12 milioni, 5 anni di contratto). E se dovesse andare male – difficile, Cristiano a 33 anni è praticamente una macchina perfetta, ma può succedere – la Juve si troverebbe a gestire una rischiosa minusvalenza. Il rischio che si corre, se si vuole fare un altro passo, quello decisivo, verso la lista ristretta dei grandi assoluti.