Il grande dilemma di Matteo Salvini: tenere al Nord o sfondare al Sud?

Il leader della Lega (e ministro dell’Interno) ha il suo da fare per tenere insieme i consensi crescenti al Sud, e il Nord produttivo. Luoghi diversi, esigenze diverse

I sondaggi, che non sono voti ma segnalano una tendenza, dicono che la Lega di Salvini nelle sue diverse denominazioni, fortissima al Nord, sfonda nel Centro-Sud e si installa nelle Isole a scapito dei partiti che hanno governato l’Italia negli ultimi vent’anni (FI e PD), ma anche del Movimento 5 Stelle. Essendo l’obiettivo primario di ogni partito e di ogni leader politico quello di consolidare il proprio consenso, non sono tanto certo che Matteo Salvini si troverà a breve a dover/voler scegliere tra il Nord e l’alleanza con Luigi Di Maio.

La buona riuscita della manifestazione di Piazza del Popolo a Roma, resa possibile anche grazie a una importante presenza di partecipanti provenienti dalle regioni meridionali, ne è una prima non trascurabile conferma. La Lega di Salvini ha però bisogno di tempo per dare concretezza a una solida organizzazione di partito nel Sud, mutuata dall’esperienza della Lega Nord. Ne fanno fede i tanti commissariamenti provinciali e regionali nelle regioni meridionali segnalati dalla puntata di Report di lunedì 10 dicembre.

Se Salvini scegliesse il Nord, infatti, rischierebbe di mettere in forse i successi, al momento virtuali, conquistati al Sud, lasciando in quei territori campo libero ai 5S. Se, invece, scegliesse, come dichiara spesso, di voler continuare a onorare il patto con Di Maio, potrà comunque presentarsi come garante presso i ceti produttivi del Nord del fatto che solo lui, in attesa di tempi migliori, sarebbe in grado di contenere il pauperismo dei grillini e scongiurare i rischi della ‘decrescita felice’.

È comunque evidente che anche per Salvini la coperta, per mantenere il consenso del Nord e, contemporaneamente, consolidare quello del resto del Paese, resta corta

In questo aiutato dall’assenza di un’opposizione politica credibile, incapace al momento di raccogliere e organizzare la diffusa agitazione sociale spontanea che, in varie forme, si è andata manifestando, nel Nord Ovest e nel Nord Est, nei confronti delle misure economiche annunciate dal Governo gialloverde. È comunque evidente che anche per Salvini la coperta, per mantenere il consenso del Nord e, contemporaneamente, consolidare quello del resto del Paese, resta corta.

Il reddito di cittadinanza, l’azzeramento del finanziamento di Industria 4.0, i nuovi contratti a termine del decreto dignità respinti dalle aziende, l’ennesimo salvataggio di Alitalia a spese dei contribuenti, oltre al ritardo del decreto sul ponte Morandi collegato al condono per Ischia, frutto dell’armamentario politico-ideologico del M5S, non sono bocconi facilmente digeribili dal Nord in tutte le sue diverse componenti sociali.

Matteo Salvini cercherà di sopperire sia alla scarsità di risorse che alle distorsioni della loro distribuzione ‘drogando’ ulteriormente la comunicazione sui temi (sicurezza e immigrazione) che, a costo zero, hanno favorito il suo attuale successo. La sua indiscussa abilità nel gestire le parole, però, si scontra con la concretezza dei fatti e qui si aprono spazi potenziali per un’opposizione politica capace di rivendicare, in nome dell’interesse generale, ambiti di maggior autonomia per il Nord in modo da affrontare sia le sfide della competitività a livello globale, sia il disagio sociale generato da una globalizzazione guidata soprattutto da una finanza che non trova più argini politici adeguati al suo operare.

Federalismo ed europeismo rappresentano la cornice dentro la quale ripensare la riorganizzazione di una statualità fortemente in crisi, in modo da rivitalizzare le responsabilità individuali e quelle collettive dei territori fortemente compromesse dalle politiche centraliste dispiegate, come unica soluzione, per affrontare la più grave crisi economica dal secondo dopoguerra a oggi.

Si tratta di un compito non facile e non di breve periodo, da coltivare senza troppe illusioni sulla caduta del governo Conte. Se, eventualmente, dovesse entrare in crisi l’attuale maggioranza di governo, però, non sarà in nome del Nord.