Rancorosi, sfiduciati e arrabbiati. L’ascensore sociale bloccato non permette agli italiani di sperare in meglio per il futuro, la povertà è in crescita e lo stress sale. Il rancore, come racconta il rapporto Censis/Conad, si trasforma in invidia verso i vincenti della globalizzazione, quella parte minoritaria della società italiana che sfoggia il suo benessere attraverso i social network. Ma, allo stesso tempo, il risentimento viene sfogato nei confronti di quella parte di popolazione che si trova in difficoltà: viene stigmatizzato il diverso, lo straniero, mentre la povertà si trasforma in una prova di colpevolezza per aver fallito nella vita.
Eppure tutto questo rancore, pur avendo delle basi socioeconomiche solide che fanno riferimento al trauma insoluto della crisi del 2008, segue la traccia dei tanti pregiudizi che afferiscono a dimensioni quotidiane quasi intime. Grazie anche a un nuovo linguaggio politico dell’intolleranza, abbiamo rispolverato l’arsenale del politicamente scorretto, imparando così a concentrare sulla diversità tutto il nostro rancore.
Esiste una trama di pregiudizi che vive sottotraccia pronta a fare breccia nella realtà. Funziona sempre così con i pregiudizi. È lo stesso concetto del “non sono razzista ma”. L’intolleranza nei confronti dello straniero è quasi sempre un sentimento latente, questo perché non è socialmente accettabile. Il razzismo è sempre celato, è costituito da un mix di sensazioni ed emozioni negative nei confronti di situazioni quotidiane quali viaggiare sui mezzi di trasporto pubblico o fare una passeggiata al parco. L’odio per il diverso è vissuto sempre a livello inconscio, mascherato dal pregiudizio, ed esplode solo in situazioni al di fuori della norma, quando la tensione sociale diventa intollerabile e siamo chiamati in prima persona a difendere la nostra idea di buonsenso.
Il diverso viene visto con sospetto e diffidenza. Le paure verso la diversità incontrano poi sentimenti di rabbia e insoddisfazione dovuti al disagio socioeconomico. Quello che si viene a creare è una miscela esplosiva fomentata da un immaginario collettivo divisivo
Esiste quindi una parte emozionale che riguarda gli istinti del rancore legati a immaginari personali che alimentano a loro volta un immaginario collettivo sempre più regressivo e intollerante. Come si può analizzare la traccia dei pregiudizi? Cerchiamo di costruire un mappa dei pregiudizi italici focalizzandoci su una scelta fondamentale che riguarda aspetti determinanti della nostra vita che concorrono a costruire le fondamenta della nostra quotidianità.
Parliamo dunque dell’evento del matrimonio, unico nell’esistenza di ogni persona: la scelta della persona con cui condividere il resto della propria vita è una decisione difficile in cui vengono tirati in ballo aspetti sociali, reddituali, classisti ed etnici. Ecco perché analizzare le preferenze degli italiani rispetto alla scelta del/la proprio/a consorte ci restituisce un indice dei pregiudizi estremamente valido ed efficace.
È stato chiesto a un campione di italiani di esprimere un giudizio all’idea che la propria figlia sposi una persona con specifiche caratteristiche etniche, economiche o sociali ed è emerso che l’83% degli italiani ha almeno un pregiudizio negativo. In particolare, il 68% è contrario al matrimonio della propria figlia con una persona con almeno 20 anni di distanza, con una dello stesso sesso o con una che ha già figli; il 66% al matrimonio con persone di altra religione, in particolare islamica; il 44% con immigrati, asiatici o persone di colore. Nel caso di matrimonio dei figli maschi non cambia molto: l’80% ha almeno un pregiudizio. Il 68,2% è contrario al matrimonio con una persona con almeno 20 anni di distanza, dello stesso sesso e che ha figli; il 58,1% con persone di altra religione, in particolare islamica; il 35,9% con immigrati, asiatici o persone di colore.
Il diverso viene visto con sospetto e diffidenza. Le paure verso la diversità incontrano poi sentimenti di rabbia e insoddisfazione dovuti al disagio socioeconomico. Quello che si viene a creare è una miscela esplosiva fomentata da un immaginario collettivo divisivo. Il diverso diviene additato come origine del male e viene adottata la soluzione più istintiva: l’esclusione. Quando l’immaginario collettivo di un Paese si tinge di grigio, il pregiudizio sottotraccia presta il fianco a un rancore cieco di rabbia.
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