L’ultima follia del metoo: le regole di Netflix per girare una serie tv a prova di molestie

Contatti visivi vietati, numeri di telefono da non scambiare mai: così il broadcaster americano, dopo aver licenziato Kevin Spacey, sta trasformando i suoi set nella Santa Inquisizione

Inutile girarci intorno: #metoo is the new black. Le molestie vanno di gran moda nel 2018 e in attesa che passi questo trend, possiamo già assaporarne i frutti. Al grido di “Ma dove vai se una molestia non ce l’hai?” un regista italiano, Fausto Brizzi, è stato mediaticamente ricoperto di melma da aspiranti attrici che l’hanno accusato dei più viscidi reati per mesi, a favor di telecamera, salvo poi veder cadere ognuna delle loro contestazioni in aula di tribunale. “Assolto perché il fatto non sussiste”, ha stabilito di recente la Procura di Roma. Peccato che tale sentenza non abbia avuto la stessa eco delle accuse che hanno portato a formularla.

In questi giorni, poi, è stata annunciata la data di uscita della sesta stagione di House of Cards, 2 novembre 2018, serie Netflix cult da cui è stato brutalmente fatto fuori il protagonista Kevin Spacey perché un tizio, tale Anthony Rapp, ha detto di essere stato da lui molestato 30 anni orsono. Il network, a suo tempo, decise di prendere subito questo provvedimento disciplinare, interrompendo manu militari la collaborazione con l’attore Premio Oscar e ora vedremo la trama proseguire con una donna al comando, l’eccellente Robin Wright. Ma c’è di più: il britannico The Sun, riportando una fonte anonima, spiffera come la questione del #metoo sia stata presa davvero alla lettera da Netflix: ci sarebbero infatti una serie di regole da seguire se interessati a tenersi il lavoro sul set. Un decalogo che rasenta la follia e che la piattaforma non si è mai presa la briga di smentire dicendosi anzi orgogliosa della propria policy anti-molestie.

Per prima cosa non sarebbe più tollerato mantenere un contatto visivo di oltre cinque secondi con un collega sul set. Ci sarà dunque un portabende addetto a sigillare gli occhi degli attori oltre questo lasso di tempo? Sempre che i nostri eroi arrivino in scena truccati e vestiti secondo copione visto che, a rigor di logica, non potranno essere guardati “troppo” da truccatori e costumisti. Da ora in avanti sì ai primipiani, certo, ma solo delle orecchie a meno che anch’esse non dovessero sentissi molestate per qualche ragione che dipenderà certamente dall’incredibile ottusità della mente umana.

Fuori dal mondo, poi, invitare una collega a uscire e occhio a non farsi balenare in testa la malsana idea di chiederle il numero di telefono a meno che costei non abbia già lasciato intendere, tramite segnali di fumo a questo punto, il proprio interesse nei vostri confronti. Nel caso in cui qualcuno, tipo la Santa Inquisizione, dovesse assistere a brutali episodi di siffatta stregua, avrebbe, da decalogo Netflix, l’obbligo di denunciare la cosa per mantenere un clima sano e rispettoso di tutti all’interno di un ambiente lavorativo che, possa il #girlpower perdonarci, man mano che lo si snocciola assume sempre di più i contorni di una prigione mormona. Come se poi non fosse mai venuto a galla il vero hobby ludico-ricreativo del Reverendo Camden di Settimo Cielo.

In buona sostanza, da un’urgenza encomiabile, quella del #metoo, che avrebbe voluto e potuto dare forza e sostegno alle donne vittime di violenza, è derivato un movimento scellerato atto alla castrazione (per ora solo metaforica ma staremo a vedere) del maschio in quanto tale. Si ammazza così a prescindere qualsiasi velleità fisico-sentimentale, non lasciando inoltre più spazio a una qualunque forma di corteggiamento, di più, di interazione

In buona sostanza, da un’urgenza encomiabile, quella del #metoo, che avrebbe voluto e potuto dare forza e sostegno alle donne vittime di violenza, è derivato un movimento scellerato atto alla castrazione (per ora solo metaforica ma staremo a vedere) del maschio in quanto tale. Si ammazza così a prescindere qualsiasi velleità fisico-sentimentale, non lasciando inoltre più spazio a una qualunque forma di corteggiamento, di più, di interazione. Perché sarebbe poi così sbagliato andare a bersi una birretta con un collega dopo l’ufficio? Perché qualcuno, che nel caso specifico sarebbe il datore di lavoro, ovvero Netflix, dovrebbe impedire ai propri dipendenti di farlo? Sembra quasi un futuro distopico, una puntata brutta di Black Mirror, invece è il presente che ci siamo costruiti a suon di hashtag nonché la gabbia di politically correct in cui abbiamo deciso di rinchiuderci buttando la chiave.

Nel frattempo sta uscendo nelle sale italiane un film dal titolo: “L’amore uccide ma il tuo ex non muore mai”, liberissima traduzione dall’originale: “The spy who dumped me” . Una commediola rosa che, ne siamo piuttosto certi, non farà la storia del cinema ma un titolo del genere, se tradotto al femminile, avrebbe scatenato un’edizione straordinaria di Amore Criminale, forse un’interrogazione parlamentare e di certo titoloni indignati sui principali siti di informazione: “un intollerabile spot alla violenza sulle donne”, qualcosa del genere. Invece fantasticare di sopprimere il proprio ex fidanzato è socialmente accettabile perché lui, in quanto maschio, se lo merita. E che non gli venga in mente di chiedere il numero a qualcun’altra, quel bruto senz’anima.

Ci sono dunque parecchie storture, incongruenze difficili da raddrizzare in questa matassa di reazione coerente e doverosa che è diventata però, forse irrevocabilmente, una caccia alle streghe autorizzata e accettata a livello sociale. Ripercussioni malsane che stanno intaccando set televisivi come le nostre vite, giorno dopo giorno, in nome di qualche cuoricino in più suoi social e per la gioia dei brand che possono vendere t-shirt bruttine solo perché portano la scritta “Feminist” appuntata sul petto. Il risultato, l’unico apprezzabile finora, è che siamo tutti più soli. Ma con l’abbonamento a Netflix. In HD.

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