La domenica parlano – con sperabile ispirazione – i preti. Il lunedì, da incosciente, metto il cranio dentro la liturgia domenicale. Screziando, da dis-graziato, i testi. La liturgia la trovate, per comodità, qui. Io uso il Nuovo Testamento interlineare, bisciando tra italiano, greco e latino. Pigliate questi come appunti sul margine sfinito, come punti d’appoggio – o di rovina – sulla roccia.
**
Una differenza separa il cristiano dal mondo: “i giorni sono cattivi” (Ef 5, 16) dice Paolo. Per questo, non bisogna uscire di sé (“non siate dissennati… non ubriacatevi di vino”, Ef 5, 17; 18), ma abitare nella gola di Dio, cantando (“parlatevi con salmi e inni e canti spirituali”, Ef 5, 19) e “ringraziando” (Ef 5, 20). Essere ubriachi di Dio (“siate ricolmi di Spirito”, Ef 5, 18) e consapevoli che una ferita senza margini separa dal resto: Gesù è stato un terremoto tremendo, una spaccatura micidiale e niente è come prima.
*
Il cristiano è fuori dal mondo, abita già in un altro mondo, pur essendo in questo tempo la sua cronologia è sballata(“…fanno buon uso del tempo”, Ef 5, 16): eppure, non ci sono restrizioni riguardo al cibo. Al contrario di altri pensieri religiosi, il cristiano è cristiano perché mangia Cristo.
*
Giovanni ci dice che “nella sinagoga a Cafarnao” (Gv 6, 59) Gesù esprime il suo insegnamento più arduo, più feroce, che scandalizza i Giudei (“discutevano fra di loro”, Gv 6, 52). “Io sono il pane della vita… Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno. E il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo” (Gv 6, 48; 51). Gesù chiede di essere mangiato: cosa vuol dire? Che cosa si intende per “eternità”? Che rapporto c’è tra “la mia carne” e “la vita”, tra la carne e l’eternità? La carne è legata al tempo, la carne è temporale, è cronologia del disfacimento, la carne è corrotta dal tempo: come può ambire all’eternità? Ambiguità e ambivalenza avvolgono le parole di Gesù: lo sa lui, lo sanno i discepoli (“Molti discepoli dopo aver udito i detti di lui dissero: ‘Duro è questo detto, chi lo può udire?’, Gv 6, 60). L’insegnamento di Gesù è così duro che “molti dei suoi discepoli si ritrassero e non camminarono più con lui” (Gv 6, 66). Il corpo stesso di Gesù è una faglia, una tagliola, una ghigliottina: spaventa.
*
Il cristianesimo si realizza tutto qui: sul corpo di un uomo inteso come cibo sopraffino. Chi può sopravvivere a questa fragorosa rivelazione?
*
Questa concretezza radicale – mangiate il mio corpo – è uno schianto che folgora i discepoli, li disperde.
Continua a leggere Pangea