Più che l’incendio, poterono i tagli: come finì la biblioteca di Alessandria d’Egitto

Nonostante diversi storici attribuiscono alle fiamme la scomparsa della celebre biblioteca dell’antichità, la verità è molto diversa. Fu un lungo declino, durato secoli, che spazzò via il monumento al sapere e alla ricerca più importante dell’antichità

Fu distrutta da un incendio, dicono. Ma non è proprio così. La fine della biblioteca di Alessandria d’Egitto, che custodiva tutto il sapere, scientifico e letterario, dell’epoca antica, in realtà è ancora un mistero. Anche se le fiamme, nate in seguito all’assedio di Giulio Cesare nel 47 a.C. Hanno danneggiato i papiri delle opere di Omero, dei tragici, degli storici, la biblioteca ha continuato la sua esistenza per secoli e secoli, per sparire nell’oscurità molto tempo dopo.

Voluta da Tolomeo I, successore di Alessandro Magno, circa 2.300 anni fa, la biblioteca avrebbe dovuto rivaleggiare con le istituzioni scolastiche di Atene, all’epoca centro di sapere e conoscenza indiscusso. Ogni libro, ogni opera, avrebbe dovuto avere almeno una copia all’interno della biblioteca: per questo motivo furono finanziate missioni di ricerca e recupero e vennero ingaggiati studiosi da tutto il mondo greco per arricchire e studiare la collezione. In poco tempo divenne il polo più importante del mondo antico, aperto a tutti – almeno a tutti quelli che dimostravano sia interesse che competenza.

E poi? Prima ci fu un breve periodo di decadenza, dovuto a una difficile situazione sociale, che costrinse i regnanti a modificare la propria politica, abbandonando i progetti culturali più importanti. In seguito – pare – anche un grave danneggiamento dovuto a un incendio. Secondo alcuni storici, la biblioteca fu colpita dal fuoco durante la conquista di Cesare. Secondo altri, invece, rimase al sicuro. Non è facile capire come sia andata. Quello che è certo è che, fuoco o meno, la biblioteca continuò a funzionare anche nei secoli successivi sotto l’impero romano. Anzi, sotto Claudio sarebbe anche stata ingrandita.

Viene indicata allora un’altra data, il 270 d.C., per segnare la fine della struttura. Presa tra gli scontri tra l’imperatore Aureliano e la regina Palmira, dicono alcuni, la biblioteca sarebbe stata rasa al suolo con tutto il quartiere vicino. Altri sostengono che l’episodio è vero, ma andrebbe collocato più avanti, nel 400, in seguito all’editto di Teodosio del 391 che colpiva il Serapeo, una parte della biblioteca che custodiva “l’unica grande raccolta di opere greche”. Fu senza dubbio un danno enorme, dal momento che interi papiri vennero bruciati e distrutti, ma non provocò la fine della biblioteca maggiore.

Infine, vennero gli arabi. Furono loro i veri distruttori? Anche in questo caso circolano voci e ricostruzioni controverse: secondo alcune cronache dell’epoca, il generale Amr, che aveva conquistato l’Egitto nel 642, avrebbe ordinato la distruzione di tutti quei libri perché, diceva, “ne basta uno solo”. Secondo alcuni studiosi (tra cui Bernard Lewis) il racconto sarebbe un falso, messo in giro in forma di propaganda dagli stessi arabi, secoli e secoli dopo.

Insomma, anche se la conquista araba ha provocato danni pesanti alla biblioteca – fatto innegabile – secondo questa ricostruzione qui sotto la sua fine sarebbe stata diversa, più dilazionata e senza dubbio poco onorevole: considerata troppo costosa negli anni, avrebbe subito continui tagli al personale e ai finanziamenti, con tanto di imposizione di regole burocratiche assurde e dannose. Ricorda qualcosa?

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