Esperti dei settori più disparati da tutto il mondo, dal sociologo arrivato dal Brasile all’ingegnere informatico della Silicon Valley, al filosofo del Mit di Boston. E poi medici, avvocati, notai, economisti, psicologi, antropologi. Cinquanta persone, non di più, ciascuna di loro ignare di chi fossero gli altri quarantanove. Sono state convocate a Calasetta, un minuscolo comune a un’ora e mezza di auto da Cagliari, chiamate da Davide Casaleggio per collaborare a Rousseau Open Academy, il nuovo progetto dell’Associazione che porta il nome del filosofo francese. E che, sempre di più, è l’oggetto che bisogna osservare per capire cosa voglia fare da grande il figlio del cofondatore dei Cinque Stelle, quale sia la sua agenda, e quanto diverga – senza strappo alcuno, ma con un’orizzonte indubitabilmente diverso – dall’agire politico di Luigi Di Maio e del governo giallo-verde.
Il progetto Russeau Open Academy è a metà tra centro studi e scuola di formazione, con l’obiettivo di diventare un un nuovo modello di partecipazione civica e un incubatore per la formazione digitale. Chi c’era racconta di tre giorni di lavori serrati, otto ore al giorno, con solo una breve pausa per il pranzo. Un ritiro monastico, quasi, scelto apposta perché garantire privacy – vera ossessione di Casaleggio – e concentrazione. Unica distrazione concessa: una passeggiata fino alla caletta per un tuffo di primissima mattina e un piccolo tour serale in paese.
È Casaleggio in persona a coordinare i lavori insieme a Enrica Sabatini, altra socia dell’associazione, ricercatrice sui temi della cittadinanza digitale e docente all’Università di Pescara. Funziona così: ciascuno dei partecipanti propone un diritto digitale e lo presenta agli altri. Dal dibattito che si sviluppa nasce una definizione condivisa che viene aggiunta alla grande mappa che campeggia in un angolo della sala. Nella seconda giornata il compito è pensare quali strumenti esistenti potrebbero garantire i diritti individuati oppure immaginarne di nuovi.
Nel giro di poche ore, il tabellone si riempie di post-it, ma il confronto non si esaurisce in aula, prosegue a pranzo, a cena e a colazione. Identità digitale, accesso alla rete, formazione digitale, open data, strumenti di partecipazione pubblica sono i temi che si rincorrono tra un’insalata di ceci e un piatto di gnocchetti sardi al sugo. «Siamo alla vigilia di un cambiamento culturale profondo, come quello che è cominciato negli anni Settanta con il tema ambientalista. Ci abbiamo messo trent’anni ma oggi il 50% degli italiani pensa che la tutela dell’ambiente sia importante. Ecco, questa volta non abbiamo 30 anni, dobbiamo fare in fretta perché la trasformazione in atto è velocissima e rischiamo di restare fuori», è la preoccupazione condivisa da molti.
L’obiettivo dichiarato dell’incontro è tracciare le linee del concetto di “cittadinanza digitale”, definirne il contenuto, indicare come la Rete, il web e le nuove tecnologie possano consentire di aprire nuove frontiere per fruire dei diritti già esistenti e costruirne di nuovi. Uno sforzo di intelligenza collettiva, come la definiscono, che guarda al futuro, ma con i piedi ben piantati nel presente e soprattutto con l’ambizione di offrire un progetto concreto che si possa cominciare a realizzare subito.
«Capire quali siano i diritti che in un certo contesto storico sono ritenuti importanti dalla comunità», conclude Casaleggio, dando appuntamento a tutti per il prossimo incontro, «è il primo passo per garantirli. Il coinvolgimento delle persone è fondamentale perché un diritto non esercitato scompare, quindi non è sufficiente individuarli. In questa stanza abbiamo le competenze per immaginare gli strumenti per esercitare i nuovi diritti digitali, per crearli, spiegarli e farli utilizzare. I prossimi passi saranno proprio questi: costruire questi strumenti, renderli disponibili a tutti e fare in modo che vengano utilizzati da un numero sempre maggiore di persone».