Orban ha vinto: i nazionalisti stanno già dominando l’Europa

Austria e Germania si scontrano per il controllo dei confini. La politica nazionalista si risolve in un semplice scontro tra interessi particolari. Mentre il Partito Popolare Europeo vira sempre più a destra

ATTILA KISBENEDEK / AFP

Visegrad ha già vinto. Lo scontro fra Austria e Germania sul controllo dei confini, con l’Italia a stare in mezzo come fra incudine e martello, è la plastica manifestazione della rinazionalizzazione della politica ai tempi del populismo. Ma è anche la prova della incapacità del sovranismo a rispondere alle sfide della migrazione, che ne rappresentano la sua ragione d’essere, perché favorisce una escalation del conflitto, anteponendo l’interesse nazionale alla solidarietà fra Stati.

Una vittoria di Pirro per lo stesso Matteo Salvini che dopo la eccellente interlocuzione di questi giorni con il ministro tedesco Seehofer e il premier austriaco Kurz, tali da far ritenere che gli stesse riuscendo di ottenere risultati migliori con Merkel grazie al suo approccio muscolare rispetto al multilateralismo dei suoi predecessori, si ritrova in un cul de sac: i demoni del sovranismo invocati contro Merkel, si ritorcono contro l’Italia, perché quando persegui il tuo interesse in modo unilaterale, anche presunti sodali come Kurz e Seehofer fanno altrettanto.

A Salvini, infatti, era riuscito quasi di spaccare, non solo la Grosse Koalition di Merkel, ma la stessa storica alleanza fra Cdu e Csu, con i bavaresi sempre più a destra per bloccare l’avanzata dell’euroscettico Alternative fur Deutschland e pronti a far saltare tutto. La soluzione alla crisi fra i popolari tedeschi, invece, si è raggiunta con un accordo di pianificazione di zone di transito ai confini della Germania, che spostando all’esterno le tensioni migratorie, ha prodotto un’altrettanto muscolare reazione dell’Austria, scalando potenzialmente il conflitto. Austria – ricordiamolo -, a trazione destra radicale, grazie al vice-cancelliere Heinz-Christian Strache, e capeggiata da un popolare così sovranista, come Sebastian Kurz, al punto da ricevere l’apprezzamento della stessa Afd.

Il rischio dell’effetto domino è fortissimo, dunque, e ci rivela un classico della teoria dei giochi, noto come paradosso di Mancur Olson: la somma di singoli comportamenti individuali razionali comporta esiti collettivi irrazionali. Mentre tutti pensano a sbarazzarsi dei migranti per motivi di bassa cucina elettorale, il rischio escalation è altissimo. Con quali conseguenze per l’Europa? Nessuno può dirlo. Intanto, Visegrad ha già vinto, perché il popolarismo europeo vira sempre di più verso le posizioni unilateraliste e anti europeiste dei V4. Fidesz, cioè Orbàn, d’altronde, fa parte del Ppe, come lo stesso Kurz, mica degli eurogruppi nazionalisti ed euroscettici.

Visegrad ha già vinto, inoltre, perché per bloccare o inseguire i sovranisti, tutti o quasi propongono le loro ricette, a iniziare dai popolari di Kurz e Seehofer. Solo che, a imitare i populisti, alla fine rafforzi loro, perché l’elettore vota sempre l’originale, mai la fotocopia

Il Ppe, intanto, è spaccato. C’è chi vorrebbe Orbàn fuori dall’eurogruppo oggi, con il rischio per il Ppe di perdere molti seggi ora, e ancora di più domani, alle prossime europee. Si delinea, invece, la possibilità che l’eurogruppo dei Conservatori, persi gli inglesi che lo fondarono, con la Brexit, diventi la vera casa dei sovranisti, inglobando magari proprio Fidesz e la Lega, da affiancare ai polacchi del Pis, le altre stelle del gruppo sovranista, già parte dell’alleanza euroscettica. Visegrad ha già vinto, inoltre, perché per bloccare o inseguire i sovranisti, tutti o quasi propongono le loro ricette, a iniziare dai popolari di Kurz e Seehofer. Solo che, a imitare i populisti, alla fine rafforzi loro, perché l’elettore vota sempre l’originale, mai la fotocopia. Visegrad ha già vinto, infine, perché il prossimo parlamento europeo potrebbe essere a trazione popolar-euroscettica, con il Ppe costretto a fare una coalizione con i futuribili Conservatori di Orbàn e Kaczynski.

Mentre Salvini media fra Seehofer e Kurz, scoprendo a sue spese come l’unilateralismo è un demone che si ritorce contro chi lo aveva evocato in nome dell’interesse nazionale, la campana sovranista suona anche per il MoVimento. Il MoVimento, interessante unicum nel panorama europeo di partito anti-establishment che mixa destra e sinistra, potrebbe essere costretto a scegliere da che parte stare: destra o sinistra? L’insofferenza della corrente ortodossa del partito, di fronte al protagonismo salviniano, è tale che perfino Zingaretti, leader in ascesa ma di un partito decotto come il Pd, nel candidarsi alle primarie del Nazareno, blandisce Roberto Fico, forzando una spaccatura della sinistra del MoVimento, da portarsi dietro. Cosa difficile. Gli astri non si allineano in favore di un asse a sinistra con ortodossi, Pd e altermondialisti vari. Più probabile che – con questo Zeitgeist a favore di un popolarismo oramai lontano dai valori di Adenauer e De Gasperi e invece orbanizzato – al governo Conte faccia seguito un nuovo governo formato da Lega, la destra del MoVimento e spigolature varie della destra in parlamento.

Un asse che potrebbe trovare proprio nelle prossime europee una chance di scendere in campo. Se il MoVimento vuole resistere a queste tensioni da destra, dovrà ponderare bene una nuova strategia. Sarebbe la nemesi per il MoVimento, che ha fatto del superamento di destra e sinistra il suo mantra e che potrebbe implodere per l’incapacità di mediare fra le sue ali. La vendetta delle ideologie novecentesche che pagherebbe il primo partito post ideologico d’Italia.

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