Se leghi un elefantino a un paletto gli impedisci di scappare: lui proverà a liberarsi, imparerà che non riesce a staccarsi o a svellere il paletto, si rassegnerà e smetterà di provarci. Crescendo potrebbe farlo, ma avendo smesso di provarci resterà al palo, per sempre.
L’elefantino è una metafora, perché è quello che capita a molti di noi quando impariamo che non siamo in grado di fare una cosa. Martin Seligman l’ha definita “impotenza appresa” ed è una condanna che ci infliggiamo da soli o, troppo spesso, che ci viene inflitta da chi si prende cura di noi (genitori, insegnanti, amici, compagni).
Tutti abbiamo qualcosa in cui non siamo mai riusciti, almeno non al primo colpo e neanche al secondo o al terzo tentativo. Magari non ci siamo riusciti da piccoli – lo sport, le frazioni, la grammatica o una lingua straniera – e non ci abbiamo mai più provato. Non siamo portati, predisposti, adatti: l’impotenza appresa domina e condiziona la nostra vita, prendendo forme diverse. Così nascono vezzi, complessi e pigrizie, dando forma al nostro modo di vivere, una forma che assomiglia molto a un recinto.
Chiamiamo questo recinto “comfort zone” e, giusto per essere chiari, non c’è niente di male a stare comodi. Il problema è quando la nostra routine, invece che comoda, diventa una gabbia che ci impedisce di fare cose che vorremmo fare. Questo, unito alle recenti ricerche sulla plasticità del cervello che confermano quanto imparare e fare cose nuove rallenta l’invecchiamento, è il motivo per cui vale la pena di provare a staccarsi dal paletto.
Questi i nostri consigli per farlo senza mettersi troppo in discussione, perché una cosa è l’impotenza appresa, un’altra sono le nostre inclinazioni e abitudini. Non devi trasformarti in qualcun altro, ma in una versione migliore di te stesso.
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