Si comincia bene, poi si peggiora fino ai 50 anni. Alla fine ci si riprende e per i 70/80 anni si torna a essere felici. Lo sostiene una ricerca che analizza sette diversi sondaggi, che ha preso un campione di 1,3 milioni di persone da 51 diversi Paesi. La felicità degli esseri umani è a forma di “U”: alta quando si è giovani, sempre in diminuzione fino ai 45/50 anni e poi, pian piano, torna a risalire.
Non è una stranezza, sostengono i ricercatori. La “U” si riscontra in ogni latitudine e longitudine. Perfino in altre specie, come le scimmie (come avranno fatto a interrogarle resta un mistero). È una dinamica che comprende, a seconda dei questionari sottoposti, il grado di soddisfazione e di felicità. In più si tratta di una valutazione relativa: cioè i livelli bassi toccati a 45 e 50 anni non indicano “infelicità”, ma solo una “minore felicità” rispetto agli anni ruggenti dell’adolescenza e alle quiete ore della vecchiaia.
Gli studiosi, dopo aver riscontrato l’ubiquità del fenomeno, restano perplessi sulle motivazioni. Forse intorno ai 45/50 le persone sono al picco della carriera, e hanno una vita piena di responsabilità e di preoccupazioni, tra cui l’adolescenza dei propri figli. Oppure il problema – molto semplice – è soltanto il lavoro. Come il grafico dimostra in modo evidente, la vita peggiora proprio quando si comincia a lavorare. E riprende a essere bella proprio quando si avvicina la pensione. Sarà un caso?