Nella romanissima piazza del Popolo Matteo Salvini ha risposto alla domanda politica postagli con chiarezza cristallina dall’editoriale di Francesco Cancellato “ Rompere con il Nord o con i Cinque Stelle?” decidendo, come prevedibile, di parlare d’altro. Il leader della “Lega Salvini premier” ha pensato di risolvere il dilemma ponendo sé stesso come l’alfa e l’omega della politica italiana ( “datemi il mandato per trattare con l’Ue a nome di 60 milioni di italiani” , più o meno venti milioni in più rispetto a Mussolini), sulla scia dei leader populisti che sono riusciti in questo modo nell’impresa di occupare per lungo tempo l’ufficio di primo ministro d’Italia , Benito Mussolini e Silvio Berlusconi.
Senza esagerare con i paragoni impossibili con personaggi di statura e caratteristiche estremamente differenti , non si può non notare come l’ormai ex lumbard divenuto sovranista stia seguendo l’evoluzione politica tipica degli altri due, entrambi partiti da una contrapposizione alle elite di governo del tempo basata sul malcontento fortissimo del Nord del paese verso “Roma ladrona”, cui segue una formidabile campagna di promesse destinate ad accrescere il consenso in altre parti d’Italia e segnatamente al Sud come indispensabile viatico per insediarsi al Governo, liberandosi dei compagni di strada dei primi successi.
Oltre a liberarsi poi anche degli alleati ridotti a comparse (i Cinque Stelle sono poco avvezzi allo studio della storia, ma conoscere la parabola politica dei vari Salandra e Federzoni negli anni Venti e quella di Fini e Casini un secolo dopo potrebbe essere utile..) , l’aspirante leader unico Salvini deve affrontare il problema di tenere assieme-almeno per il tempo necessario per insediarsi al potere solitario- la sua base originale del Nord con i suoi nuovi appassionati “fans” di cultura e tradizione diversa che hanno riempito buona metà della piazza romana.
Proporre un metodo ed un tentativo di cambiamento, a partire dall’incontro delle reti fisiche, viarie ed immateriali che costituiscono l’Europa dei territori e delle città. Questi appuntamenti hanno registrato l’interesse e la partecipazione dei sindaci e dei presidenti delle Regioni, di molti operatori economici e culturali nonché dei rappresentanti di associazioni territoriali e professionali, come si possono facilmente rilevare scorrendo i nomi e le qualifiche dei partecipanti agli incontri di Verbania, Torino ed ora Genova, giusto il 14 dicembre prossimo
Anche in questo caso, Salvini ha fatto una scelta simile a quella dei due cui spera di succedere in qualche modo, ha puntato decisamente su quella che pare essere ancora un collante unificante anche in tempo di crisi profonda, la religione cattolica romana. Sabato a Roma è stato tutto un profluvio di citazioni religiose, di rosari, di Papi portati ad esempio a loro insaputa, perfino di un richiamo ai leader democristiani del dopoguerra ripetendo quasi alla lettera le parole usate in occasioni analoghe da Berlusconi su De Gasperi e Don Sturzo.
Ci saranno occasioni per verificare se questa scelta sulle radici (demo)cristiane è una strategia o una delle tante operazioni di assaggio suggerite da Steve Bannon alla famosa “Bestia”, il team di promoter personali di Salvini: quello che non ha bisogno di verifica è che il passaggio da Lega Nord a Lega Salvini riapre, per l’ennesima volta, la questione della rappresentanza non solo degli interessi, ma della cultura e dello stesso modello di società del Nord.
Fra le molte differenze con l’epoca dei due esempi nominati, il nostro tempo è caratterizzato dalla centralità della questione europea e da una integrazione che al Nord è un dato di fatto costitutivo, mentre al Sud è considerata circostanza distruttiva.
Le differenze fra le due Italie, evidentissime nelle urne del 4 marzo, non possono essere cancellate dall’invenzione carioca se non per un breve momento, forse così breve da non arrivare alle elezioni europee del prossimo maggio.: il moltiplicarsi dei cortei contrapposti e la ripresa della “guerra dei numeri” sulle presenze sono un indice chiaro dell’esistenza di una frattura che da politica è diventata sociale e rischia di diventare istituzionale.
Ha quindi ancora una volta ragione Cancellato quando scrive che “.. abbiamo la sensazione, netta, che cambierà la politica italiana. Quando il Nord si sveglia, succede sempre qualcosa di grosso” . I movimenti, i tentativi di trovare una nuova rappresentanza politica, tra Torino, Genova e naturalmente Milano sono tanti e sempre più frequenti.
Fra questi, senza la pretesa di rappresentare “la “ soluzione, ma per proporre un metodo ed un tentativo di cambiamento, c’è quello animato dalle liste civiche di Liguria, Lombardia e Piemonte, che ha proposto un “tableau de bord” basato su appuntamenti a tema in quello che fu il triangolo industriale ed ora è il territorio del “Passaggio a Nord Ovest”, del punto di incontro delle reti fisiche, viarie ed immateriali che costituiscono l’Europa dei territori e delle città. Questi appuntamenti hanno registrato l’interesse e la partecipazione dei sindaci e dei presidenti delle Regioni, di molti operatori economici e culturali nonché dei rappresentanti di associazioni territoriali e professionali, come si possono facilmente rilevare scorrendo i nomi e le qualifiche dei partecipanti agli incontri di Verbania, Torino ed ora Genova, giusto il 14 dicembre prossimo.
Ma chi ha intrapreso l’iniziativa “Passaggio a Nord Ovest” ha fatto più che animazione culturale e politica, ha condiviso l’obiettivo di arrivare in un futuro molto prossimo, in concorso con altri, alla formazione di un Movimento organizzato e strutturato, federalista ed europeista
Ma chi ha intrapreso l’iniziativa “Passaggio a Nord Ovest” ha fatto più che animazione culturale e politica, ha condiviso l’obiettivo di arrivare in un futuro molto prossimo, in concorso con altri, alla formazione di un Movimento organizzato e strutturato, federalista ed europeista, che comprenda le esperienze significative di questi anni, a partire ovviamente da quella delle stagioni arancione di Pisapia e ora di quella internazionalista di Sala, e che presenti alcune caratteristiche precise: competenza, radicamento nel territorio, estraneità alla logica dei partiti “morenti”.
La convinzione base resta quella che un federalismo con un’Europa più unita e più forte siano la condizione necessaria per contenere i danni della finanziarizzazione del capitalismo e dare risposte concrete sia alla povertà che al ripristino dell’ascensore sociale e del riconoscimento dei meriti.
Un “Documento politico” inizia a definire quelli che possono essere i principi ispiratori del gruppo, e quindi in prospettiva del movimento, mentre come prassi di lavoro si è adottato il metodo della “Agenda politica” che definisce progressivamente il programma attraverso le scelte di concrete iniziative (come il “SI TAV” preso a paradigma di tutte le grandi infrastrutture ridotte a cimelio propagandista dagli incompetenti insediatisi nei ministeri chiave, trasporti e sviluppo economico).
Con la manifestazione pubblica di Genova ci proponiamo di sviluppare come secondo punto dell’Agenda la proposta federalista articolata sulle macroregioni, una delle quali è il Nord Ovest (schema Miglio-fondazione Agnelli, per intendersi). “Passaggio a Nord Ovest” è una iniziativa che ambisce a restituire rappresentanza e luogo di confronto ad un territorio che ancora una volta rischia di trovarsi nella condizione di essere il fornitore del carburante della “locomotiva Italia” ma di non poter mettere le mani sul volante né di decidere la velocità e la rotta.
È avvenuto tante, troppe volte e non ne è mai derivato un miglioramento delle condizioni generali del paese, piuttosto un rallentamento e ancor più spesso un arretramento collettivo.
Franco D’Alfonso
Coord. “Passaggio a Nord Ovest”
Consigliere comunale lista “ Noi Milano”