Elevator pitch: ecco perché chiarezza e ordine sono fondamentali per comunicare (e i contenuti non bastano)

La quarta massima di Paul Grice parla chiaro: evitate di circondare di nebbia il vostro messaggio, ma andate dritti al punto. Tutto capiranno cosa volete e nessuno si farà l’opinione sbagliata. Per farlo, però, servono competenza e ordine mentale

Esprimiti in modo chiaro e ordinato. Ecco la IV Massima di Grice.

Pare ovvio. Eppure è la cosa più difficile. Vediamo di analizzarla e dividerla in due.

In modo chiaro: che cosa vuol dire essere chiari?

Vuol dire farsi capire, non generare fraintendimenti, non causare fatica in chi ci legge o ascolta. Essere chiari. Senza ombre, senza nebbia, senza appesantire.

Preferireste guidare nella nebbia o con una visibilità a lungo raggio? Anche il pilota più capace si augura assenza di nuvole e cieli sereni.

Quando parliamo e scriviamo avvolgiamo spesso gli altri in una coltre di nebbia.

Le conseguenze di ciò? Non ci ascolteranno, non ci leggeranno e avremo creato un pericoloso precedente. Magari proveranno anche a impegnarsi per capirci. Stancatisi, inizieranno a perdere i pezzi, a selezionare le informazioni a loro scelta, a interpretare liberamente.

È intuibile lo spreco di energie, tempo, soldi. E le conseguenze di tutto ciò sulle relazioni.

In modo ordinato: che cosa vuol dire?

Guardate questo video e lo capirete.

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Good speaking or good writing is good thinking”. Il momento in cui emetto il messaggio è fatta. Il vero passaggio delicato è prima, quando devo organizzare le mie idee.

Quando parliamo e scriviamo avvolgiamo spesso gli altri in una coltre di nebbia. Le conseguenze di ciò? Non ci ascolteranno, non ci leggeranno e avremo creato un pericoloso precedente. Magari proveranno anche a impegnarsi per capirci. Stancatisi, inizieranno a perdere i pezzi, a selezionare le informazioni a loro scelta, a interpretare liberamente

L’elevator pitch, l’esame in ascensore

Salgo in ascensore, il mio capo mi sorride.
Non ho dormito tutta la notte e sono reduce da due ore di coda in tangenziale per un incidente.

Mi guarda, mi sorride «Buongiorno Andrea, finalmente la incontro, so che si è unito al nostro team da poco. Mi dica di lei!».

Semplice no? Nel tempo di 5 piani devo ordinare tutti i dati della mia biografia professionale, selezionare delle idee, metterle in relazione alla mia presenza in azienda, allinearle alle aspettative del mio capo…e parlare.

Il tutto al volo, sul momento, ogni secondo sembrerà un’ora e a lui sembra una domanda banalissima.

Potrei simulare uno svenimento. È un’alternativa. Temo da scartare. So che lui dovrà uscire dall’ascensore e pensare che assumermi sia stato un bel colpo.

Dipende da me: emettere balbettii, fare pause, vomitare confusamente qualche idea, oppure dare informazioni precise, catalizzare la sua attenzione e avvalorare la mia credibilità.

Anche se so, non è detto che io sappia trasmettere ciò che so. Per farlo, serve avere e saper usare una struttura.

Chi non ha competenza usa scaltramente le tecniche di una comunicazione efficace e sa che può avere la meglio su chi ha competenza, ma non sa trasmetterla. Purtroppo.

Bisogna possedere entrambe: competenza e capacità di saperla trasmettere

Se siamo competenti ma non sappiamo come comunicare il nostro sapere, chi ci ascolta o legge non presterà più attenzione a cosa diciamo ma al come. Il giudizio si sposterà dal contenuto alla persona. E non ne usciremo bene.

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